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Confisca per sproporzione: quando il denaro è sequestrato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per spaccio di stupefacenti, confermando la confisca di una somma di denaro. La decisione si basa sul principio della confisca per sproporzione, poiché l’imputato, disoccupato e senza permesso di soggiorno, non ha potuto giustificare la legittima provenienza del denaro, a prescindere da un legame diretto con il singolo reato contestato.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Confisca per Sproporzione nel Traffico di Stupefacenti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale nella lotta ai proventi illeciti derivanti dal traffico di stupefacenti: la confisca per sproporzione. Questo strumento permette allo Stato di sequestrare somme di denaro trovate in possesso di un condannato quando queste appaiono ingiustificate rispetto alle sue fonti di reddito lecite, anche senza dover provare che quel denaro sia il profitto diretto dello specifico reato per cui si procede. Analizziamo la decisione per comprendere meglio come funziona questo meccanismo.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato, su sua richiesta e con il consenso del Pubblico Ministero, per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena, il Tribunale aveva disposto la confisca di una somma di denaro trovata in suo possesso, ritenuta sproporzionata rispetto alle sue condizioni economiche. L’imputato, infatti, si era dichiarato disoccupato e risultava privo di permesso di soggiorno.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la confisca fosse illegittima. Secondo la sua difesa, mancava la prova di un legame diretto (la cosiddetta ‘pertinenzialità’) tra il denaro sequestrato e il reato specifico contestato. In altre parole, non era stato dimostrato che quella somma fosse il ricavato di quella precisa attività di spaccio, ma al massimo poteva essere il profitto di presunte cessioni precedenti, non oggetto del processo.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Confisca per Sproporzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità della confisca. I giudici hanno chiarito che il provvedimento non si basava sulla confisca diretta (prevista dall’art. 240 del codice penale), che richiede un nesso causale tra il bene e il reato, ma sulla speciale ipotesi di confisca per sproporzione prevista dall’art. 85 bis del Testo Unico sugli Stupefacenti (Dpr 309/90).

Questo tipo di confisca si fonda su un presupposto diverso: la sproporzione tra il valore del denaro o dei beni posseduti e il reddito dichiarato o l’attività economica svolta dal condannato. Se il soggetto non è in grado di fornire una giustificazione plausibile sulla lecita provenienza di tali beni, la legge ne presume l’origine illecita e ne autorizza la confisca.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente applicato la confisca per sproporzione. Gli elementi decisivi erano chiari: l’imputato era disoccupato, non aveva fonti di reddito lecite documentate e non aveva fornito alcuna spiegazione credibile sul perché possedesse quella somma di denaro. Questa sproporzione oggettiva è stata ritenuta sufficiente per giustificare l’ablazione del denaro, a prescindere dalla prova che fosse il corrispettivo di una specifica cessione di droga.

La Cassazione ha inoltre operato una precisazione tecnica, correggendo un passaggio della motivazione del giudice di merito. Quest’ultimo aveva ipotizzato che il denaro potesse essere il “verosimile profitto di precedenti cessioni”. La Corte Suprema ha chiarito che tale motivazione, da sola, non sarebbe sufficiente per una confisca diretta ai sensi dell’art. 240 c.p., che si applica solo al profitto del reato per cui si è stati condannati. Tuttavia, questo errore non ha inficiato la validità della decisione, poiché il suo fondamento principale e corretto risiedeva nel principio di sproporzione, come delineato dall’art. 85 bis del Dpr 309/90.

Le Conclusioni

Questa sentenza conferma l’efficacia della confisca per sproporzione come strumento per colpire i patrimoni illecitamente accumulati. L’implicazione pratica è molto rilevante: per procedere al sequestro dei beni di un soggetto condannato per reati di droga, non è sempre necessario che l’accusa dimostri il collegamento diretto tra ogni singolo euro e una specifica attività criminale. È sufficiente che emerga una chiara e ingiustificata sproporzione tra il patrimonio e le fonti di reddito lecite. A quel punto, l’onere di fornire una spiegazione convincente sulla provenienza del denaro si sposta sul condannato.

Può essere confiscato del denaro trovato addosso a un condannato per spaccio, anche se non è il ricavato diretto della vendita per cui è stato processato?
Sì, può essere confiscato se il suo possesso è ingiustificato rispetto alle condizioni economiche e patrimoniali del condannato. In questo caso si applica la cosiddetta ‘confisca per sproporzione’, prevista da normative speciali come quella sugli stupefacenti.

Cosa si intende per ‘confisca per sproporzione’?
È una misura che permette allo Stato di acquisire beni (denaro incluso) di una persona condannata per specifici reati, quando il valore di tali beni è notevolmente superiore ai suoi redditi leciti e la persona non è in grado di giustificarne la legittima provenienza.

In caso di confisca per sproporzione, chi deve dimostrare la provenienza del denaro?
Una volta accertata la sproporzione tra il denaro posseduto e le fonti di reddito lecite del condannato, l’onere di fornire una giustificazione plausibile sulla provenienza lecita di quel denaro ricade sul condannato stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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