Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19984 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a ALESSANDRIA( ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a LUSHME( ALBANIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a ALESSANDRIA( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 15.09. 2023, la Corte di appello di Torino, nell’ambito del procediment di prevenzione instaurato nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME rispettivamente proposto e terzi interessati – ha confermato il decreto del Tribunale del medesima città – Sezione di misure di prevenzione – emesso in data 18.10.2022, che aveva ordiNOME la confisca ex art. 24 D.Igs. n. 159/2011 dei beni, indicati nel decreto, disponibilità del proposto e dei terzi interessati suindicati.
Avverso il suddetto decreto, ricorrono per cassazione, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il tramite del comune difensore di fiducia, anche procuratore speciale per la t interessata COGNOME, Avv, NOME COGNOME, articolando due motivi.
In premessa, la difesa illustra come il ricorso si riferisce al capo del decreto impugn relativo alla confisca dei beni di proprietà del proposto, nel punto relativo alla r sussistenza dì una rilevante sproporzione tra i beni COGNOME sua disponibilità e i redditi nonché al capo del decreto relativo ai beni dì proprietà della terza interessata.
Si rappresenta che tema comune ad entrambi i ricorsi è quello che stigmatizza il modus procedendi di valutazione della sproporzione che fa impropriamente riferimento a tutte le spese della famiglia, indiscriminatamente considerate, e alle sole entrate provenienti da redd che risultano dalle dichiarazioni dei familiari, in tal modo alludendo ad una generi onnicomprensiva “situazione di sproporzione”, realizzata per masse, laddove la valutazione della sproporzione va effettuata con riguardo a ciascuno dei beni e del rispettivo acquisto.
2.1. Il primo motivo, riguardante la posizione del proposto COGNOMECOGNOME lamenta violazion dell’art. 24 d.lgs. n. 159/2011, in relazione all’erronea, ritenuta, sussistenza del requisit sproporzione tra i beni confiscati e i redditi leciti, nonché la mancanza assoluta di motivaz sul punto, in violazione dell’obbligo del giudice di merito di provvedere con decreto motivato.
In particolare, si evidenzia come la disposta confisca di prevenzione dì cui all’art. 24 d.lg 159/2011, abbia ad oggetto principalmente beni di proprietà di terzi, ma per minima parte riguarda anche il saldo del conto corrente e alcune partecipazioni sociali di proprietà COGNOME. Sul punto, si rileva che la Corte territoriale non ha dedicato alcuna attenzione ai confiscati ai ricorrente, nonostante COGNOMEro elencati nel dispositivo del primo decr applicativo.
Da ciò consegue che rispetto a tali beni, il modus operandi prescelto dal decreto impugNOME, consistente COGNOME preliminare valutazione della sproporzione “per masse”, si è tradotto in un conseguente illegittima confisca “per masse” e dunque nell’illegittima e indiscrimina apprensione dei beni suindicati, dei quali il proposto risultava titolare al momento d proposta, in difetto di alcuna motivazione circa la derivazione illecita di tali specifich attive del suo patrimonio.
Venendo all’analisi dei diversi profili di violazione dell’art. 24 d.lgs. n. 159/2011, l anzitutto lamenta come la prima di tali violazioni consista nell’avere la Corte territo disattendendo i principi di diritto stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità e da Costituzionale in ordine all’unica interpretazione possibile della presunzione relativa di acqu illecito dei beni compatibile con il testo costituzionale, omesso di verificare se le co criminose commesse dal proposto siano state effettivamente fonte di profitti illeciti in qua ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni confiscati. Il requisito d sproporzione nei casi di pericolosità generica postula un intrinseco rapporto di proporzione tr profitti asseritamente ricavati dell’attività illecita e l’oggetto della misura ablatoria (s ove i beni risultino effettivamente riconducibili ad attività effettivamente idonee a pro proventi illeciti congrui rispetto ai loro acquisti, essi saranno confiscabili).
Sì precisa, inoltre, che anche laddove la violazione dei presupposti della confisca prevenzione non costituisse autonomo vizio di legittimità della misura stess rappresenterebbe comunque un chiaro indizio della natura indiscriminata e immotivata della misura applicata al proposto, nonché ai terzi. Invero, l’applicazione di tale misura a caric COGNOME si è trasformata in uno strumento per l’indiscriminata abiezione di ogni bene d quale l’intero nucleo familiare, e le relative società, risultassero titolari, senza alcun rap reale proporzione e strumentalità con le attività illecite riferite al proposto. Addirittura, di specie il complessivo valore dei beni è superiore rispetto agli stessi profitti asseritamente conseguiti dal COGNOME e posti a fondamento della valutazione di pericolosit generica.
Sì rappresenta, infine, che non possono farsi certo rientrare COGNOME valutazione di sproporzio indiscriminatamente tutte le uscite e financo l’ammontare dei mutui contratti (da terzi) che corrispondono ad alcuna fuoriuscita patrimoniale.
2.2. Il secondo motivo, concernente la posizione della terza interessata NOME, contes violazione degli artt. 19, 24 e 26 d.lgs. n. 159/2011 e vizio di motivazione, in rela all’erronea, ritenuta, sussistenza del requisito della fittizia intestazione e della disponi capo al proposto dei beni confiscati alla terza interessata, nonché alla sproporzione tra acquisti effettuati e la capacità economica della medesima. Inoltre, si evidenzia come il decre impugNOME fondi la confisca di tutti i beni di proprietà dei due ricorrenti, oltre c valutazione di pericolosità generica del proposto, anche sulla considerazione che gli acquisti beni immobili da parte della terza interessata, effettuati tra l’anno 2013 e l’anno 2019, fos da ritenere riconducibili al marito, in assenza di un’effettiva e sufficiente capacità econo della medesima.
In particolare, si rileva come nel provvedimento impugNOME manchi qualsivoglia considerazione dei beni confiscati alla terza interessata diversi dagli immobili, nonostante e siano indicati nel dispositivo del primo decreto applicativo e siano stati oggetto di spec doglianza nell’appello proposto. Invero, la già citata modalità di valutazione della sproporzi per masse indicata per il proposto ha determiNOME anche l’illegittima, ed indiscriminat
apprensione dei beni dei quali NOME COGNOME risultava titolare al momento della proposta difetto di alcuna motivazione circa la derivazione illecita (perché sproporzionata rispet redditi leciti) di tali specifiche poste attive del suo patrimonio.
Inoltre, si sottolinea come relativamente ai beni immobili confiscati, la motivazi offerta dalla Corte territoriale risulti comunque apparente COGNOME misura in cui ha affermato tali beni debbano ritenersi fittiziamente intestati alla ricorrente, in un periodo di “peri sociale del RAGIONE_SOCIALE, in una situazione di sproporzione”, sul presupposto che es asseritamente “collaboravano per una serie di attività”. Invero, di tale asserita collaborazio afferma la difesa – non vi è alcuna traccia negli atti del presente procedimento.
Si lamenta, dunque, l’assoluta mancanza di motivazione sia relativamente ai presupposti che consentirebbero di riferire al proposto la disponibilità dei beni di propriet terzi familiari, sia in ordine al preteso rapporto di sproporzione di ogni singolo acquisto ri alla capacità economica del soggetto che l’ha effettuato.
Contrariamente a quanto affermato nel decreto impugNOME a pag.12, si ritiene che i beni dei terzi possono essere confiscati a condizione che il preposto ne abbia la sostanzia disponibilità e non sulla base della mera presunzione che da tale rapporto di parentel discenderebbe che i beni siano loro fittiziamente intestati.
In sostanza, dunque, il decreto è viziato COGNOME misura in cui ritiene, da una parte poter pretermettere la dimostrazione del requisito della disponibilità sostanziale dei ben capo al proposto – quale presupposto della fittizia intestazione e della confisca presupposto che, trattandosi del nucleo familiare, basterebbe dimostrare la mancanza di capacità economica in capo al terzo per l’acquisto del bene, e dall’altra, di poter porre nel la dimostrata capacità economica di NOME COGNOME, proporzionata agli acquisti effettua dilatando in maniera indiscriminata l’onere probatorio ricadente sul terzo.
Si censura, inoltre, la parte del provvedimento impugNOME COGNOME parte in cui no premette alle statuizioni di confisca dei beni di proprietà della terza interessata al considerazione relativa alla sussistenza del rapporto di sproporzione, da effettuarsi c riferimento ai singoli acquisti: il decreto, dunque, considera indistintamente “sproporzion anche quegli acquisti avvenuti senza movimentazione di denaro, ma provenienti, ad esempio, dall’accollo di mutui, ovvero finanziati pacificamente da terzi; e rispetto a questi ultimi può dilatare a dismisura l’onere probandi del terzo interessato che si deve arrestare di fro alla dimostrazione di una liberalità.
Invero, i beni immobili acquistati dalla ricorrente si riducono al numero di tre ciascuno di essi, il decreto impugNOME, non ha fornito alcuna autonoma motivazione, né in ordine alla pretesa disponibilità di tali beni in capo al proposto, né in ordine alla sproporzione del denaro utilizzato per acquistarli rispetto alla capacità economica de ricorrente. I tre acquisti effettuati dalla medesima corrispondono, nel loro valore complessi ad un ammontare del tutto congruente con le somme delle quali la stessa pacificamente
disponeva nel periodo, derivanti da un’assoluta e dimostrata capacità economica, nonché dagli apporti di terzi.
Pertanto, ne deriva che la motivazione sottostante alla confisca di tali beni immob risulta del tutto mancante o apparente, in quanto il decreto non si confronta minimamente con le relative censure difensive, ponendo a fondamento del provvedimento elementi non congruenti con i presupposti legali e non motivando la pretesa fittizia intestazione d immobili al proposto, né l’incapienza del patrimonio della medesima ricorrente rispetto menzionati tre acquisti, valutati in base all’illegittimo, generico, criterio della spro familiare, senza il necessario approccio individualizzante.
A ciò si aggiunge come la Corte territoriale non fornisce alcuna motivazione rispetto al confisca di altri beni di proprietà della terza interessata, ossia il motoveicolo Honda TARGA_VEICOLO, alcuni conti correnti e un conto deposito personali, oltre che per le partecipazi sociali totalitarie e non totalitarie, ai quali si era già fatto riferimento nell’atto di app
Si censura, infine, la mancanza di motivazione rispetto alla confisca delle quote socia di NOME, di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché dei beni di proprietà delle prime due socie Invero, tale confisca si fonda su un’indebita confusione tra la situazione giuridica sogge della ricorrente e la distinta situazione giuridica delle società delle quali la stessa era decreto impugNOME avrebbe potuto disporre la confisca di tali quote sociali a condizione dimostrare che l’acquisto delle stesse soddisfacesse í requisiti di cui all’art. 24 d. 159/2011, ossia di dimostrare che si trattasse di beni COGNOME sostanziale disponibilità proposto, perché di valore sproporzioNOME rispetto alla capacità economica della ricorrente. sostanza, il decreto impugNOME pretenderebbe dì confiscare le quote sociali di RAGIONE_SOCIALE alla ricorrente in quanto le società medesime, amministrate anche da terzi, avrebbero effettuato acquisti di ammontare non proporzioNOME ai redditi del nucleo familiar RAGIONE_SOCIALE. Pertanto, laddove il decreto avesse voluto far riferimento alla pretesa f intestazione delle quote sociali, avrebbe dovuto raffrontare í redditi della ricorrente denaro impiegato dalla medesima per l’acquisto delle partecipazioni o eventualmente conferito a titolo di finanziamento soci e non con l’ammontare degli acquisti effettuati in proprio società.
A ben vedere il decreto, piuttosto, ipotizza la fittizia intestazione di alcuni be società (in particolare dei beni che le società hanno acquisito da COGNOME COGNOME vest venditore), ma anche il rapporto di sproporzione tra acquisti e redditi leciti interno alla si fonda, nel decreto impugNOME, su un’erronea selezione delle grandezze giuridicamente rilevanti: si intende chiarire tale profilo al fine di confutare ulteriormente la sussis quella situazione di sproporzione che il decreto attribuisce soggettivamente all’odier ricorrente anche mediante l’erronea considerazione degli acquisti della società tra le usci riferibili al nucleo familiare e l’erronea svalutazione dell’autonoma capacità economica deg enti in questione. Si era tra l’altro evidenziato, richiamando gli esiti della consulenza del COGNOME, come risultasse peraltro contabilmente dimostrato che le società (in particolare
NOME) disponessero di un rilevante cash tlow in grado di generare finanza, la quale a proprio volta consentiva alla società medesima di sostenere i costi dei mutui, con la messa reddito degli immobili via via acquistati.
In conclusione, si segnala che il decreto impugNOME riferisce la valutazione del sproporzione a soggetti non pericolosi diversi dal proposto – la moglie, in regime d separazione legale dal 2022, nonché le società delle quali la stessa è socia, che, peralt avrebbero dovuto essere, anch’esse, citate – così trasformando la misura di prevenzione a carico del preposto in uno strumento di preteso riequilibro tra reddito lecito e patrimon carico di soggetti terzi non pericolosi, con l’effetto di recidere quel legame implic pericolosità e sproporzione, che giustifica la stessa previsione normativa di cui all’art. 24 n. 159/2011.
l’acquisto dell’immobile, esso finisce per dilatare illegittimamente la stessa nozione giur della legittima provenienza, ancorando tale requisito, in violazione dell’art. 24 c all’ulteriore presupposto che le modalità di reperimento della provvista siano non solta dimostrate sul piano dei flussi di danaro ma siano ulteriormente giustificate da una sorta ‘causa’ giuridico-economica diversa dalla liberalità. Così ragionando il decreto si pone contrasto col consolidato orientamento di questa Corte in ordine al riparto dell’onus proban tra l’accusa e il terzo interessato, incombendo sull’accusa l’onere di dimostrare che l’utili ablare rientri tra quelle riferibili alla disponibilità sostanziale del proposto perché acqui provvista allo stesso ascrivibile, potendosi a tal fine avvalere delle presunzioni probatorie d allo stesso decreto legislativo 159/2011 ma dovendo tuttavia sostanziare la richiesta con grav indizi, precisi e concordanti; diversamente ai terzo inciso dall’iniziativa di prevenzione un onere meramente giustificativo, di allegazione contraria, che non può certo ritener calibrato sui canoni di uno statuto probatorio rigoroso e formale modulato su quello vigente materia petitoria, che assurgerebbe altrimenti al rango di probatio diabolica.
Sicché, nel caso di specie, è dimostrata l’effettiva capacità economica del terzo di acquistar bene con provviste lecite, e tale capacità economica non può dunque essere a propria volta valutata negli stessi termini nei quali si realizza la valutazione della capacità redditua proposto, trattandosi di terzo non pericoloso.
Il decreto, in ogni caso, nemmeno ipotizza un rilevante legame tra il reperimento dei fondi p l’acquisto dell’immobile e le provviste illecite COGNOME pretesa disponibilità del proposto; il pretende allora di ricollegare il bene immobile al proposto sull’illegittimo presupposto questi ulteriori soggetti terzi finanziatori (COGNOME in particolare ma anche COGNOME) doves propria volta dimostrare la lecita provenienza delle somme utilizzate per rimborsare le rate d mutuo, dovendosi altrimenti presumere (come pare implicito della motivazione del decreto) che pure tali fondi derivassero dal proposto. Il legame tra il bene e il proposto diviene a meramente ipotetico e doppiamente presunto al di fuori delle presunzioni di legge.
1.I1 Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1.Prima di addentrarsi nell’esame di ciascuno di essi s’impongono delle preliminari precisazioni, comuni, riguardo ai vizi denunciati e ad alcuni dei temi sollevati.
Si deve innanzitutto premettere che ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 159 del 2011, il ri per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure di prevenzione personali e patrimoniali è limitato alla sola violazione di legge, mentre è esclusa dal novero dei deducibili l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc.
inoltre, secondo il costante orientamento di questa Corte, può essere denunciato in sede d legittimità, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo legale di provvedere, anche in di appello, con decreto motivato, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266365; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv. 266365).
Sicché i ricorsi, COGNOME parte in cui propongono censure meramente reiterative d questioni, puntualmente, già vagliate nei provvedimenti di merito – nel caso di specie, particolare, nel provvedimento del Tribunale rispetto al quale i motivi di appello proponeva questioni già esaurientemente in esso affrontate – solo formalmente denunciano l’apparenza della motivazione o l’omessa considerazione delle deduzioni difensive, in realtà, deducono viz di motivazione.
Per altro verso, va in premessa altresì precisato che, nel caso di specie, la valutazio dei giudici di merito non è frutto della denunciata inversione dell’onere della prova in secondo la difesa, sarebbero incorsi i giudici di merito. Ed invero, la valutazione di questi ultim non è censurabile alla luce dei principi affermati da questa Corte, secondo i quali in tema misure di prevenzione patrimoniali, l’onere di allegazione difensiva in ordine alla legi provenienza dei beni non può essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza di una provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo invece, indic gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquistato proventi dì attività illecita, ovvero ricorrendo ad esborsi non sproporzionati rispetto al capacità reddituale (Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, COGNOME e altri, Rv. 273388 in cui s precisato che l’acquisto dì un immobile mediante l’accensione dì un mutuo non costituisce dimostrazione della legittima provenienza della provvista, dovendosi fornire la prova del disponibilità di risorse lecite e sufficienti a sostenere il pagamento delle rate mensili, n di specie mancanti, in quanto il nucleo familiare del proposto non disponeva di redditi; ne stessa linea Sez. 6, n. 31751 del 09/06/2015, Rv. 264461, Sez. 5, n. 20743 del 07/03/2014, Rv. 260402).
Non è, dunque, innanzitutto, sufficiente allegare l’accensione dì un mutuo per dimostrare la lecita provenienza della provvista necessaria a far fronte all’acquisto, occorre dimostrare la disponibilità di risorse sufficienti a sostenere il pagamento delle rate mensil è, infatti, affermato che la presunzione relativa di illecita accumulazione, fondata sproporzione dei beni confiscati e sull’assenza di prova della loro legittima provenienza, ope anche nel caso in cui l’acquisto del bene confiscato sia avvenuto mediante ricorso al credit bancario, posto che tale finanziamento deve essere rimborsato ed ha un costo, sicché è in relazione a tale onere finanziario che deve essere valutata l’eventuale incapienza di risor lecite da parte del prevenuto e del suo nucleo familiare (Sez. 5, n. 33038 del 08/06/2017, ter in proc. Valle, Rv. 271217).
E’ anche il caso, in premessa, di precisare, che devono ritenersi generici i motivi che come COGNOME specie, a fronte della notevole sperequazione registrata, sia con valutazion
complessiva che relativa alle singole annualità, non superata da idonea documentazione o da giustificazioni credibili circa la provenienza della provvista utilizzata per gli investi appuntano su argomenti astratti tendenti ad inficiare il metodo ricostruttivo adoperato sen un effettivo confronto con la ricostruzione svolta dai giudici di merito nelle conformi pron di primo e secondo grado (in particolare nel provvedimento del Tribunale, che ha espressamente affrontato il tema qui riproposto, rispetto al quale peraltro negli atti di ap non immuni anch’essi da genericità, nulla di specifico veniva contro-dedotto, sicché il richia contenuto nel provvedimento impugNOME a quello di primo grado, in parte qua, si è risolto in una risposta adeguata, tenuto conto della complessiva ricostruzione fatta propria dalla Corte d appello, senza che ciò si sia tradotto in un’acritica adesione).
2.11 ricorso nell’interesse di NOME.
L’unico motivo articolato è – oltre che meramente reiterativo di questione già svol peraltro, genericamente in appello – nel suo complesso aspecifico, non confrontandosi con le ragioni argomentative poste dalla Corte di appello a fondamento della sua decisione, e, in ogn caso, nessuna delle deduzioni che esso indica integra una violazione di legge, avendo in buona sostanza i giudici di merito dato conto, con motivazione non affatto apparente, delle ragio per le quali dovesse ritenersi fittizia l’intestazione del bene in capo a tale terzo inter figlio adottivo del proposto.
Innanzitutto, tenuto conto che le doglianze difensive ruotano intorno all’argomento dell corretta ripartizione degli oneri probatori tra accusa e difesa, è il caso di precisare provvedimento impugNOME non ha rigettato l’appello sul presupposto che il terzo interessato NOME COGNOME, non avesse adempiuto all’onere di allegazione riguardo alla natura del somme che sarebbero confluite sul suo conto corrente, ma ha piuttosto valorizzato quanto ha costituito il frutto dell’accertamento svolto dal proponente, evidenziando come ques attraverso le verifiche operate, COGNOME giunto alla conclusione che il denaro era comunque da ricondurre a soggetti privi dì redditi idonei a giustificare le somme elargite; e a fronte certi, esiti di indagine, il ricorrente non ha contro-dedotto alcunché di specifico, nè ha all quanto meno prospettandoli, aspetti specifici idonei a configurare un’ipotesi alternativa reddito da parte degli assunti terzi finanziatori. Il ricorrente si limita piuttosto a c come eccessivo l’onere probatorio imposto al terzo interessato assumendo che sullo stesso non incombesse nient’altro se non l’allegazione di somme rivenienti da soggetti terzi e non d proposto; tuttavia, nel momento in cui l’accusa ha dimostrato che quelle somme non trovano giustificazione nei redditi dì coloro che ebbero a conferirle al terzo interessato in quest questi avrebbe dovuto procedere ad ulteriori allegazioni e non limitarsi ad assumere di aver già esaurito il proprio onere di adempimento; in mancanza di ciò, si è quindi, in buona sostanza, ritenuto, con motivazione nel suo complesso non affatto apparente, che l’acquisto del bene, stante il rapporto di parentela dì NOME col proposto e l’assenza, d’altro cant alcun legame, invece, col presunto terzo finanziatore, COGNOMECOGNOME COGNOME stato foraggiato
proposto, l’unico ad avere disponibilità economica adeguata – in considerazione delle sue attività illecite – a coprine il costo.
Una siffatta impostazione da parte del proponente, accolta dai giudici di merito, non pu ritenersi in violazione di legge dal momento che affinché possa considerarsi il contributo terzo finanziatore idoneo a spiegare la diversa natura della provvista dell’acquisto del t interessato, parente del proposto, è necessario che il terzo interessato, ove non dotato redditi propri, alleghi una provvista idonea a giustificare l’apporto e ciò vieppiù allorq come nel caso di specie, il legame intercorre non col soggetto che avrebbe elargito, sine causa, il contributo (circostanza che rende già di per sé sospetta l’elargizione ove non supportata adeguata indicazione della ragione giustificatrice della presunta donazione), ma appunto co proposto.
Lo stesso ricorso, invero, parla di un’attribuzione a titolo di donazione ed assume c una siffatta imputazione dia adeguatamente conto della natura della provvista e della su derivazione, laddove, come detto, è proprio l’origine di quei contributi a non trovare adegu giustificazione secondo gli accertamenti svolti dall’accusa, non oggetto di specif contestazione; e da ciò è derivata la conseguente svalutazione di quegli apporti ritenuti definitiva non dimostrativi di alcunché.
Sicché, per altro verso, si deve osservare che non è stata quindi la mancata dimostrazione del possesso di redditi leciti, da parte dei terzi finanziatori, ad ind ravvisare la intestazione fittizia in capo a NOMENOME quanto piuttosto la mancata allegazion parte di questi, terzo interessato privo di redditi propri, di elementi idonei a suffra copertura dell’acquisto con mezzi diversi da quelli riconducibili agli introiti illeciti del pr
In altri termini, l’allegazione di donazioni da parte di chi non era in grado di effet è stata, con argomenti congrui e non affatto in contrasto con lo spirito delle norme di cui denunciata la violazione, ritenuta ragione non idonea a superare la presunzione dell’intestazione fittizia del bene al figlio convivente del proposto non provvisto di mezzi (e ciò senza considerare che i giudici di merito hanno rilevato anche la genericità de indicazioni/allegazioni relative alla entità delle somme oggetto di donazione).
Tale impostazione non può ritenersi in contrasto con quanto affermato da questa Corte COGNOME pronuncia 4 Sez. 5, Sentenza n. 8984 del 19/01/2022, Rv. 283979 – 02 (che ha affermato che in tema di misure di prevenzione patrimoniali, non può porsi a carico del terzo, riten fittizio intestatario dei beni oggetto della richiesta di confisca, l’onere proba dimostrazione della legittima provenienza delle risorse utilizzate per gli acquisti, non esse egli, per definizione, il soggetto portatore di pericolosità, poiché il primo passaggio dimostrazione della scissione tra titolarltà formale del bene e impiego delle risorse spe comunque alla pubblica accusa, che afferisce il caso del terzo interessato non familiar convivente del proposto, ed avendo in ogni caso, l’accusa, COGNOME specie, indicato gli elemen che depongono per la inidoneità della giustificazione offerta a fronte della presunzione di le esistente per I terzo familiare).
Il motivo è dunque nel suo complesso, oltre che meramente reiterativo e generico, manifestamente infondato.
Il ricorso proposto nell’interesse dì COGNOME NOME e NOME.
3.1.Quanto al primo motivo – di là dei profili di novità che esso presenta rispetto pur generiche deduzioni dell’appello che si appuntavano, comunque, sull’accertamento della pericolosità del proposto (qui non ulteriormente contestata) e non sui rilievi formulati in – si osserva che .ai fini della confisca di prevenzione ciò che occorre accertare – ed è sta caso di specie oggetto di puntuale accertamento da parte dei giudici di merito nei confor provvedimenti di primo e secondo grado – è la riferibilità al proposto – COGNOME NOME reati lucrogenetici che hanno prodotto, secondo quanto si riporta nel decreto impugNOME ingenti profitti, non essendo, invece, necessario stabilire uno specifico collegamento tra pro illecito e singolo acquisto, perché ciò che rileva è, piuttosto, la sproporzione esisten quanto acquistato e quanto introitato lecitamente; sicché è proprio quel divario esorbitant cui fa riferimento il ricorso ad essere più che sufficiente per presumere che si siano fronteg gli acquisiti con proventi illeciti, rilevando la sproporzione di per sé e non in rapporto al delle entrate illecite, non trattandosi di tracciare il reinvestimento del profitto ille stabilire se, a fronte di accertata pericolosità generica, gli acquisti trovino una ragio giustificazione o rimangano in tutto o in parte privi di copertura lecita (d’altronde, la mi prevenzione della confisca si applica – e nel caso di specie in tal senso è stata applicat coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di che vivano abitualmente, anche in parte, con í proventi di attività delittuose. Ed invero, s riguardo affermato che in tema di misure di prevenzione patrimoniale, con riferimento alla c. pericolosità generica di cui all’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. necessità di correlazione temporale tra pericolosità sociale del proposto ed acquisto dei be presuppone l’accertamento del compimento di attività delittuose capaci di produrre reddito Sez. 1, Sentenza n. 13375 del 20/09/2017, dep. 22/03/2018, Rv. 272702 – 01, non altro). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, a fronte della accertata pericolosità del proposto – si ripete, messa in discussione in ricorso – , è proprio il notevole divario riscontrato tra entrate lec valore dei beni che ha indotto a ritenere la provvista utilizzata per glì investimenti di illecita; divario che peraltro non è stato ritenuto colmato neppure tenendo conto de copertura finanziaria di terzi finanziatori – a loro volta privi di reddito sufficiente – l è rimasta in ogni caso dubbia e non specificamente indicata.
Quanto poi alla doglianza che si appunta sul fatto che si sarebbero fatte rientrare n valutazione di sproporzione indiscriminatamente tutte le uscite e financo í pagamenti deg oneri tributari, per le deleghe TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO, con somme ricevute dai clienti, la Corte di appel offerto puntuale risposta al riguardo osservando che risulta espressamente indicato nell proposta come il calcolo, censurato nei medesimi termini anche in appello, sia stato effettua
tenendo conto delle movimentazioni in uscita dai conti correnti, con espressa esclusione dei pagamenti per le deleghe TARGA_VEICOLO e TARGA_VEICOLO.
Quanto ai residui rilievi, essi attengono precipuamente ai beni formalmente intestati a moglie del proposto, NOME, sicché verranno affrontati nel prosieguo, allorquando si tratterà di seguito, il secondo motivo di ricorso a lei dedicato.
12.11 secondo motivo che, come detto, riguarda specificamente la posizione della RAGIONE_SOCIALE, si appunta, in premessa, su aspetti della motivazione svolta nel provvedimento impugNOME così, ad esempio, la doglianza che lamenta la mancanza di prova della asserita collaborazione tra il proposto e la terza interessata – che non hanno un rilievo specifico ai fin ricostruzione su cui si fonda l’impostazione dell’accusa; né il motivo ne indica la spec rilevanza ai fini di un diverso esito decisorio.
Quanto, poi, alle deduzioni che contestano la fittizietà delle intestazioni facendo leva mancanza di prova della disponibilità dei beni da parte del proposto e sulla capacità economica della terza interessata, in considerazione delle liberalità intervenute in suo favore, soccor gli argomenti già spesi nell’analizzare il ricorso proposto nell’interesse dell’altr interessato, NOME COGNOME, trattandosi anche in tal caso di somme che si assumono erogate a titolo di donazione da parte di terzi finanziatori, risultati privi di redditi adeguati, COGNOMEro stati peraltro esattamente, neppure, indicati gli importi che sarebbero nel tem confluiti COGNOME disponibilità della COGNOME (così in particolare per le somme che sarebbero elargite da COGNOME in virtù del presunto rapporto sentimentale che lo stesso avreb intrattenuto con la moglie del proposto, COGNOMECOGNOME sin dal 2010, della cui esistenza nei te indicati dalla difesa i giudici di merito hanno fortemente dubitato, giungendo a rite inverosimile la versione offerta che fa risalire la relazione extraconiugale a tempi remoti e tende a ricondurre, tout court, le elargizioni alla esistenza di tale relazione, a fronte del cointeressenze di tipo economico, emerse tra i tre, che vedono COGNOME piuttosto coinvolt anche nelle società formalmente intestate alla RAGIONE_SOCIALE e che sono state ritenute di fatto proposto).
Quanto, poi, al profilo dei mutui contratti (anche da terzi), si richiama tutto qua premessa osservato al riguardo, alla luce degli orientamenti espressi da questa Corte sul tema, precisando che nel caso di specie non si contesta che le rate siano state poi effettivament pagate.
In ordine alla prova della disponibilità dei beni da parte del proposto, di cui pure si lamen mancanza, la ricorrente trascura che la posizione del coniuge, dei figli e dei conviventi proposto è del tutto distinta da quella degli altri terzi, in quanto nei confronti dei disponibilità dei beni da parte del proposto è presunta, senza necessità di specif accertamenti ex art. 26 d.lgs. 159/1.1, a differenza dì quanto richiesto per gli altri terzi cui interposizione fittizia, invece, devono risultare gli elementi di prova (Sez. 5, n. 8922/ 26 ottobre 2015, COGNOME e altro, Rv. 266142; Sez. 1, n. 5184/16 del 10 novembre 2015, Trubchaninova, Rv. 266247).
Ne discende che la dimostrazione della insufficiente disponibilità economica del terz finanziatore e la rilevata sproporzione, in negativo, dei redditi della ricorrente, risultan accertamenti in atti come recepiti nei provvedimenti di merito, è stata correttamente riten sintomatica della fittizietà dell’intestazione dei beni alla ricorrente, di fatto da rite disponibilità del proposto in quanto dal medesimo acquistati con proventi illeciti.
In tema di misure di prevenzione patrimoniali, ai fini della confisca di cui all’art. 24 settembre 2011, n. 159 è invero la disponibilità da parte del proposto di beni formalment intestati a soggetti terzi non familiari conviventi – privi di risorse economiche prop richiedere che siano acquisiti specifici elementi di prova del carattere fittizio dell’inte (Sez. 6, Sentenza n. 10063 del 11/01/2023, Rv. 284608 – 01), laddove per i beni COGNOME titolarità del coniuge, dei figli e dei conviventi la disponibilità è legittimamente presunt la necessità di specifici accertamenti.
In altri termini, il sequestro e la confisca di prevenzione possono avere ad oggetto i beni coniuge, dei figli e degli altri conviventi, dovendosi in tal caso ritenere la sussistenza presunzione di “disponibilità” di tali beni da parte del prevenuto – senza necessità di spe accertamenti – in assenza di elementi contrari anche al di fuori dei limiti posti dall’art lgs. n. 159/2011 (Sez. 5, n. 8922/16 del 26/10/2015, COGNOME e altro, Rv. 266142; Sez. 6, 43446 del 15/06/2017, COGNOME e altri, Rv. 271222). Tale principio presuppone l convivenza tra il proposto ed i familiari intestatari dei beni e sprovvisti di autonoma capa economica, che deve essere positivamente dimostrata, ma tale prova ben può essere tratta anche su base logica, purché dotata di idonei fondamenti fattuali; e nel caso di speci l’assunta separazione di fatto in epoca risalente contrasta con gli accertamenti svolti i cui sono stati adeguatamente vagliati dai giudici di merito nei conformi provvedimenti di primo secondo grado che danno conto di come i rapporti, dì convivenza, tra il proposto e sua moglie NOME siano continuati nel tempo, di là della presunta relazione sentimentale che la ste avrebbe intrattenuto con COGNOME NOMENOME risultando peraltro consolidati, in tutto l temporale di interesse, non solo i rapporti personali tra la moglie e il proposto, ma anche qu di tipo economico ed affaristico, essendo emerso il pieno coinvolgimento di entrambi – olt che, in parte, dello stesso COGNOME – , a vario titolo, nelle varie vicende soci patrimoniali che ebbero a involgere le vite dei predetti intrecciandole anche sotto il profilo affari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sicché, per altro verso, si deve ritenere che alcuna inversione dell’onere della prova s verificata avendo l’accusa dimostrato, secondo quanto adeguatamente motivato dal Tribunale, prima, e dalla Corte di appello, poi, non solo il rapporto esistente tra il proposto e la m COGNOME, ma anche la natura illecita della provvista adoperata per gli acquisti formalmente rif alla predetta, sicché non si può in alcun modo ritenere sussistente il vizio della motivazi apparente dedotto in ricorso (che quindi erroneamente lamenta che i beni del coniuge e dei figli sarebbero stati confiscati per il solo fatto del rapporto di parentela, ovvero presunzione assoluta della loro intestazione fittizia).
Ed invero, quanto all’assunto difetto della sproporzione – rispetto al quale il mot meramente reiterativo di questioni già indicate nei motivi di appello appello, che faceva anche lì in buona sostanza leva sulla consulenza tecnica del dr. COGNOME, già oggetto di puntuali diffuse valutazioni nei conformi provvedimenti di merito – si deve rilevare che la sproporzi non è stata affatto valutata nei termini generici ed omnicomprensivi che assume la difesa definita, in ricorso, come mera sproporzione familiare -, avendo i giudici – in particolare di primo grado cui competeva la specifica verifica – considerato anno per anno le vari sproporzioni in relazione agli introiti del proposto e della moglie ed affrontato anche lo spec punto – qui nuovamente chiamato in causa – della provenienza di somme di denaro da terzi finanziatori, in particolare da COGNOME, che la difesa assume costituire idoneo eleme dimostrativo della liceità della provvista della terza interessata COGNOME, pure in asse indicazione specifiche sui relativi importi e pure a fronte dell’accertata inidoneità redditua predetto a giustificare le elargizioni indicate.
Non si tratta, dunque, come già sopra esposto, di paradossale necessità di dimostrare anche la capacità patrimoniale del terzo finanziatore, dal momento che è l’accusa ad aver dimostrato la mancanza di mezzi da parte dello stesso di far fronte a quegli esborsi in favore della Isuf delle società, e a fronte di ciò nulla sia è ulteriormente allegato.
In ogni caso, per tutto quanto esposto, non si può affatto ritenere che sussista il vizio motivazione mancante/apparente – come detto, unico vizio motivazionale azionabile in materia di misura di prevenzione come violazione di legge.
Nel resto le doglianze svolte con il motivo in esame costituiscono la mera riproposizione del censure proposte con il gravame dì merito e debitamente già confutate dai giudici di merito nelle conformi pronunce di primo e secondo grado, con motivazione, unitariamente letta, con la quale il ricorrente nemmeno si è debitamente confrontato, ovvero degenerano nel fatto o denunziano meri vizi di motivazione, come detto indeducibili ìn questa sede, ovvero – ancora denunciano questioni non oggetto di espressa censura in appello (così, ad esempio, per gli ulteriori profili argomentati con riferimento alle società e in particolar modo alla RAGIONE_SOCIALE
Si può COGNOME presente sede solo precisare che la mancata citazione delle società in quanto tal deriva, verosimilmente, dall’applicazione dell’orientamento di legittimità pacificame delineatosi nel corso degli anni sul tema, secondo cui, nel caso dì confisca dell’intero capi sociale di una società e dì beni formalmente intestati alla stessa, legittimati a costitu giudizio, ai sensi dell’art. 23, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, e a proporre impugnazio sono solo le persone fisiche titolari dei diritti nascenti dalle quote sociali e non, in persona giuridica in quanto tale (Sez. 1, Sentenza n. 42238 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270973; Sez. 1, Sentenza n. 35793 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 276939). In particolare, si è chiarito che, ad essere oggetto della procedura di prevenzione sono i beni riferibili, anche fatto, al soggetto proposto, sicché, qualora si tratti di beni formalmente intest terzi/persone giuridiche, la procedura di prevenzione riguarda non già le persone giuridiche quanto tali, ma le persone fisiche che, in quanto terzi apparenti titolari delle quote sociali
dal provvedimento ablatorio, sono chiamate ad allegare elementi di prova contraria sul tema della «disponibilità» dei beni in capo al proposto (in tal senso, cfr. già Sez. 1, n. 488 8/10/2013, Rv. 257605). La procedura di prevenzione è strumento con cui si tende a recuperare ì beni di illecita provenienza, tendenzialmente frutto dell’attività ‘pericolosa dal proposto, svelando i meccanismi di eventuale intestazione fittizia (realizzati tr persone fisiche o giuridiche); per questo, evidenzia la sentenza COGNOME, “i contradditt naturali, in ipotesi di beni intestati a compagini societarie, sono .. i soggetti (persone titolari dei diritti nascenti dalle quote sociali, incisi COGNOME disponibilità immediata diritti e nelle loro aspettative patrimoniali correlate alla ‘proiezione’ del valore delle patrimonio sociale oggetto di potenziale confisca. Gli organi amministrativi delle soci sottoposte al vincolo non hanno, infatti, alcuna legittimazione ad agire in giudiz prevenzione (non trattandosi di un procedimento teso ad irrogare sanzioni alla società, come quello previsto e regolamentato dal d.lgs. n.231 del 2001)”.
In conclusione, le doglianze mosse dai ricorrenti – in parte coincidenti nell’impostazione e n contenuti – avendo finito col sindacare, in assenza di violazioni di legge, la motivazi azionando un vizio non deducibile in Cassazione allorquando si tratti di misure di prevenzione sono, come sopra detto, proprio inammissibili.
Dalle ragioni esposte deriva pertanto la declaratoria di inammissibilità dei ricors consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna deì ricorrenti al pagamento dell spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili colpa emergenti dal medesimo atto ìmpugNOMErio, al versamento, in favore della cassa delle ammende, dì una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle sp processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/3/2024.