LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca profitto del reato: nuove regole sul denaro

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17718/2025, ha annullato un’ordinanza di sequestro di oltre 135.000 euro su un conto di un’associazione professionale, contestato come profitto del reato di bancarotta fraudolenta commesso da un associato. La Corte ha stabilito che, alla luce di recenti pronunce delle Sezioni Unite, per la confisca del profitto del reato è necessario provare un nesso di derivazione diretta tra la somma sequestrata e l’illecito. Il caso è stato rinviato al Tribunale per una nuova valutazione basata su questo principio, altrimenti il sequestro sarebbe per equivalente, non ammesso per tale reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Profitto del Reato: la Cassazione Fissa Nuovi Paletti per il Sequestro di Denaro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 17718/2025) ha introdotto importanti chiarimenti in materia di confisca profitto del reato, specialmente quando le somme di denaro si trovano su conti correnti intestati a soggetti terzi, come un’associazione professionale. La decisione, annullando un provvedimento di sequestro, impone ai giudici di merito una valutazione più rigorosa, basata sulla prova di un legame diretto tra il denaro e l’attività illecita.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un procedimento per bancarotta fraudolenta a carico di un professionista. Nell’ambito delle indagini, veniva disposto il sequestro preventivo di circa 135.000 euro, considerati profitto del reato. La particolarità risiedeva nel fatto che tale somma non si trovava su un conto personale dell’indagato, bensì sul conto corrente di un’associazione professionale di cui egli faceva parte insieme a un altro collega, quest’ultimo estraneo ai fatti.

L’altro associato, in qualità di terzo interessato, presentava un’istanza per la restituzione delle somme, sostenendo l’autonomia patrimoniale dell’associazione e l’estraneità di quel fondo comune ai reati contestati al singolo. Sia il Giudice per le indagini preliminari che il Tribunale del riesame rigettavano la richiesta, confermando il sequestro. Contro questa decisione, il professionista estraneo ai fatti proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Confisca Profitto del Reato

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale per un nuovo esame. La decisione si fonda sui principi rivoluzionari stabiliti da una recente e autorevole sentenza delle Sezioni Unite (sentenza Massini), che ha ridefinito i contorni della nozione di “profitto del reato” e le condizioni per la sua ablazione.

La Distinzione Cruciale: Confisca Diretta vs. Confisca per Equivalente

Il cuore della pronuncia risiede nella netta distinzione tra confisca diretta e confisca per equivalente. La Cassazione, recependo l’insegnamento delle Sezioni Unite, ha chiarito che:

Si ha confisca diretta solo quando si può provare che la somma di denaro sequestrata è proprio quella* derivante dal reato o è il frutto del suo reimpiego immediato. È necessario un “nesso di pertinenzialità” o “di derivazione diretta”.
* Si ha confisca per equivalente quando, non potendo rintracciare il profitto originario, si aggrediscono altri beni o somme di denaro di pari valore nel patrimonio del reo.

Questa distinzione è fondamentale perché, per il reato di bancarotta fraudolenta, la legge non prevede la possibilità di una confisca per equivalente.

L’Impatto sul Caso Concreto e le Regole sulla Confisca Profitto del Reato

Applicando questi principi, la Corte ha stabilito che il Tribunale del riesame ha il dovere di accertare se esista una prova concreta del nesso di derivazione diretta tra il denaro presente sul conto dell’associazione e i reati fallimentari commessi dall’indagato. Non è più sufficiente affermare che il patrimonio dell’indagato si sia accresciuto in modo ingiusto.

Se tale nesso venisse provato, il sequestro sarebbe legittimo come confisca diretta. In questo scenario, l’intestazione del conto all’associazione professionale perderebbe di rilevanza, poiché si tratterebbe di vincolare “quel” denaro specifico, ovunque si trovi. Se, al contrario, tale prova mancasse, il sequestro sarebbe qualificabile solo come misura per equivalente e, di conseguenza, illegittimo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come l’approccio precedente, che valorizzava la natura fungibile del denaro per giustificare la confisca di qualsiasi somma presente nel patrimonio del reo, creava un’incertezza giuridica e un “tertium genus” di confisca non previsto dalla legge. La sentenza Massini, ora applicata dalla Quinta Sezione Penale, ha corretto questa stortura, riaffermando il principio di stretta legalità. L’ablazione di un bene, anche se fungibile come il denaro, richiede la prova della sua origine illecita per essere considerata diretta. In assenza di tale prova, si può procedere solo per equivalente, ma unicamente nei casi in cui la legge lo consenta espressamente. La Corte ha quindi ritenuto che il Tribunale non avesse fornito un’adeguata giustificazione su questo punto cruciale, limitandosi a un’analisi superata dai nuovi orientamenti giurisprudenziali.

Le Conclusioni

Questa sentenza segna un punto di svolta nella gestione dei sequestri penali di somme di denaro. Essa impone un onere probatorio più stringente per l’accusa, che deve tracciare e dimostrare il flusso di denaro dall’attività criminale fino al conto corrente oggetto di sequestro. Di conseguenza, viene rafforzata la tutela dei terzi estranei al reato, come nel caso dell’altro associato, i cui beni non possono essere aggrediti se non viene provato un legame diretto e concreto con l’illecito. Il Tribunale del rinvio dovrà ora riesaminare l’intero caso alla luce di questi rigorosi principi.

È possibile sequestrare denaro su un conto di un’associazione professionale per un reato commesso da un solo associato?
Sì, ma solo a condizione che l’accusa provi un nesso di derivazione diretta, ossia che le somme presenti su quel conto siano esattamente il profitto proveniente dal reato. Se tale prova manca, il sequestro non è legittimo.

Qual è la differenza fondamentale tra confisca diretta e confisca per equivalente del denaro secondo la Cassazione?
La confisca è ‘diretta’ quando colpisce la specifica somma di denaro che costituisce il profitto del reato. È ‘per equivalente’ quando, non potendo rintracciare il profitto originario, si sequestra una somma di pari valore dal patrimonio del reo. La prima richiede la prova del nesso di derivazione, la seconda no, ma è ammessa solo per specifici reati.

Cosa deve dimostrare l’accusa per poter procedere al sequestro di una somma di denaro come profitto del reato?
L’accusa deve dimostrare il nesso di pertinenzialità del profitto rispetto al reato, provando che la somma è derivata, anche indirettamente (ad esempio tramite reimpiego), dall’attività illecita. Non basta più dimostrare un generico arricchimento del patrimonio del reo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati