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Confisca per sproporzione: quando si applica?

Un soggetto, indagato per autoriciclaggio, impugnava un decreto di sequestro preventivo per un valore di circa 156.000 euro, sostenendo che l’importo fosse sproporzionato rispetto al profitto del reato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la confisca per sproporzione è legittima quando vi è una palese disparità tra il patrimonio dell’indagato e i suoi redditi leciti, senza che sia necessario un nesso di pertinenza diretta tra i beni sequestrati e il reato contestato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: la Cassazione fa chiarezza sull’autoriciclaggio

La confisca per sproporzione rappresenta uno degli strumenti più efficaci nel contrasto alla criminalità economica. Con la sentenza n. 15153 del 2024, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini applicativi di questa misura, specialmente in relazione al reato di autoriciclaggio, confermando un orientamento rigoroso. La decisione sottolinea come la sproporzione tra patrimonio posseduto e redditi dichiarati sia un elemento sufficiente per giustificare il sequestro, anche quando i beni non sono direttamente collegati al reato contestato.

Il caso in esame: sequestro per autoriciclaggio

La vicenda trae origine dal ricorso di un soggetto, indagato per il reato di autoriciclaggio, contro un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP. Il sequestro aveva ad oggetto una somma di circa 156.000 euro. Secondo il ricorrente, tale misura era illegittima per due motivi principali. In primo luogo, l’importo sequestrato eccedeva di gran lunga il profitto derivante dal presunto autoriciclaggio (stimato in circa 69.000 euro). In secondo luogo, il Tribunale del riesame aveva, a suo dire, modificato la natura del sequestro, trasformandolo da sequestro diretto del profitto del reato a sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione, basandosi su una generica sproporzione tra il patrimonio e i redditi leciti.

I motivi del ricorso e la strategia difensiva

La difesa ha tentato di smontare il provvedimento cautelare sostenendo che la somma presente sul conto corrente derivava da fonti lecite, come affitti e vincite, e che la sua esistenza era documentata già da prima della commissione del presunto reato di autoriciclaggio. Si contestava, inoltre, la violazione dell’articolo 648-ter.1 del codice penale, che esclude la punibilità per le somme di provenienza illecita utilizzate per il mero godimento personale. Infine, si lamentava la totale assenza di motivazione riguardo al periculum in mora, ovvero il rischio concreto che giustifica l’urgenza della misura cautelare.

L’applicazione della confisca per sproporzione secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive e fornendo importanti chiarimenti sulla confisca per sproporzione.

Differenza tra confisca diretta e per sproporzione

I giudici hanno ribadito la fondamentale distinzione tra due tipi di confisca:
1. Confisca diretta: Colpisce il prezzo o il profitto diretto di un reato. Richiede la prova di un nesso di causalità diretto tra la somma o il bene e il reato commesso.
2. Confisca per sproporzione (o allargata, art. 240 bis c.p.): Non richiede un legame diretto con il singolo reato. Si applica quando una persona è condannata (o, in fase cautelare, gravemente indiziata) per uno dei delitti previsti dalla norma (tra cui l’autoriciclaggio) e possiede beni di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito, senza poterne giustificare la lecita provenienza.

Il principio della ragionevolezza temporale

La Corte ha specificato che, per la confisca per sproporzione, non è rilevante che i beni siano stati acquisiti prima o dopo il reato contestato. Ciò che conta è che l’accumulazione patrimoniale avvenga in un arco temporale ‘ragionevole’ e non ‘eccessivamente lontano’ rispetto alla condotta illecita. Nel caso di specie, la presenza del reato ‘spia’ (l’autoriciclaggio) legittima il sequestro di tutte le somme sproporzionate, a prescindere da un vincolo di pertinenzialità diretta.

Le motivazioni della decisione

La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano una violazione di legge, ma contestavano nel merito la valutazione dei fatti operata dal Tribunale, un tipo di controllo precluso in sede di legittimità. Il Tribunale aveva correttamente applicato l’art. 240 bis c.p., valorizzando la sproporzione tra il patrimonio dell’indagato e i suoi redditi leciti. La difesa, secondo la Corte, non aveva fornito prove concrete della provenienza lecita delle somme, rendendo le sue contestazioni generiche. Anche il motivo relativo alla mancata motivazione sul periculum in mora è stato respinto, in quanto non era stato sollevato nel precedente grado di giudizio (il riesame).

Le conclusioni

Questa sentenza conferma un principio cardine nella lotta ai patrimoni illeciti: in presenza di gravi indizi per reati come l’autoriciclaggio, lo Stato può aggredire tutti i beni di cui l’indagato non sa giustificare la provenienza, se il loro valore è palesemente sproporzionato rispetto alle sue entrate legali. L’onere della prova si inverte: non è più l’accusa a dover dimostrare il collegamento tra ogni singolo bene e il reato, ma è l’indagato a dover provare l’origine lecita del suo patrimonio. Un monito chiaro che rafforza gli strumenti di contrasto alla criminalità economica.

Quando è possibile applicare la confisca per sproporzione?
La confisca per sproporzione si applica quando una persona è indagata o condannata per specifici reati (come l’autoriciclaggio) e risulta titolare di beni o denaro il cui valore è sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, e di cui non può giustificare la lecita provenienza.

È necessario che i beni sequestrati derivino direttamente dal reato contestato?
No, per la confisca per sproporzione non è necessario dimostrare un nesso di derivazione diretta tra i beni e il singolo reato. È sufficiente la presenza di un ‘reato spia’ (come l’autoriciclaggio) e la sproporzione patrimoniale ingiustificata, purché l’accumulo dei beni rientri in un arco temporale ragionevole rispetto alla condotta illecita.

Cosa deve fare l’indagato per evitare il sequestro per sproporzione?
L’indagato ha l’onere di fornire una giustificazione credibile e documentata sulla provenienza lecita dei beni che appaiono sproporzionati rispetto ai suoi redditi. In assenza di tale prova, la presunzione di illecita acquisizione prevale e legittima la misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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