Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34706 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/02/2025 del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona della sostituta NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla confisca del denaro, con rinvio per nuovo giudizio sul punto.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Reggio Emilia ha accolto la richiesta di applicazione pena avanzata nell’interesse di NOME COGNOME in relazione a due diverse cessio di sostanza stupefacente del tipo cocaina al prezzo di 50 euro e altra a titolo gratuito, alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 2.200 di multa e disposto, altresì, oltre che la confisca e distruzione dello stupefacente e del materiale atto al confezionamento, la confisca del denaro in sequestro ai sensi dell’art. 240 bis e 85 bis d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso affidato ad unico motivo con cui si deduce, cumulativamente, la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione quanto alla confisca del denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, di cui 280 euro sulla sua persona e 9.960 all’interno di un calzino dell’armadio della sua camera da letto oltre 280 euro all’interno di un borsello posto dietro il televisore. Rileva la difesa che l’imputato, nel corso dell’interrogatorio, ha riferito che il denaro apparteneva alla sua fidanzata che si trovava in Marocco al momento del fatto, dichiarazioni che venivano poi confermate dalla fidanzata, NOME COGNOME la quale dimostrava di essere titolare delle somme, mediante produzione di copia del proprio contratto di lavoro, sottoscritto nel 2021 oltre che di diversi vaglia e buste paga relative ai mesi di giugno – settembre 2024 da cui si evinceva la riscossione in contanti di somme di denaro, a titolo di retribuzione, per complessivi 8.615,14 euro. Contesta la difesa gli argomenti spesi dal decidente secondo cui il denaro guadagnato dalla donna sarebbe stato utilizzato per il pagamento del canone di locazione dell’appartamento. Assume la difesa che alla luce della intervenuta riqualificazione di tutti i capi di imputazione nella fattispecie d cui all’art. 73, co 5 d.P.R. n. 309/1990 potrebbe procedersi alla confisca del denaro trovato in possesso o nella disponibilità dell’imputato solo in presenza di un preciso nesso di pertinenzialità tra lo stesso e l’attività illecita contestata. Prendendo per buone le dichiarazioni rese dagli acquirenti si avrebbe che l’imputato avrebbe ricavato dalla cessione soltanto cento euro e in mancanza di un comprovato collegamento tra le ulteriori somme sottoposte a sequestro non potrebbe procedersi alla confisca. Il riferimento poi alla “fiorente attività di spaccio si scontra con l sole tre ipotesi contestate nell’imputazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il P.G. ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Si dà atto nella sentenza che in esito alla convalida dell’arresto l’imputat chiesto di definire la propria posizione mediante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. e che “il difensore ha chiesto la restituzione della somma in sequestro a NOME che, ascoltata in udienza, ha formalizzato tale richiesta producendo documentazione a sostegno. Il P.M. ha chiesto il rigetto dell’istanza e la confisca del denaro”.
Il Giudice applicata la richiesta come formalizzata dalle parti, disponeva la confisca del denaro in sequestro ai sensi dell’art. 240 bis e 85 bis d.P. 309/1990. Con motivazione che non appare né illogica né contraddittoria il giudice ha valutato le dichiarazioni e le allegazioni di NOME convivente dell’imputato, che al momento dell’arresto si trovava in Marocco, inidonee a dimostrare la titolarità delle somme sequestrate in capo alla stessa. E’ stato rilevato che, sebbene la NOME abbia prodotto contratto di lavoro risalente al 2021 e buste paga da giugno a settembre 2024 da cui si evince la corresponsione in contanti della somma di euro 8.615,14, la stessa ha, tuttavia, dichiarato di avere pagato sempre personalmente il canone di locazione dell’appartamento che condivide con il ricorrente pari a 550,00 euro mensili, escluse utenze e spese condominiali, sempre da lei pagate, e di avere smesso di lavorare da ottobre 2024. Il giudice ha, dunque, ritenuto che le somme di cui è stata ritenuta acclarata la ricezione in contanti siano state consumate per il pagamento dei sette mesi di locazione e spese per utenze e condominio nonché le spese alimentari oltre che per il viaggio in Marocco.
E’ stato, inoltre, posto l’accento su quanto riferito dal COGNOME in sede di interrogatorio allorquando lo stesso ha dichiarato di avere commesso il fatto per procurarsi i mezzi di sostentamento, essendo disoccupato.
Al netto della circostanza che nella misura in cui il ricorrente assume che le somme di denaro confiscate appartengono alla NOME, lo stesso non avrebbe interesse a chiederne la restituzione, non può non rilevarsi, che le ragioni di doglianza sviluppate nella esposizione del ricorso attengono al vizio di motivazione con riferimento al vizio di correlazione tra le condotte ascritte al NOME e l’intera somma di denaro sequestrata.
Sul punto il decidente ha motivato la confisca ritenendo ravvisabili le condizioni previste dall’art. 240 bis cod. pen. – espressamente richiamato dall’art. 85 bis d.P.R. n. 309/1990 con riferimento alle condotte sanzionate ai sensi dell’art.73 – in base al quale, in caso di sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, è disposta la confisca «del denaro, dei beni o delle altre utilità
di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito».
Né rileva l’argomento speso dalla difesa secondo cui i fatti sarebbero stati riqualificati ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d. P. R. 309/1990 atteso che per effetto della modifica dell’art. 85 bis d.P.R. cit. giusto dl. 15 settembre 2023, n. 123 convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 159, la confisca per sproporzione, ivi contemplata, è stata estesa a tutte le fattispecie previste dall’art. 73, e, dunque anche a quella di cui all’art. 73, comma 5. La norma come novellata era in vigore sia alla data di commissione del fatto (15 gennaio 2025) che a quella di emissione della sentenza impugnata (14 febbraio 2025).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deciso il 4 luglio 2025