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Confisca per sproporzione: onere della prova sul terzo

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di sequestro preventivo su beni intestati alla moglie di un indagato per narcotraffico. La sentenza chiarisce che per la confisca per sproporzione a carico di un terzo non è sufficiente il dato della sproporzione economica, ma l’accusa deve provare la natura fittizia dell’intestazione e la disponibilità effettiva dei beni da parte dell’indagato. Inoltre, è stata rilevata la radicale nullità del provvedimento per totale assenza di motivazione sul ‘periculum in mora’.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: quando i beni del coniuge sono a rischio?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11185 del 2024, ha affrontato un tema cruciale in materia di misure patrimoniali: la confisca per sproporzione e i suoi limiti quando coinvolge beni intestati a terzi, in questo caso il coniuge dell’indagato. La pronuncia stabilisce principi rigorosi sull’onere della prova a carico dell’accusa, annullando un sequestro preventivo che si basava quasi esclusivamente sulla sproporzione economica tra patrimonio e reddito del nucleo familiare.

I fatti del caso: il sequestro dei beni della moglie

Il caso nasce da un’indagine su un vasto traffico internazionale di stupefacenti che vedeva coinvolto un soggetto come figura di rilievo. Nel corso delle indagini, veniva disposto il sequestro preventivo di un’impresa individuale, immobili, terreni, macchine agricole e un’autovettura, tutti beni formalmente intestati alla moglie dell’indagato.
Il Tribunale del Riesame confermava il sequestro, fondando la sua decisione sulla notevole sproporzione, calcolata in oltre 600.000 euro, tra i redditi dichiarati dal nucleo familiare dal 1997 al 2021 e il patrimonio accumulato. Secondo il Tribunale, questa sperequazione era sufficiente a presumere che i beni fossero stati acquistati con i proventi delle attività illecite del marito.

La decisione della Corte di Cassazione e il principio della confisca per sproporzione

La difesa della donna ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge per mancanza di motivazione su punti decisivi. In particolare, si contestava che il Tribunale avesse omesso di analizzare il nesso causale tra i beni sequestrati e i presunti profitti dei reati, ignorando le prove sulla capacità economica autonoma della ricorrente.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza e rinviando il caso a un nuovo esame. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per applicare la confisca per sproporzione ai beni di un terzo estraneo al reato, la sola sproporzione patrimoniale non è sufficiente.

L’onere della prova a carico dell’accusa

Il cuore della decisione risiede nella ripartizione dell’onere della prova. La presunzione che un patrimonio sproporzionato derivi da attività illecite, prevista dall’art. 240-bis del codice penale, opera direttamente nei confronti dell’imputato. Quando però i beni sono intestati a un terzo (come il coniuge), spetta all’accusa dimostrare, con elementi gravi, precisi e concordanti, che l’intestazione è fittizia e che l’indagato ne aveva l’effettiva disponibilità.
Il Tribunale, secondo la Cassazione, non può limitarsi a presumere che i proventi illeciti del marito siano stati automaticamente reinvestiti nell’azienda della moglie. Deve invece fornire una prova concreta della natura simulata dell’intestazione.

La mancanza del ‘periculum in mora’

Un altro punto di radicale censura da parte della Cassazione riguarda il presupposto del sequestro preventivo: il periculum in mora, ovvero il pericolo che, nel tempo necessario a definire il giudizio, i beni possano essere dispersi, rendendo vana la futura confisca. La Corte ha rilevato che l’ordinanza impugnata mancava totalmente di qualsiasi motivazione su questo aspetto. Tale carenza, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, costituisce una causa di nullità radicale del provvedimento cautelare.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato l’annullamento evidenziando che il Tribunale del Riesame ha fallito nel condurre una valutazione completa. In primo luogo, ha dato per scontato che la sproporzione reddituale fosse di per sé prova dell’origine illecita dei beni intestati alla moglie, senza indagare sulla riconducibilità effettiva di tali beni all’indagato. In secondo luogo, non ha considerato la correlazione temporale: alcuni beni erano stati acquistati ben prima del periodo in cui si sono concentrate le attività criminali contestate al marito. Questo scollamento temporale avrebbe richiesto una motivazione più stringente. Infine, l’assenza totale di argomentazioni sul periculum in mora ha reso il provvedimento di sequestro insanabilmente nullo, poiché privo di uno dei suoi requisiti essenziali.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa sentenza rafforza le garanzie per i terzi i cui beni vengono coinvolti in procedimenti penali altrui. Stabilisce che le misure patrimoniali non possono basarsi su automatismi presuntivi. L’accusa ha il compito di costruire un quadro probatorio solido che dimostri non solo la sproporzione, ma anche il legame concreto tra i beni del terzo e le attività dell’indagato, provando che l’intestazione è solo uno schermo. La decisione sottolinea inoltre l’importanza di motivare adeguatamente tutti i presupposti delle misure cautelari reali, incluso il periculum in mora, pena la loro nullità. Per i professionisti del diritto, è un richiamo all’esigenza di un’analisi rigorosa e fattuale, che vada oltre la semplice aritmetica patrimoniale.

La sola sproporzione tra reddito e patrimonio è sufficiente per sequestrare i beni intestati al coniuge di un indagato?
No. Secondo la sentenza, per sequestrare i beni di un terzo estraneo al reato (come il coniuge), la sola sproporzione economica non basta. L’accusa deve provare, con elementi gravi, precisi e concordanti, che l’intestazione formale è fittizia e che l’indagato aveva l’effettiva disponibilità dei beni.

Chi deve provare che l’intestazione dei beni a un terzo è fittizia in un caso di confisca per sproporzione?
L’onere della prova grava interamente sull’accusa. La presunzione di illecita accumulazione patrimoniale opera per l’imputato, ma non si estende automaticamente ai terzi. Spetta quindi al Pubblico Ministero dimostrare la natura simulata dell’intestazione.

È valido un sequestro preventivo se il provvedimento non motiva sul ‘periculum in mora’?
No. La sentenza afferma che la totale mancanza di motivazione sul ‘periculum in mora’ (il pericolo nel ritardo) è causa di nullità radicale del provvedimento di sequestro preventivo. Si tratta di un presupposto essenziale della misura cautelare che deve essere sempre esplicitato e giustificato dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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