Confisca per sproporzione: quando la prova della donazione non basta
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di confisca per sproporzione, sottolineando i limiti del ricorso per cassazione e l’onere probatorio a carico di chi afferma la legittima provenienza dei beni. Il caso riguarda un sequestro preventivo di immobili formalmente intestati a una donna, ma ritenuti nella disponibilità del marito, indagato come figura di spicco in un’associazione criminale. La ricorrente sosteneva di aver acquistato gli immobili con denaro ricevuto in donazione, ma la sua tesi non ha convinto i giudici.
I Fatti del Caso
Il Tribunale di Napoli aveva confermato un decreto di sequestro preventivo su alcuni immobili intestati a una donna. La misura era funzionale alla confisca per sproporzione, poiché i beni erano ritenuti riconducibili al marito, un soggetto indagato per reati associativi gravi, latitante e destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
La difesa della ricorrente si basava su una specifica linea argomentativa: i fondi per l’acquisto degli immobili, pari a 260.000 euro, provenivano da una donazione. Tale somma derivava da un risarcimento danni di oltre 251.000 euro incassato dal suocero, il quale, tramite una procura speciale, aveva autorizzato la ricorrente a riscuotere l’importo. Successivamente, la somma sarebbe stata donata alla ricorrente e depositata sui suoi conti correnti, dai quali erano partiti i pagamenti per l’acquisto.
Nonostante la documentazione prodotta (procura, movimenti bancari), il Tribunale aveva ritenuto la prova della donazione e della legittima provenienza dei fondi insufficiente, confermando il sequestro.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Confisca per Sproporzione
La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno chiarito che, sebbene il ricorso fosse formalmente presentato come una violazione di legge (artt. 321 c.p.p. e 240-bis c.p.), in realtà mirava a ottenere un riesame del merito della vicenda. La ricorrente, infatti, non contestava un errore giuridico nell’applicazione delle norme, ma la valutazione che il Tribunale aveva fatto della documentazione prodotta.
La Corte ha specificato che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare le prove. L’appello si limitava a contrapporre una diversa interpretazione dei fatti, insistendo genericamente sulla validità probatoria della procura e dei bonifici, senza però individuare una specifica violazione di legge che avrebbe viziato la decisione impugnata.
Le Motivazioni della Sentenza
Il nucleo centrale della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra vizio di legge e vizio di motivazione. Il ricorso è ammissibile solo se denuncia un errore nell’interpretazione o nell’applicazione di una norma giuridica. Nel caso di specie, invece, la ricorrente cercava di confutare le conclusioni del Tribunale sul piano fattuale, sostenendo che le prove fornite fossero idonee a dimostrare la legittimità dell’acquisto.
Il Tribunale aveva motivato la sua decisione evidenziando la mancanza di una prova certa e convincente della donazione. La Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità, afferma che non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla sufficienza e l’idoneità delle prove. La ricorrente non ha dimostrato che il ragionamento del Tribunale fosse manifestamente illogico o contraddittorio, né che avesse violato una norma di diritto. Pertanto, il suo ricorso si è risolto in una censura non consentita in sede di legittimità. A seguito dell’inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce che nei procedimenti di confisca per sproporzione, l’onere di dimostrare la legittima provenienza dei beni è rigoroso. La semplice allegazione di una tracciabilità finanziaria, come una donazione o un risarcimento, può non essere sufficiente se il contesto generale e altri elementi indiziari suggeriscono una diversa realtà. Inoltre, la pronuncia conferma che il ricorso per cassazione deve concentrarsi esclusivamente su questioni di diritto. Un tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti e delle prove, come avvenuto in questo caso, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione economica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di denunciare una specifica violazione di legge, si limitava a contestare la valutazione delle prove e dei fatti compiuta dal Tribunale, cercando di ottenere un riesame del merito non consentito in sede di Cassazione.
Quale era la tesi difensiva della ricorrente e perché non è stata accolta?
La ricorrente sosteneva che i fondi per l’acquisto degli immobili provenissero da una donazione ricevuta dal suocero, a sua volta derivante da un risarcimento danni. Questa tesi non è stata accolta perché il Tribunale ha ritenuto la documentazione prodotta (procura all’incasso, movimenti bancari) insufficiente a dimostrare in modo certo e convincente la reale provenienza lecita del denaro.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, poiché si è ritenuto che il ricorso fosse stato proposto senza una colpa scusabile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36033 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36033 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Villaricca il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 28 aprile 2025 dal Tribunale di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Napoli che ha confermato il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca per sproporzione avente ad oggetto immobili formalmente intestati alla ricorrente, ma ritenuti nella disponibilità di NOME COGNOME, marito della ricorrente, indagato per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto ritenuto esponente di vertice del contestato sodalizio, raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere e latitante.
Con un unico motivo di ricorso, deduce la violazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 240bis cod. pen., nonché la illogicità della motivazione nella parte in cui ha ritenuto che gli immobili di proprietà della ricorrente siano riconducibili al
marito NOME COGNOME. In particolare, la ricorrente ha insistito sulla rilevanza dei seguenti elementi: a) la procura speciale ricevuta dal suocero ad incassare la somma erogatagli a titolo di risarcimento danni dell’importo di euro 251.394,29; b) la donazione di detta somma alla ricorrente e il suo deposito nei due conti correnti da cui sono partiti i bonifici a COGNOME NOME e gli assegni corrisposti agli altri danti causa; c) l’impiego della somma ricevuta in donazione per l’acquisto degli immobili oggetto di sequestro, al prezzo di euro 260.000, immobili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto, nonostante l’enunciazione di un vizio di violazione di legge, di fatto, si risolve in non consentite censure della motivazione con la quale il Tribunale, nel valutare la documentazione prodotta dalla ricorrente, l’ha reputata inidonea a dimostrare la donazione del denaro e la legittima provenienza della provvista utilizzata per l’acquisto degli immobili.
A fronte del complessivo percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata, il cui nucleo centrale va individuato nella mancanza di prova dell’asserita donazione del denaro, la ricorrente si limita a confutare le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale, insistendo, genericamente, sulla valenza probatoria della procura all’incasso e sui movimenti avvenuti sui conti correnti, evidenziando esclusivamente una situazione complessa che potrà essere chiarita nel corso del processo, ma non una effettiva violazione di legge da cui sarebbe affetta la decisione impugnata.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non potendosi ritenere che la stessa abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Così deciso il 7 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME