Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18813 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18813 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME cui CODICE_FISCALE nato a null (SENEGAL) il 23/02/1998 avverso la . sentenza del 13/09/2024 del TRIBUNALE di Torino Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inannmissibilità
RITENUTO IN FATTO
1.Sek NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa in data 13/09/2024 dal Tribunale di Torino ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.309/1990, per aver detenuto a fine di cessione sostanza stupefacente del tipo crack, deducendo, con un unico motivo di ricorso, errata applicazione dell’art. 240 bis cod. pen. in relazione alla statuizione della confisca della somma di danaro pari a euro 350,00 e di due telefoni cellulari.
In particolare, il ricorrente rappresenta che la confisca del denaro e dei telefoni cellulari è stata disposta in violazione di legge, avendo il giudice a quo ritenuto che il Sek non abbia fornito idonea giustificazione del possesso della somma né indicazioni in ordine alla legittima provenienza dei due telefoni e del danaro, rinvenuti unitamente allo
stupefacente. Evidenzia le modifiche normative recentemente introdotte, alla stregua delle quali la confisca per sproporzione può essere disposta anche in caso di delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.309/1990 e che, erroneamente, nel caso di specie, il giudice a quo ha ritenuto non credibili le giustificazioni che il ricorrente ha addotto a sostegno del legittimo possesso della somma di denaro. Viceversa, egli ha rappresentato di svolgere in nero l’attività di facchino e di percepire un reddito di circa euro 700 al mese. Il ricorrente evidenzia, pertanto, che la somma di danaro è del tutto plausibile e proporzionata rispetto la sua capacità di reddito e che anche il cellulare del tipo iPhone 6, essedo ormai obsoleto e di valore commerciale assai modesto, ha un valore del tutto proporzionato ai redditi dichiarati, e che l’altro cellulare è stato acquistato nel paese di origine, prima di giungere in Italia. Essendo egli irregolare sul territorio italiano, svolgimento dell’attività lavorativa lecita non può essere supportato da idonea documentazione.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Si premette che la sentenza di patteggiamento che abbia applicato una misura di sicurezza è ricorribile per cassazione nei soli limiti di cui all’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., ove la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti, diversamente essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Rv. 279348). Si è infatti ritenuto che, anche dopo l’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. ad opera dell’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, è ammissibile il ricorso per cassazione avente ad oggetto la mancata, o meramente apparente, motivazione circa l’applicazione della confisca, essendo la stessa un’ipotesi di “illegalità della misura di sicurezza”, rilevante come “violazione di legge” ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost. (Sez.3, n. 4252 del 15/01/2019, Rv. 27494).
Altresì si precisa che, essendo contestata la condotta di detenzione di sostanza stupefacente, e non la cessione della sostanza stupefacente, non sono applicabili né l’art. 240 cod. pen., né, per medesimezza di ratio, la disposizione specifica in materia di stupefacenti di cui al comma 7-bis dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, non sussistendo il necessario nesso tra il denaro oggetto di ablazione e il reato di mera detenzione o di mero trasporto per cui è affermata la responsabilità. In relazione ai reati di detenzione e trasporto di sostanza stupefacente, di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è invece possibile procedere alla confisca del danaro di cui sia in possesso l’imputato purchè ricorrano le condizioni per la confisca in casi particolari, prevista dall’art. 240-bis
cod. pen., applicabile in forza del rinvio ad esso operato dall’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 4, n. 20130 del 19/4/2022, COGNOME, Rv. 283248).
Opera, dunque, il disposto dell’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall’art. 4, comma 3-bis, di. 15 settembre 2023, n. 123, introdotto dalla legge di conversione 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. citato nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen., e che richiede, laddove siano contestati traffici di modesta gravità, cui solitamente corrispondono sequestri di somme, beni o utilità di non rilevante importo, una motivazione a sostegno del requisito della sproporzione tra possidenze dell’imputato e redditi leciti tanto più rigorosa quanto più modeste siano le somme sequestrate. In applicazione a tale principio, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che sia stata correttamente disposta la confisca della somma di euro 240,90 a carico di un imputato, già più volte condannato per reati in materia di droga, senza fissa dimora, privo di un’occupazione stabile, che aveva genericamente addotto la provenienza di una parte della somma in questione dall’attività di commerciante ambulante, senza tuttavia fornire indicazioni precise in merito alla stessa (Sez. 4, n. 18608 del 22/03/2024, Rv. 286254).
1.2.Nel caso in disamina, concernente propriamente l’ipotesi in cui la confisca non è stata oggetto di accordo tra le parti, il giudice a quo ha affermato che il ricorrente, in sede di interrogatorio di convalida, non ha fornito indicazioni precise in ordine alla provenienza e al possesso della somma di danaro e dei due telefoni cellulari, se non con argomentazioni “del tutto inverosimili, non credibili e illogiche” e prive di allegazioni. I particolare, il giudice ha ritenuto non credibile la tesi difensiva secondo la quale il denaro e i due telefoni cellulari sono di provenienza lecita, derivanti da redditi da lavoro percepiti per lo svolgimento in nero dell’attività di facchino (attività dalla quale il ricorren asserisce di trarre il reddito di euro 700 mensili), ritenendo quindi che, trattandosi di soggetto del tutto privo di reddito, tanto la somma di danaro detenuta in contanti quanto il possesso di due telefoni cellulari siano comunque sproporzionati rispetto le sue condizioni economiche e reddituali.
La motivazione fornita dal giudice a quo da quindi atto, in maniera congrua, delle ragioni per le quali il giudicante ha ritenuto che l’imputato non abbia attendibilmente giustificato il possesso della somma di danaro e dei telefoni . cellulari, onde, nell’ottica delineata dall’art. 240 bis cod. pen., correttamente, è stato dato atto nella motivazione della sentenza impugnata della sproporzione tra i redditi leciti dell’imputato, sostanzialmente inesistenti, e l’ammontare della somma e del valore dei telefoni cellulari.
2.11 ricorso, dunque, deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 20/02/2025
COGNOMEConsigliere estensore
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Il Presidente
NOME COGNOME