Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8859 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8859 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 23/01/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 132/2025
NOME
Relatore –
UP – 23/01/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 33335/2024
NOME COGNOME
Motivazione Semplificata
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a in SENEGAL il 10/01/1990 cui 05dy4gw
avverso la sentenza del 15/07/2024 del TRIBUNALE di Torino Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ del ricorso.
Il Tribunale di Torino, giudicando in sede di rinvio, a seguito di sentenza di annullamento di Questa Corte n. 19378 del 2024 della statuizione della confisca del denaro contenuta nella sentenza di patteggiamento emessa nei confronti di COGNOME, in relazione allÕart. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha disposto la confisca del denaro in sequestro, ai sensi dellÕart. 240 cod.pen.
La sentenza rescindente aveva annullato la statuizione della confisca del denaro in quanto priva di una qualsiasi argomentazione a supporto, non essendo state esplicate le specifiche ragioni di assunzione di tale decisione. Non erano stati rappresentati, i motivi di applicazione della c.d. confisca “allargata” di cui all’art. 240-bis cod. pen. richiamato, in relazione al delitto di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990, dall’art. 85-bis dello stesso D.P.R., in violazione del principio affermato da questa Corte di legittimitˆ per cui, in tema
di patteggiamento, la sinteticitˆ della motivazione tipica del rito non pu˜ estendersi all’applicazione della misura di sicurezza della confisca, sicchŽ il giudice che dispone l’ablazione obbligatoria di denaro o di beni ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (oggi art. 240-bis cod. pen.), ha l’obbligo di motivare sia sulle ragioni per cui non ritiene attendibili giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati, sia sull’esistenza di una sproporzione tra i valori patrimoniali accertati ed il reddito dell’imputato o la sua effettiva attivitˆ economica (Sez. 1, n. 17092 del 02/03/2021, Syziu, Rv. 281358-01).
Il Tribunale di Torino, giudicando in sede di rinvio, ha disposto la confisca della somma di denaro in sequestro, pari a € 2.600,00, suddivisa in 46 banconote da euro 50 e tre banconote da euro 100, rinvenuta in un armadio fra diversi indumenti dellÕimputato, ai sensi dellÕart. 240 cod.pen., ritenendo dimostrata la sproporzione, non avendo l’imputato allegato un tenore di vita tale da giustificare la disponibilitˆ di quella provvista, provvista sproporzionata rispetto ai presumibili redditi leciti, non essendo a tale riguardo, indicativa di tale circostanza, la produzione della visura camerale della ditta individuale, che non dimostrava che lÕimputato fosse percettore di redditi, nŽ a tal fine rilevava la documentazione fiscale, relativa alla moglie e al suocero conviventi, tenuto conto che l’imputato non aveva allegato a sua difesa che il denaro rinvenuto fosse di proprietˆ della moglie e del suocero, unici soggetti legittimati a far valere la richiesta di restituzione, sicchŽ la produzione delle dichiarazioni fiscali relative alla moglie e al suocero erano un dato probatorio del tutto neutro, confliggente con l’iniziale assunto difensivo secondo cui il denaro sequestrato sarebbe provento di illecita attivitˆ lavorativa connessa all’attivitˆ di impresa dell’imputato.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dellÕimputato e ne ha chiesto lÕannullamento deducendo la violazione di legge in relazione allÕart. 85 d.P.R. n. 309/90, 240 cod.pen. e mancanza di motivazione.
Il Tribunale avrebbe erroneamente applicato la legge ritenendo i presupposti per disporre la confisca per sproporzione a fronte di allegazioni difensive dimostrative della capacitˆ reddituale del nucleo famigliare convivente (convivenza anagrafica con la moglie e il suocero e capacitˆ reddituale di costoro nei periodi di imposta 2020-2023) e dunque dellÕassenza del requisito di sproporzione.
Il Procuratore generale ha chiesto lÕinammissibilitˆ del ricorso.
1. Il ricorso è inammissibile.
Va ricordato che la condanna o l’applicazione pena per uno dei reati indicati nel catalogo elencato nell’art. 240-bis cod. pen. comporta la confisca dei beni nella disponibilitˆ del condannato, allorchŽ, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attivitˆ economica ed il
valore economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi.
Per effetto della modifica apportata all’art. 85-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 dall’art. 4, comma 3-bis del d.l. 15 settembre 2023, n. 123 (introdotto dalla legge di conversione 13 novembre 2023, n. 159), la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 risulta oggi inclusa fra i delitti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis. cod. pen.
Va ancora rilevato che lÕimputato ha patteggiato la pena, nel processo in questione, in relazione al reato di cui allÕart. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per la detenzione di gr.11 di crack, commesso il 23/01/2024, dunque nellÕoperativitˆ della modifica introdotta nel 2023.
Ci˜ premesso, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dell’art. 240-bis cod. pen., disponendo la confisca delle somme in sequestro nella ricorrenza dei presupposti ivi indicati.
Come chiarito sin dalla pronuncia Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, Montella, Rv. 226491 Ð 01, al fine di disporre la confisca conseguente a condanna per uno dei reati indicati nell’art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 n. 356 (ora art. 240 cod.pen.) deve, da un lato, essere dimostrata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato o i proventi della attivitˆ economica del condannato e il valore economico di detti beni e, dall’altro, non deve risultare una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. LÕesistenza della sproporzione, che in assenza di diversa giustificazione fa scattare la presunzione di illecita accumulazione e la obbligatorietˆ della confisca, deve essere dimostrata comparando il bene da sottoporre a confisca, nel nostro caso la somma di denaro sequestrata e rinvenuta occultata tra gli indumenti, e il reddito dichiarato o i proventi della attivitˆ economica svolta dal condannato.
Quanto al caso in esame, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i presupposti per disporre la confisca allargata in un contesto nel quale sussisteva la sproporzione non avendo il condannato dimostrato la produzione di redditi e/o proventi dellÕattivitˆ economica svolta dallo stesso, in un contesto nel quale ha ritenuto non rilevante la produzione di reddito da parte dei famigliari, tento conto che la somma di denaro, non modica, era suddivisa in banconote ed era occultata negli indumenti del condannato, elementi che il Giudice, con motivazione non manifestamente illogica, ha ritenuto significativi per escludere una giustificazione di lecita provenienza.
In altri termini, non ha ritenuto dimostrato, per superare la presunzione pur relativa della previsione normativa, in assenza di produzione di reddito o percezione di proventi leciti da parte del condannato, la giustificazione di lecita provenienza in quanto ÒgiustificataÓ dal reddito dei famigliari, che neppure avevano rivendicato la proprietˆ, in
un contesto fattuale (luogo di rinvenimento e suddivisione della somma di denaro) che non si conciliava con la prospettazione difensiva.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dellÕart. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Cos’ deciso il 23/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME