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Confisca per sproporzione: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della confisca per sproporzione di una cospicua somma di denaro trovata in possesso di un soggetto condannato per spaccio di lieve entità. Nonostante l’imputato sostenesse che i soldi appartenessero alla sua compagna, la Corte ha ritenuto decisiva la sproporzione tra la somma e il reddito nullo dell’imputato, applicando la normativa recentemente estesa anche ai reati minori in materia di stupefacenti.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: la Cassazione fa il punto sui reati di spaccio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: la confisca per sproporzione applicata ai proventi dei reati di stupefacenti. Il caso riguardava la confisca di oltre 10.000 euro a un individuo condannato per episodi di spaccio di lieve entità. La difesa sosteneva che il denaro appartenesse alla compagna, ma la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sull’applicazione della normativa dopo le recenti modifiche legislative.

I fatti del caso: spaccio e una cospicua somma di denaro

Il Tribunale di Reggio Emilia aveva condannato un uomo per due cessioni di cocaina, applicando una pena patteggiata. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice aveva disposto la confisca di circa 10.500 euro, rinvenuti in parte addosso all’imputato, in parte nascosti in un calzino nel suo armadio e in un borsello.

L’imputato, disoccupato, si era difeso sostenendo che il denaro fosse di proprietà della sua convivente, la quale si trovava temporaneamente all’estero. A sostegno di questa tesi, la donna aveva prodotto un contratto di lavoro e delle buste paga attestanti un reddito di circa 8.600 euro negli ultimi mesi. Tuttavia, aveva anche ammesso di sostenere interamente le spese dell’appartamento condiviso, pari a 550 euro mensili, oltre a utenze e altre necessità.

Il ricorso basato sulla lieve entità del reato

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione contestando la legittimità della confisca. L’argomento principale si basava sulla qualificazione del reato come spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990). Secondo il ricorrente, per questa fattispecie minore, la confisca sarebbe possibile solo in presenza di un “nesso di pertinenzialità” diretto tra il denaro e il reato. Poiché dalle cessioni contestate l’imputato avrebbe ricavato al massimo cento euro, la confisca dell’intera somma sarebbe stata illegittima.

Le motivazioni della Corte di Cassazione e l’impatto della nuova legge

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando integralmente la decisione del Tribunale. Le motivazioni della sentenza sono fondamentali per comprendere l’attuale portata della confisca per sproporzione.

Innanzitutto, i giudici hanno ritenuto logica e non contraddittoria la valutazione del Tribunale riguardo alle finanze della convivente. Sebbene avesse percepito un reddito, era verosimile che questo fosse stato interamente assorbito dalle spese di locazione, utenze, alimentari e da un viaggio all’estero, non potendo quindi giustificare la somma sequestrata.

Il punto decisivo, però, risiede nell’interpretazione della normativa. La Cassazione ha sottolineato come una modifica legislativa del 2023 (L. n. 159/2023) abbia esteso l’ambito di applicazione dell’art. 85 bis del Testo Unico Stupefacenti. Questa norma, che disciplina appunto la confisca per sproporzione, ora si applica a tutte le fattispecie previste dall’art. 73, inclusa quella di lieve entità del comma 5.

Di conseguenza, non è più necessario dimostrare che ogni singolo euro sequestrato sia il provento diretto di uno specifico episodio di spaccio. La confisca scatta quando il condannato non può giustificare la legittima provenienza del denaro (o di altri beni) e questo risulta di valore sproporzionato rispetto al suo reddito o alla sua attività economica. Nel caso di specie, essendo l’imputato disoccupato e avendo egli stesso ammesso di delinquere per procurarsi mezzi di sostentamento, la sproporzione era palese e la confisca pienamente legittima.

Le conclusioni: un’arma più affilata contro i patrimoni illeciti

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: la confisca per sproporzione è uno strumento potente per aggredire i patrimoni di origine illecita, anche quando derivano da attività di spaccio considerate di lieve entità. La recente estensione normativa ha eliminato la necessità di provare il nesso di pertinenzialità diretto, spostando l’onere della prova sul condannato, che deve dimostrare la provenienza lecita dei suoi beni. Questa decisione riafferma che i tentativi di schermare i proventi illeciti attraverso l’intestazione fittizia a terzi vengono attentamente vagliati e, se ritenuti non credibili, non impediscono l’applicazione della misura ablativa.

È possibile confiscare una somma di denaro a una persona condannata per spaccio di lieve entità, anche se non si prova che tutto quel denaro derivi dal reato?
Sì. La sentenza chiarisce che, a seguito di una recente modifica legislativa (L. 159/2023), la “confisca per sproporzione” si applica a tutti i reati di spaccio, anche quelli di lieve entità. È sufficiente che il condannato non possa giustificare la provenienza del denaro e che questo sia sproporzionato rispetto al suo reddito.

La testimonianza di un terzo che rivendica la proprietà del denaro è sufficiente a evitarne la confisca?
No, non necessariamente. In questo caso, la convivente dell’imputato ha provato di avere un reddito, ma il giudice ha ritenuto, con una motivazione logica, che tale reddito fosse stato consumato dalle spese ordinarie (affitto, utenze, vitto). Pertanto, la sua dichiarazione non è stata considerata sufficiente a dimostrare la titolarità e la provenienza lecita delle somme sequestrate.

Cosa significa ‘confisca per sproporzione’ in materia di stupefacenti?
Significa che, in caso di condanna per reati legati agli stupefacenti, lo Stato può confiscare il denaro e i beni di cui il condannato è titolare o ha la disponibilità, se non è in grado di giustificarne la legittima provenienza e se il loro valore è sproporzionato rispetto al suo reddito o alla sua attività economica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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