Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15153 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15153 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME NOME a Napoli il DATA_NASCITA
Avverso l’ordinanza resa il 26 maggio 2023 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Nessuno è presente per il ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME, quale indagato in ordine al reato di autoriciclaggio, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il 27 Aprile 2023 dal GIP del medesimo Tribunale, avente ad oggetto la somma di 156.000 C circa, e per l’effetto ha confermato detto provvedimento.
2.Avverso l’ordinanza propone ricorso NOME COGNOME, deducendo:
2.2 violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui sono state sottoposte a sequestro le somme ritenute di provenienza illecita e utilizzate per le spese di vita quotidiana e quelle considerate profitto del reato, che eccedono il vantaggio ricavato dal riciclaggio.
Osserva il ricorrente che il tribunale nel disporre il sequestro non ha preso in considerazione la censura difensiva, con cui si evidenziava che l’eventuale somma di
illecita provenienza, non confluita sul conto corrente per il tramite del rapporto lavorativo simulato e utilizzata per le spese di vita quotidiana, non integra la fattispecie di autoriciclaggio, in ragione del quarto comma dell’articolo 648 ter.1 codice penale.
La somma caduta in sequestro in quanto presente sul conto corrente nel marzo 2021 eccede il prodotto del reato di autoriciclaggio in quanto, a fronte di bonifici effettua dalla RAGIONE_SOCIALE quale corresponsione di stipendi dal 2018 al 2021, per un importo complessivo di circa 69.000 C, è stato disposto il sequestro della somma di 156.000 C circa, mentre l’eventuale utilizzo per uso personale di somme di provenienza illecita non risulta punibile ai sensi dell’art. 648.1 ter cod.pen.
Lamenta inoltre il ricorrente che sebbene il GIP avesse affermato in forma chiara che la somma sottoposta a sequestro rappresentava l’illecito profitto conseguito dal ricorrente tramite il delitto di autoriciclaggio a lui contestato, il tribunale invece di fat modificato la natura del sequestro, affermando che riguarda beni e denaro di provenienza ingiustificata ed entità sproporzionata rispetto ai redditi leciti, sicché sequestro diretto del profitto del reato di autoriciclaggio è stato confermato come sequestro ex art. 240 bis cod.pen. per sproporzione e si valorizza non il reato spia e cioè l’autoriciclaggio, ma addirittura la falsificazione dei valori bollati.
Così facendo il tribunale incorre in palese violazione di legge poichè dispone la confisca per sproporzione in forza del delitto di cui all’art. 453 in assenza dei presupposti, in 1 -7-· GLYPH i…h-quanto l’art. 240 bis cod.pen. è applicabile br416 cod.pen. finalizzato alla commissione di delitti di falso, ma non anche alle ipotesi di concorso continuato nel falso.
Inoltre la giurisprudenza di legittimità richiede quale presupposto dell’ablazione la verifica della ragionevolezza temporale tra l’epoca del commesso reato e l’accumulazione patrimoniale riferibile al condanNOME, mentre nel caso di specie il tribunale ha cancellato qualsivoglia parametro di riferimento temporale, ancorando la confisca allargata ad un reato diverso da quello contestato, per il quale non poteva trovare applicazione. Infine il provvedimento è solo apparentemente motivato poiché la difesa ha provato le disponibilità lecite del ricorrente derivanti dai contratti di locazio di due immobili in affitto e da vincite di scommesse conseguite e ha dimostrato che la somma esisteva già nel dicembre 2017, così falsando l’analisi della sproporzione asseritamente effettuata dal tribunale
2.2 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al periculum in mora poiché la giurisprudenza di legittimità ha affermato che anche il sequestro preventivo finalizzato all’articolo 321 comma 2 cod. proc.pen. e quindi alla confisca deve contenere la concisa motivazione del periculum in mora da rapportare alle ragioni che rendono necessarie l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudiz mentre il tribunale omette del tutto di motivare sul punto, così incorrendo nel vizio di violazione di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod.proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (tra le tante, sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, COGNOME).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n.25932 del 2008, NOME).
1.1 II primo motivo è manifestamente infondato.
Questa Corte nella sua più autorevole composizione ha affermato da tempo che qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato. (Sez. U, Sentenza n. 31617 del 26/06/2015 Ud. (dep. 21/07/2015 ) Rv. 264437 – 01)
Accanto alla confisca diretta sussiste quella per sproporzione prevista dall’art. 240 bis cod.pen. . Detta confisca, già prevista dall’art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito in legge 7 agosto 1992 n. 356, e oggi dall’art. 240 bis cod.pen. , ha struttura e presupposti diversi da quella ordinaria, in quanto, mentre per quest’ultima assume rilievo la correlazione tra un determiNOME bene e un certo reato, nella prima viene in considerazione il diverso nesso che si stabilisce tra un patrimonio ingiustificato e una persona nei cui confronti sia stata pronunciata condanna o applicata la pena patteggiata per uno dei reati indicati nell’articolo citato. Ne consegue che, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi di tale articolo, è necessario accertare, quanto al “fumus commissi delicti”, l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al “periculum in mora”, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi. (Sez. 6, Sentenza n. 26832 del 24/03/2015 Cc. (dep. 25/06/2015 ) Rv. 263931 – 01)
Orbene, è noto che la condanna per uno dei reati indicati nell’art. 12-sexies, commi 1 e 2, dl. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) tra i quali rientra l’autoriciclaggio, comporta l confisca dei beni nella disponibilità del condanNOME, allorché, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attivi economica e il valore economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi. Di talché, essendo irrilevante il requisito dell “pertinenzialità” del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, la confisca dei singol beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per cui è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato. (V. Corte cost., ord. 29 gennaio 1996, n. 18). (Sez. U, Sentenza n. 920 del 17/12/2003 Cc. (dep. 19/01/2004 ) Rv. 226490 – 01)
E’ tuttavia necessario che la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell’imputato di beni di valore sproporzioNOME rispetto al reddito dichiarato o all’attivit economica esercitata sia circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano “ictu ocu/i” estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione. (Sez. 2, Sentenza n. 52626 del 26/10/2018 Cc. (dep. 22/11/2018 ) Rv. 274468 – 01)
Nel caso in esame il ricorrente lamenta che il sequestro disposto dal Tribunale ha natura diversa da quello applicato dal GIP, che aveva natura diretta e avrebbe dovuto avere ad oggetto esclusivamente il profitto del reato di autoriciclaggio; detta censura è manifestamente infondata poiché la richiesta di misura cautelare reale richiama esplicitamente l’art. 240 bis cod.pen., che prevede la confisca per sproporzione, e il decreto di sequestro lo richiama esplicitamente nel corpo della motivazione, valorizzando la sproporzione tra il reddito dichiarato dall’indagato e la consistenza del suo patrimonio.
Ciò posto, il tribunale ha correttamente ricordato che in presenza del fumus del reato di autoriciclaggio, rispetto al quale la difesa non formula alcuna censura, è obbligatoria la confisca delle somme rinvenute nella disponibilità dell’indagato che risultano sproporzionate rispetto ai redditi leciti comprovati. Pertanto la circostanza che le somme prodotto del reato di autoriciclaggio fossero inferiori a quelle oggetto di sequestro non incide sulla legittimità della misura cautelare, che il Tribunale ha sostenuto essere stata disposta ai sensi dell’art. 240 bis cod.pen.. Né rileva che la condotta di autoriciclaggio sia stata contestata come successiva rispetto alla giacenza della somma sul conto corrente, comprovata a decorrere dal 2016, in quanto la ricorrenza del reato spia, che è di certo l’autoriciclaggio, legittima il sequestro delle somme che si ritengono sproporzionate rispetto ai proventi leciti del titolare, a prescindere dal vincolo d pertinenzialità con il reato, nel rispetto dei criteri di ragionevolezza temporale
considerato che la giacenza delle somme risale ad epoca non eccessivamente lontana nel tempo rispetto alle condotte di autoriciclaggio.
A queste considerazioni si aggiunge che il ricorrente neppure allega la provenienza lecita della provvista già presente in detto conto corrente dal 2016, sicchè la censura risulta anche generica.
Le censure formulate sulla motivazione resa dal Tribunale in merito alle giustificazioni addotte dal ricorrente in ordine alla provenienza delle somme rinvenute non sono consentite in questa sede, non integrando violazione di legge ma al più vizi della motivazione e censure di merito che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
1.2 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile poiché dalla esposizione dei motivi di riesame si evince che il ricorrente in quella sede non aveva censurato il periculum in mora e quindi non può in questa sede estendere le doglianze formulate con il primo atto di impugnazione.
2.L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si ritiene congruo liquidare in euro 3000 in proporzione al grado di colpa nella proposizione della impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende
Roma 7 febbraio 2024