Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5975 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5975 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 12/10/2022 del GIP TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, decidendo in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato il ricorso con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto che fosse dichiarata la prevalenza del pignoramento, disposto sul quadro del pittore NOME COGNOME, denominato “Natura Morta Compotier et tasse”, sulla confisca dello stesso bene, disposta sia ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 (nel procedimento penale RG.NR . n. 61094/2010, che vedeva imputata COGNOME NOME, nella cui disponibilità l’opera era stata trovata) per il delitto di cui all’art. 314 cod. pen., si ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 (nel procedimento penale RG.NR . n. 13317/2017, che vedeva imputata COGNOME NOME, quale proprietaria del quadro, in concorso con COGNOME NOME, per il delitto di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000); ha, per l’effetto, dichiarato l’inefficacia del pignoramento e l’acquisizione allo Stato dell’opera.
E’ presentato ricorso per cassazione, affidato a tre mo:ivo, nell’interesse di COGNOME NOMENOME intervenuto nell’incidente di esecuzione promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di terzo interessato, ossia quale erede di COGNOME NOMENOME
2.1. Con il primo motivo è denunciato il vizio di motivazione, da omesso esame delle deduzioni difensive rassegnate con la memoria in data 22 settembre 2022.
E’ dedotto che il ricorrente, quale terzo interessato, poteva vantare un valido titolo di proprietà sul quadro, come riconosciuto dalla Corte di appello di Milano, Seconda Sezione Civile, n. 2184 del 23 febbraio 2022, discostatasi da quanto stabilito al riguardo nell’ambito del processo penale (n. 13317/2017), instaurato a carico del de cuius COGNOME NOME e di COGNOME NOME per il delitto di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, atteso che l’opera era legittimamente entrata nell’asse ereditario di COGNOME NOME perché la sua confisca, ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, era stata disposta solo dopo la morte di questi: il decesso era, infatti, intervenuto il 18 marzo 2018, mentre la sentenza di primo grado, che aveva disposto la confisca, era stata emessa il 21 luglio 2018.
2.2. Con il secondo motivo è denunciata la violazione degli artt. 125 e 666, commi 1 e 6, cod. proc. pen., perché, ancorché il ricorrente fosse legittimamente intervenuto, quale terzo interessato – in quanto titolare di un diritto di proprietà pro-quota (nella misura dell’80%) sul dipinto -, nell’incidente di esecuzione promosso dal ‘RAGIONE_SOCIALE contro la confisca disposta sullo stesso bene in altro procedimento penale (istaurato a carico di COGNOME NOME ed altri per i delitti di bancarotta fraudolenta e di peculato), le sue autonome domande non avevano
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ricevuto alcuna risposta dal giudice dell’esecuzione, che, infatti, non ne aveva fatto menzione in dispositivo.
2.3. Con il terzo motivo è denunciata la violazione dell’art 240-bis cod. pen. in relazione agli artt. 25 Cost. e 7 CEDU.
Il ricorrente, terzo interessato rispetto alla confisca disposta ex art. 240-bis cod. pen. nell’ambito del processo penale celebrato a carico di COGNOME NOME ed altri per i delitti di bancarotta fraudolenta e peculato, oggetto dell’incidente di esecuzione promosso da ‘RAGIONE_SOCIALE‘, e, comunque, terzo di buona fede anche rispetto alla confisca del quadro ‘Compotier et tasse’ d sposta in esito al processo celebrato a carico della stessa COGNOME e del padre deceduto, COGNOME NOME, per il delitto di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, avrebbe avuto il diritt di difendersi adeguatamente anche nell’incidente di esecuzione conclusosi con il provvedimento impugnato e di vedere esaminate le domande proposte.
E’ presentato ricorso per cassazione nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, a favore del quale, nel processo celebrato a carico COGNOME NOME ed altri per i delitti di bancarotta fraudolenta e peculato, era stato disposto il sequestro conservativo del quadro di COGNOME di cui si discute, convertito in pignoramento. L’impugnativa consta di sei motivi, enunciati nei limiti stabiliti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
3.1. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 665, comma 4-bis, cod. proc. pen., sul rilevo che, nel caso al vaglio, riguardando l’esecuzione più provvedimenti emessi, l’uno, da un giudice collegiale, l’altro, da un giudice monocratico, la competenza a decidere sull’incidente di esecuzione sarebbe spettata al Tribunale in composizione collegiale.
3.2. Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 104-bis, disp. att. cod. proc. pen., perché, nel caso di specie, non avrebbe dovuto trovare applicazione il principio della priorità della trascrizione, non essendo, tra l’altro, il quadro confiscato un bene mobile oggetto di iscrizione nei pubblici registri, ma piuttosto il criterio della prevalenza da assegnare agli interessi sottesi, r spettivamente, al pignoramento o alla confisca. E’ dedotto, ad ogni buon conto, che il pignoramento era stato disposto in data 13 giugno 2016, mentre la confisca ex art. 240-bis cod. pen. era stata disposta in data 12 luglio 2019.
3.3. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 240 cod. pen. e delle norme del d.lgs. n. 159 del 2011, anche con il pignoramento del quadro essendosi volute assicurare esigenze pubblicistiche, quali quelle sottese alla procedura concorsuale fallimentare. Nondimeno, la disposta confisca del quadro avrebbe alterato la par condicio creditorum, posto che, essendosi lo StatD, tramite l’Erario,
insinuato al fallimento, si sarebbe visto duplicare il soddisfacimento delle proprie ragioni.
3.4. Il quarto motivo denuncia vizio di motivazione, per non avere il giudice censurato esplicitato le ragioni per le quali era da assegnare rilevanza alle esigenze sottese alla confisca piuttosto che a quelle della massa dei creditori, non stimandosi sufficiente il mero richiamo alla normativa di cui al cd. ‘Codice Antimafia’.
3.5. Il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 24, comrna 2, d.lgs. n. 159 del 2011, perché, pur ritenuta corretta l’applicazione alla confisca in esame della disciplina in materia di confisca di prevenzione, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto dichiarare l’inefficacia della misura ablativa in quanto disposta oltre il termine di un anno e sei mesi dall’adozione del sequestro preventivo.
3.6. Il sesto motivo denuncia vizio di motivazione in relazione all’omessa pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione sul rilievo di sproporzione tra la confisca – disposta dalla Corte di appello di Milano con la sentenza n. 5636/2019 (nell’ambito del processo per bancarotta e peculato) – di un bene del valore di almeno 10.000.000,00 di Euro, e la condanna alla provvisionale disposta nei confronti dell’COGNOME per un valore di 5.000.000’00 di Euro, di modo che la confisca si sarebbe dovuta limitare quantomeno alla differenza rispetto a tale valore. Nondimeno, erano stati comunque violati i diritti dei terzi creditori, dal momento che delle loro ragioni si sarebbe dovuto tener conto ai sensi degli artt. 60 e seguenti del cd. ‘Codice Antimafia’.
Con requisitoria in data 25 maggio 2023, il Procuratore Generale di questa Corte, in persona del Sostituto, Dottoressa NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE e per l’annullamento dell’ordinanza impugnata in relazione alla posizione del terzo interessato COGNOME NOME.
Con memoria in data 29 maggio 2023 è stato articolato motivo nuovo nell’interesse di COGNOME NOME, con il quale è stato dedotto che il criterio di cui all’art. 665, comma 4, cod. proc. pen., secondo cui è competente a decidere l’incidente di esecuzione, in caso di esecuzione di provvedimenti emessi da giudici diversi, il giudice del provvedimento che è divenuto irrevocabile per ultimo, si applica solo nel caso di provvedimenti emessi da giudici appartenenti ad uffici giudiziari diversi, applicandosi nel caso di provvedimenti emessi da giudici appartenenti allo stesso Ufficio giudiziario, la disposizione di cui all’art. 665, comma 4 -bis, cod. proc. pen.. Donde, nel caso di specie, la competenza a decidere l’incidente di esecuzione promosso dal ‘RAGIONE_SOCIALE si sarebbe dovuta riconoscere in capo al Tribunale in composizione collegiale.
Tramite EMAIL in data 7 giugno 2023 il difensore del ‘RAGIONE_SOCIALE.’ RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria di replica.
Con provvedimento in data 2 agosto 2023, il magistrato addetto all’esame preliminare dei ricorsi ha respinto l’istanza di anticipazione della trattazione dei ricorsi avanzata dal Procuratore Generale di questa Corte e dal Procuratore della Repubblica di Milano.
In data 8 novembre 2023 è stata depositata memoria a firma del difensore della RAGIONE_SOCIALE che ha meglio lumeggiato le ragioni a sostegno dell’accoglimento dei motivi di ricorso.
In data 10 novembre 2023 è stata depositata memoria, corredata da conclusioni, a firma del difensore di fiducia del terzo interessato NOME COGNOME.
In data 17 novembre 2023 è stata depositata memoria di replica nell’interesse del terzo interessato ‘RAGIONE_SOCIALE..
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza impugnata è stata emessa all’esito dell’incidente di esecuzione promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, persona offesa del delitto di bancarotta fraudolenta del quale era stata riconosciuta responsabile COGNOME NOME, pure condannata per il delitto di peculato continuato in concorso in danno del Comune RAGIONE_SOCIALE e del Comune RAGIONE_SOCIALE,
1.1. Nell’ambito del processo celebrato per l’accertamento dei detti reati, la Corte di appello di Milano, con la sentenza in data 12 luglio 2019, irrevocabile 1’11 febbraio 2021 per effetto della sentenza di questa Corte, Sezione 5^ n. 19340/2021, aveva disposto, su appello del Pubblico Ministero, in relazione al delitto di peculato, la confisca c.d. ‘allargata’ (ai sensi dell’art. 12-sexies dl. n. 306 del 1992, ora confluito nell’art. 240-bis cod. pen.) del quadro del pittore NOME COGNOME denominato “Compotier et tasse” risalente al 1909, che era stato oggetto, nel corso delle indagini, di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, e, nel corso del giudizio di primo grado, di sequestro conservativo, in esito a quello, convertito in pignoramento, in funzione della garanzia delle obbligazioni civilistiche nascenti dall’accertamento del delitto di bancarotta fraudolenta.
Questa Corte, con la sentenza Sezione 5^ n. 19340/2021, aveva rigettato i motivi con i quali era stata dedotta l’impossibilità della concor -enza sullo stesso bene, ossia sul quadro di COGNOME, del sequestro conservativo, convertito in pignoramento, disposto nell’interesse del fallimento, e del sequestro preventivo funzionale alla tutela dell’interesse pubblico, convertito in confisca “allargata” –
trattandosi di bene, nella disponibilità di COGNOME NOME, di valore sproporzionato rispetto al reddito da costei esibito e del quale la detentrice non era riuscita a giustificare la provenienza -, argomentando nel senso che la questione del rapporto tra le due misure si sarebbe dovuta necessariamente esaminare in sede esecutiva.
1.2. Nell’ambito di distinto processo celebrato a carico di COGNOME NOME per il delitto ex art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 (per avere, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto di ammontare superiore ad Euro 200.000,00: I. alienato simulatamente a NOME COGNOME il 24 febbraio 2012 il quadro di NOME COGNOME “Coffret, compotier et tasse”; II. omesso di dichiarare tale bene nell’inventario dell’eredità del marito; II:[. trasferito l’opera negli Stati Uni d’America, sottraendola alla richiesta di sequestro del pubblico ministero della Confederazione Elvetica, così compiendo atti fraudolenti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva sul detto bene o sul suo corrispettivo; in Milano e altrove dal febbraio 2012) era stata disposta la confisca obbligatoria dello stesso quadro ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000; statuizione divenuta irrevocabile per effetto della sentenza di questa Corte Sez. 3^ n. 30686 del 30 giugno 2021.
1.3. Di tutto quanto sopra dato atto, emerge nitidamente come oggetto dell’incidente di esecuzione fosse unicamente la questione della concorrenza sullo stesso bene mobile del sequestro conservativo, convertito in pignoramento con sentenza del Tribunale di Milano in data in data 16 ottobre 2016, e del sequestro preventivo, convertito in confisca ex art. 240-bis cod. pen., con sentenza della Corte di appello di Milano in data 12 luglio 2019: tanto è comprovato dal dispositivo dell’ordinanza impugnata, che, infatti, ha respinto il ricorso presentato nell’interesse del ‘RAGIONE_SOCIALE e ha dichiarato la prevalenza della confisca sul pignoramento, senza nulla statuire sulle questioni poste dall’interveniente terzo interessato, NOME COGNOME.
Ciò posto, va preliminarmente dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione presentato per conto del terzo interessato NOME COGNOME, per essere stato sottoscritto dal difensore non munito di procura speciale, così come previsto dall’art. 100 cod. proc. pen..
Deve rilevarsi, al riguardo: I.) che il ricorso per cassazione nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto dall’AVV_NOTAIO, dichiaratosi «difensore di fiducia, giusta nomina in atti, del Sig. NOME COGNOME», intervenuto nel giudizio di esecuzione di cui si discute in qualità di erede di NOME COGNOME, concorrente di COGNOME NOME nel delitto di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, nei confronti del quale era stata emessa sentenza di non doversi procedere per morte del reo; II.) che al ricorso in originale non risulta allegata la procura
speciale ex art. 100 cod. proc. pen.; III.) che la stessa non è stata altrimenti rinvenuta agli atti del giudizio di legittimità.
Va, quindi, ricordato che la giurisprudenza di questa Corte è unanime nell’affermare che, in tema di procedimento di esecuzione, il difensore del terzo interessato, in quanto portatore di interessi meramente civilistici, è legittimato a proporre la richiesta di restituzione dei beni sequestrati o confiscati solo se munito di procura speciale, ai sensi dell’art. 100 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 34684 del 14/09/2021, Rv. 282086; nello stesso senso, in motivazione, Sez. 6, n. 3727 del 30/09/2015, dep. 2016), di modo che lo stesso principio non può non valere, a fortiori, per il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento conclusivo del procedimento medesimo.
In proposito, è stato spiegato che per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, come è il terzo interessato, vale la regola prevista dall’art. 100 cod. proc. pen. secondo cui costoro «stanno in giudizio cori il ministero di un difensore munito di procura speciale», analogamente a quanto previsto per il processo civile dall’art. 83 cod. proc. civ. (Sez. U, n. 47239 del 30/10/2014, in motivazione; Sez. 6, n. 22109 del 07/02/2013, Rv. 256124). Difatti, solo all’indagato o all’imputato è consentito di stare in giudizio personalmente, avendo solo l’obbligo di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterlo, lo rappresenta ex lege ed in forza di tale rappresentanza è titolare di un diritto d’impugnazione in favore dell’assistito senza alcuna necessità di un’apposita procura speciale, prevista soltanto per quei singoli atti riservati espressamente dalla legge all’iniziativa personale dell’imputato (Sez. 6, n. 13154 del 19/03/2010, Rv. 246692; Sez. 6, n. 11796 del 04/03/2010, Rv. 246485).
In ogni caso, per mero scrupolo, va ribadito che la procura speciale, quand’anche fosse stata conferita da COGNOME al suo difensore per l’incidente di esecuzione, non varrebbe per il presente giudizio: infatti, ai sensi dell’art. 100, comma 3, cod. proc. pen., la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, salvo che nell’atto non sia espressa volontà diversa.
Il ricorso nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE è infondato.
3.1. Non coglie nel segno il primo motivo.
La competenza a decidere sull’incidente di esecuzione, in esito al quale è stato adottato il provvedimento impugnato, correttamente si è radicata in capo al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, quale giudice che aveva emesso la sentenza a carico di COGNOME NOME (nel procedimento penale n. n. 13317/2017) nel quale era stata disposta la confisca del quadro di COGNOME, ai
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sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, passata in giudicato per ultima, come previsto dall’art. 665, comma 4, cod. proc. pen.. Questa Corte, irfatti, si è espressa nel senso che la competenza in fase esecutiva a decidere sulla richiesta di restituzione di beni oggetto di confisca, avanzata dal terzo estraneo, spetta al giudice che ha pronunciato il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo nei confronti dell’imputato, anche se la questione proposta non riguarda la decisione da lui emessa (Sez. 1, n. 17545 del 20/04/2012, Rv, 252887; Sez. 1, n. 23208 del 12/05/2004, Rv. 228253).
L’eccezione per la quale, nel caso cii specie, si sarebbe dovuto fare applicazione della regola dettata dall’art. 665, comma 4-bis, cod. proc. pen., a tenore della quale «se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, l’esecuzione é attribuita in ogni caso al collegio» è infondata, dal momento che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la regola di cui all’art. 665, comma 4-bis, cod. proc. pen. è riferita alla sola ipotesi di pluralità di provvedimenti pronunciati dallo stesso tribunale, ma non si estende a quelli adottabili dal giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare né a quelli assunti dalla Corte d’Assise (Sez. 1, n. 2290 del 03/12/2013, del). 2014, Rv. 258004; Sez. 1, n. 22868 del 10/05/2011, Rv. 250447); tanto perché – si è spiegato – il comma 4-bis dell’art. 665 cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 206 del d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51, nel prevedere che “se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, l’esecuzione è attribuita in ogni caso al collegio”, mi -a a regolare una sorta di competenza interna nell’ambito di un organo unico, quale è diventato il tribunale dopo l’istituzione del giudice unico (Sez. 1, n. 3426 del 08/05/2000, Rv. 216251), ma non ad incidere direttamente in alcun modo sulla ripartizione di competenze tra giudice per le indagini preliminari e tribunale, sia quest’ultimo in composizione monocratica o collegiale (Sez. 1, n. 2828 del 13/04/2000, Rv. 216754). 2. Infondati sono il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il giudice dell’esecuzione, nel dichiarare la prevalenza della confisca dell’opera di NOME, denominata “Natura Morta Compotier et tasse”, disposta ai sensi dell’art. 12-sexies dl. n. 306 del 1992, nel procedimento penale RG.NR . n. 61094/2010, che vedeva imputata COGNOME NOME (nella cui disponibilità l’opera era stata trovata) per il delitto di cui all’art. 314 cod. pen., sul pignoramento dell’opera medesima, disposto nell’ambito dello stesso procedimento per assicurare il soddisfacimento delle obbligazioni civilistiche, nascenti dal reato di bancarotta fraudolenta per il quale la stessa COGNOME era stata condannata, in favore del
RAGIONE_SOCIALE, costituitosi parte civile, si è attenuto alla norma di cui all’art 104-bis disp. att. cod. proc. pen., certamente applicabile al caso di specie.
2.1. Questa Corte, infatti, ha affermato che l’art. 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen. (Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro e confisca. Tutela dei terzi nel giudizio) estende le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, nonché quelle in materia di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro previste dal d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (‘Codice Antimafia’), segnatamente, quelle di cui «al titolo IV del Libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159», proprio ai casi di sequestro e confisca previsti dall’art. 240-bis cod. pen. (Sez. 3, n. 14738 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 279462; Sez. 3, n. 30422 del 30/05/2019, Rv. 276789); norma, questa, che, nel recepire il testo dell’art. 12-sexies dl. 8 giugno 1992 n. 306, conv. in I. 7.8.1992, n. 356, prevede la c.d. confisca ‘allargata’ quale misura ablatoria obbligatoria in caso di condanna o patteggiamento per uno dei gravi delitti enumerati in essa, tra i quali rientra anche il reato ex art. 314 cod. pen. -, quando l’imputato abbia disponibilità, anche per interposta persona, «di denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al proprio reddito e di cui non possa giustificare la provenienza».
Dunque, correttamente, in applicazione della norma di cui all’art. 55 d.lgs. n. 159 del 2011, che stabilisce che:« A seguito del sequestro non possono essere iniziate o proseguite azioni esecutive. I beni già oggetto di esecuzione sono presi in consegna dall’amministratore giudiziario» e che «Le procedure esecutive si estinguono in relazione ai beni per i quali interviene un provvedimento definitivo di confisca> >, con l’ordinanza impugnata si è dichiarata la prevalenza della confisca sul pignoramento e l’inefficacia di questo, disponendosi l’acquisizione dell’opera di COGNOME allo Stato libera da oneri e pesi, come stabilito dall’art. 45, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011.
2.2. Va, comunque, ricordato come la ratio ispiratrice della disposizione di cui all’art. 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen., ossia il riconoscimento del primato assoluto della misura reale penale rispetto a vincoli di altra natura, in ipotesi di confisca allargata, quale strumento ablatorio obbligatorio, sia quella di assicurare lo scopo di sottrarre al commercio giuridico beni collegati alla commissione di reati di particolare gravità: ratio, questa, che appartiene, certamente, al patrimonio di principi sanciti dal diritto vivente.
Infatti, le Sezioni Unite Focarelli (sentenza n. 29951 del 24/05/2004, Rv. 228165) avevano affermato che il sequestro preventivo avente ad oggetto un bene confiscabile in via obbligatoria deve ritenersi assolutamente insensibile sia alle procedure esecutive individuali che a quelle collettive (ad esempio, alle procedure
liquidatorie), GLYPH prevalendo l’esigenza di GLYPH inibire l’utilizzazione di GLYPH un GLYPH bene intrinsecamente e oggettivamente “pericoloso” in vista dela sua definitiva acquisizione da parte dello Stato, e, più recentemente, le Sezioni Unite ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ (sentenza n. 40797 del 22/06/2023, Rv. 285144) hanno ribadito – sia pure con specifico riferimento alla misura ablatoria obbligatoria di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 – che, in ipotesi di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria di beni, collegati alla commissione di un reato, non ne è consentita l’apprensione neppure al fallimento – quale procedura esecutiva collettiva che persegue anche interessi pubblicisti – onde evitare la paradossale conseguenza di renderli disponibili e commerciabili mediante la vendita fallimentare, sottraendoli alla conseguenza obbligatoriamente prevista dalla legge, ossia la definitiva confisca, sempre, ovviamente, che ne sussistano ab origine le condizioni legittimanti.
Inammissibili, sono, invece, il quarto e il quinto motivo.
3.1. Privo di pertinenza è il richiamo all’art. 24, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, posto che l’art. 104-bis, comma 1-quater, disp. att. cod. proc. pen., nell’estendere alla confisca ex art. 240-bis cod. pen. le disposizioni del ‘Codice Antimafia’, si è riferito espressamente a quelle dettate nel «titolo IV del Libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159», quindi a quelle dettate dall’art. 52 e seguenti.
3.2. Prive di rilevanza sono le deduzioni in punto di sproporzione «tra la confisca disposta dalla Corte di appello di Milano con la sentenza n. 5636/2019 (nell’ambito del processo per bancarotta e peculato), su un bene del valore di almeno 10.000.000,00 di Euro, e la condanna alla provvisionale disposta nei confronti dell’COGNOME per un valore di 5.000.000 /00 di Euro, di modo che la confisca si sarebbe dovuta limitare quantomeno a tale valore», le stesse dovendosi ritenere superate al lume della corretta applicazione del principio di assoluta prevalenza della confisca allargata sul pignoramento, con conseguente estinzione della detta procedura esecutiva.
3.3. Priva di pregio è la censura che denuncia la violazione dei diritti dei terzi creditori del fallimento, in ragione della mancata applicazione della disciplina di cui agli artt. 60 e seguenti del cd. ‘Codice Antimafia’.
Invero, nella fattispecie al vaglio non vengono in rilievo i rapporti tra la confisca e il fallimento, la cui disciplina è dettata dagli artt. 63 e seguenti del Codice Antimafia’, ma piuttosto i rapporti tra la confisca e il pignorarnento, quale atto iniziale di una procedura esecutiva funzionale ad assicurare il soddisfacimento delle obbligazioni civilistiche della condannata COGNOME NOME in favore del ‘RAGIONE_SOCIALE costituitosi parte civile nel processo per bancarotta celebrato a carico di
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quest’ultima: rapporti, come sopra chiarito, la cui disciplina è dettata dall’art. 55 d.lgs. n. 159 del 2011. Ciò sta a significare che, dichiarato inefficace il pignoramento del quadro attinto dalla confisca, il terzo ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE‘ potrebbe far valere i propri diritti risarcitori nei confronti della condannata COGNOME NOME su altri beni di proprietà di quest’ultima.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso nell’interesse del ‘RAGIONE_SOCIALE deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali; il ricorso di COGNOME NOME deve, invece, essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del RAGIONE_SOCIALE e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28 novembre 2023
Il Presidente