Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34832 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34832 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato ad Aprilia il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del Tribunale della Libertà di Roma, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, che ha invocato il rigetto del ricorso;
dato atto che nessun difensore si è presentato in difesa di COGNOME NOME;
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16 ottobre 2024 il Tribunale della Libertà di Roma ha rigettato l’istanza di riesame proposta ex art. 324 cpd.proc.pen. nell’interesse di NOME avverso il decreto con cui il Giudice per le indagini preliminari di Roma aveva disposto il sequestro preventivo dei beni (euro 3.955,00 in contanti e 4 orologi Rolex) dell’istante, già oggetto di sequestro probatorio in quanto rinvenuti nella disponibilità dello stesso in sede di esecuzione della misura della custodia cautelare in carcere disposta a carico di NOME in relazione ai reati di cui agli artt 74 e 73 dPR 309/90.
2. COGNOME ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso, per l’annullamento dell’ordinanza, affidata ad un unico motivo con cui denuncia, ex art. 606, comma 1, lett lett b) ed e) cod.proc.pen., inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione all’art. 240-bis cod.pen., e correlato vizio di motivazione, in ordine ai ritenuti fumus commissi delicti, periculum in mora e sproporzione tra i beni oggetto di confisca e i redditi del ricorrente.
Premesso che con l’atto di riesame la difesa aveva svolto le proprie censure unicamente sul tema della sproporzione tra beni e redditi, osserva la difesa che il procedimento pende per l’applicazione di un sequestro, ex art. 321, comma 2, cod.proc.pen., finalizzato alla confisca per sproporzione, il cui unico presupposto è la sperequazione esistente tra beni oggetto di confisca e redditi posseduti. Censura, poi, l’ordinanza impugnata a)in quanto l’esistenza del fumus sarebbe stata ritenuta con semplice formula di stile: “quanto invece al fumus premesso che le censure difensive sono del tutto generiche, è sufficiente evidenziare che per il medesimo delitto l’indagata è stata attinta anche da misura cautelare personale …; non è quindi revocabile in dubbio la sussistenza del fumus del reato”, laddove presupposto di applicazione della misura è la sola sproporzione tra i beni oggetto di confisca ed i redditi dichiarati; b)l’esistenza del periculum sarebbe stata affermata sulla scorta di un mero assunto giurisprudenziale, svincolato da un accertamento concreto; c)assente sarebbe stato l’accertamento sulla SP roporzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il motivo svolto è innanzi tutto inammissibile per genericità intrinseca ed estri nseca .
1.1.Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, COGNOME, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, COGNOME), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, Raiani, Rv. 261094).
1.2.Le censure svolte sono, infatti, rese con argomentazioni che, dedotti i consolidati orientamenti giurisprudenziali nella materia de qua, peccano per indeterminatezza rispetto alla vicenda sub iudice.
Non si confrontano poi con il provvedimento impugnato, rispetto al quale risultano meramente contestative.
Il motivo è, comunque, inammissibile in quanto manifestamente infondato.
2.1. Occorre premettere che, in base all’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’art. 324, cod. proc. pen., è consentito soltanto per violazione di legge, mentre non è consentito dedurre vizi della motivazione. Per giurisprudenza unanime, le lacune motivazionali possono rientrare nella violazione di legge, ma solo nei casi in cui la motivazione manchi del tutto, ovvero sia meramente apparente e non anche allorquando essa sia affetta da illogicità, quand’anche manifesta (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710; Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611).
Al contempo, si afferma che la motivazione “assente” è quella che manca fisicamente o che è graficamente indecifrabile, s’intende, invece, per “motivazione apparente” quella affetta da vizi così radicali, da rendere l’apparato argomentativo,
anche quando non del tutto mancante, comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; più recentemente Sez.2, n.18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez.6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893).
2.2. Nel caso di specie la motivazione resa non può certamente dirsi inesistente. Il Tribunale, dato atto della consistenza dei motivi di riesame, come prospettati con l’istanza primigenia e poi coi motivi spiegati con memoria depositata in udienza -questi ultimi relativi al requisito della sproporzione tra redditi dichiarati e valor dei beni sequestrati- ha, preliminarmente, verificato ed attestato che i reati contestati, di cui agli artt. 74 e 73 dPR 309/90, fossero tra quelli per cui è consentita la confisca per sproporzione, ex art. 240-bis cod.pen. e 85-bis dPR 309/90; ha, quindi, quanto al fumus dei contestati reati, anche per relationem al provvedimento genetico della misura, richiamato la consistenza indiziaria (non contestata dalla difesa) già affermata al fine della applicazione della misura custodiale in relazione ai medesimi reati con ordinanza del 27 giugno 2024, e, quanto al requisito della sproporzione, richiamato i contenuti della informativa di polizia giudiziaria (anch’essa non contestata) agli atti del procedimento, da cui risultano i redditi percepiti dal ricorrente nei periodi di interesse: pari a zero nel 2018, poco più di tremila euro nel 2019, seimila nel 2020, quattromila nel 2021, trecentosettantasette nel 2023, per importi che ne attestano indiscussa indigenza, e, quindi, l’indisponibilità di redditi netti tali da poter giustificare accantonamento di risorse economiche o acquisto di ben quattro orologi di lusso.
Risultanze a fronte delle quali ha argomentato che le allegazioni difensive innanzi a quel Tribunale, relative a produzioni attestanti una capacità reddituale, per il solo periodo giugno 2019-dicembre 2020, confermativa delle risultanze sopra esplicate frutto degli accertamenti degli inquirenti, sono state ritenute inadeguate a inficiare le acquisizioni investigative, in difetto, ancora, di prova di alternativa lecita provenienza dei beni di che trattasi.
Non è predicabile, dunque, vizio di motivazione alcuno.
Si è al cospetto di una motivazione congrua, aderente al dato normativo e alle risultanze ‘probatorie’ disponibili, tutt’altro che apparente, peraltro a fronte di censure già in quel contesto procedimentale generiche.
2.3. L’ordinanza è, comunque, immune da censure anche sotto il profilo della contestata errata applicazione di legge.
E’ la medesima difesa a rammentare i presupposti per l’applicazione del sequestro cd. ‘per sproporzione’.
La valutazione della sproporzione reddituale tra i redditi del destinatario della confisca e il valore del bene acquistato ai fini della applicabilità della confisca allargata ex art. 240-bis cod. pen. , non presuppone l’individuazione di un nesso di pertinenzialità diretta tra beni oggetto di ablazione e condotte illecite produttive di reddito (si tratta di principio, applicabile alla confisca di specie, già affermato con riguardo alla confisca di prevenzione secondo l’insegnamento di quésta Corte che, in tema, ha affermato che l’ablazione disposta ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per la ritenuta pericolosità generica del proposto, si giustifica, alla luce dei parametri definiti dalla Corte costituzionale con sent. n. 24 del 2019, se, e nei soli limiti in cui, le condotte criminose compiute dal soggetto risultino essere state effettivamente fonte di profitti illeciti, in quantit ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare, la cui origine lecita il proposto non sia in grado di giustificare (Sez.6, n. 29157 del 12/4/2023, Valenti, Rv.28503902) ).
2.3.1. Le censure svolte col ricorso, del tutto generiche e aspecifiche, che peraltro, quanto al periculum almeno, non risultano neppure dedotte innanzi al giudice di merito, meramente contestative, sono del tutto infondate.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 26 marzo 2025
La Cowsigjera est.
Il Presidente