Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3100 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3100 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di:
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Catania del 6.7.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6.7.2023, il Tribunale di Catania ha respinto l’appello che era stato proposto nell’interesse di NOME COGNOME contro l’ordinanza del
GIP del Tribunale del capoluogo etneo che aveva a sua volta rigettato la richiesta di dissequestro dell’immobile sottoposto a vincolo cautelare e sito in Comune di Augusta, INDIRIZZO;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 violazione di legge per erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 240-bis cod. pen.: rileva che il provvedimento impugnato è viziato da erronea interpretazione ed applicazione della norma suindicata oltre che da carenza e manifesta illogicità della motivazione rispetto alle allegazioni difensive; osserva che la motivazione replica, di fatto, quella del provvedimento adottato dal primo giudice contraddicendo, peraltro, le affermazioni rese dallo stesso Tribunale in precedenza; ribadisce che, al momento del rogito, l’acquisto era stato effettuato con denaro proveniente dalle vincite SNAI del maggio 2014 avendo la difesa già prodotto l’atto di vendita del motociclo BMW R12W per la somma di euro 16.000 oltre che quella, successivamente reperita, relativa alla vendita del motociclo Honda RC62 per euro 2.000, consegnati ancor prima dell’atto di vendita, come riferito dall’acquirente sentito in sede di indagini difensive; aggiunge che il ricorrente percepiva la somma di euro 12.000 quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE e che svolgeva attività di procacciatore d’affari proseguita anche dopo la formale cessazione della ditta; quanto alla disponibilità dimostrata dal venditore, richiama le risultanze RAGIONE_SOCIALE informazioni da costui rese in sede di indagini difensive e, inoltre, ribadisce la produzione della documentazione bancaria ufficiale; quanto al profilo della contiguità temporale, rileva che il controllo del 2012 era del tutto irrilevante ai fini della imputazione provvisoria ed evidenzia che l’attività del COGNOME, proseguendo anche successivamente alla chiusura formale della ditta, si era svolta producendo redditi non dichiarati al Fisco mentre la COGNOME svolgeva attività di parrucchiera fruendo, entrambi, dell’aiuto economico RAGIONE_SOCIALE famiglie di origine; richiama, ancora, l’arresto RAGIONE_SOCIALE SS.UU. sulla natura non retroattiva della disposizione di cui all’art. 578-bis cod. proc. pen.; Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità del ricorso: rileva, infatti, che la difesa reitera le medesime doglianze formulate in sede di appello, inidonee, a suo avviso, a disarticolare il percorso argomentativo dell’impugnata ordinanza che esplicita come le condizioni di acquisto dell’immobile e l’insufficienza dei proventi leciti dedotti dal ricorrente consentano di ritenere ragionevolmente la fondatezza del provvedimento ablatori;
la difesa ha trasmesso una memoria in replica alle conclusioni della Procura Generale: insistendo sulla ammissibilità del ricorso, richiama, quanto al
profilo della violazione di legge, le informazioni provvisorie sulla decisione RAGIONE_SOCIALE SS.UU. 24335 del 2023, le cui motivazioni non sono state ancora depositate, e che assume rilievo nel caso di specie in quanto, ancorché il contratto di acquisto dell’immobile in sequestro rechi la data del 24 gennaio 2014, i relativi pagamenti sono stati effettuati in epoca successiva alla stipula con entrate collocabili nel periodo compreso proprio nel segmento tracciato dalle SS.UU, e cioè tra il maggio 2014 ed il novembre 2017, con la necessità, pertanto, ed al fine di accertare la capacità economica dei coniugi COGNOME e di valutarne la congruità, di considerare, oltre ai redditi dichiarati e documentati, tutto quanto posseduto dagli stessi; ciò, sottolinea, alla luce dell’orientamento già affermatosi in precedenza, secondo cui, almeno sino all’anno 2017, era consentita la prova RAGIONE_SOCIALE condotte di evasione fiscale al fine di dimostrare l’assenza di sproporzione di valori tra redditi e investimenti, il che, osserva, vale in particolare per la proprietaria dell’immobile, COGNOME NOME, la quale, in quanto soggetto terzo interessato, ben avrebbe potuto giustificare l’acquisto dell’immobile con redditi non dichiarati al Fisco: conclude, in definitiva, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate ovvero non consentite in questa sede.
1.1 Non è inutile, in primo luogo, ribadire che il ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in siffatta nozione dovendosi peraltro comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione che risultino così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr., in tal senso, tra le tante, Sez. 2, 18951 del 14/03/2017, Napoli ed altro, Rv. 269656 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893 – 01; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093 – 01 e, in ogni caso, già Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01).
1.2 Il sequestro di cui si discute è stato adottato ai fini della confisca ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. in relazione ai reati “spia” di cui agli artt. 416 416-bis e 512-bis cod. pen..
È appena il caso, pertanto, di ribadire che la confisca “per sproporzione” presuppone unicamente che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiretta dell’interessato, se questi sia stato dichiarato colpevole di uno dei cc.dd. “reati spia” tassativamente indicati, e che detti beni corrispondano ad un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata (cfr., Sez. 1, n. 13242 del 10/11/2020, dep. 2021, Fortuna, Rv. 280986 – 01; Sez. 2 – , n. 3854 del 30/11/2021, Aprovitola, Rv. 282687 – 01).
È altrettanto noto che le Sezioni Unite di questa Corte, con decisione che il collegio condivide e richiama, hanno inoltre chiarito che la confisca ex art. 240-bis cod. pen. può essere disposta in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilità del condannato, fermo il criterio di “ragionevolezza temporale”, fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima (cfr., Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella, Rv. 281561 – 01).
2. Tanto premesso, rileva il collegio che il Tribunale ha fatto in primo luogo presente che il sequestro era stato adottato nell’ambito del procedimento 11982 del 2017 RGNR e disposto per i reati di cui agli artt. 416, 416-bis, 110 e 512-bis cod. pen. ascritto a COGNOME ed alla moglie NOME COGNOME in quanto formale avente causa nell’acquisto dell’immobile in sequestro e di terza interessata.
Il GIP, secondo la difesa, non avrebbe tenuto conto della ulteriore documentazione prodotta al fine di integrare la prova della disponibilità di adeguate risorse finanziarie, da parte del COGNOME e della COGNOME, idonee a far fronte all’acquisto immobiliare di cui si discute richiamando, in particolare, i proventi RAGIONE_SOCIALE vincite SNAI del maggio 2014 ed il ricavato della vendita di due motocicli producendo documentazione acquisita dallo studio AVV_NOTAIO sul secondo motociclo; il compenso annuo del COGNOME pari a 12.000 euro quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE.
La difesa aveva inoltre contestato la sussistenza del principio di “ragionevolezza temporale” tra la data dei resti per i quali era intervenuta condanna e gli acquisti “incriminati”.
Il Tribunale, con argomentazione “in fatto”, assolutamente incensurabile in questa sede, ha tuttavia ribadito che, pur a fronte della riferita “flessibilità” de venditore, alla data della stipula del contratto di compravendita, ovvero nel gennaio del 2014, i coniugi non avevano la provvista necessaria per far fronte
all’acquisto del terreno dando conto, in maniera analitica, RAGIONE_SOCIALE risorse mensilmente disponibili dai coniugi COGNOME/COGNOME, stimati come a mala pena sufficienti a garantire le esigenze primarie di vita del nucleo familiare laddove la parte più cospicua RAGIONE_SOCIALE vincite era intervenuta circa otto mesi dopo la stipula del contratto e quattro mesi dopo l’inizio del pagamento dei ratei, di modo che la pur asserita “flessibilità” nella ricezione del prezzo e l’aiuto dei familiari si risolve nel prospettazione di una ricostruzione postuma finalizzata a superare i precedenti rilievi del Tribunale.
Ha spiegato, inoltre, che anche la vendita dei due motocicli è di molto successiva mentre, sotto il profilo della “ragionevolezza temporale”, non è ravvisabile un rilevante divario in quanto il bene era stato acquistato nel 2014 con pagamenti differiti in venti ratei decorrenti dal febbraio di quell’anno e sino alla fine del 2015.
Il provvedimento impugnato risulta, pertanto, immune da censure suscettibili di essere ricondotte a profili di violazione di legge.
Con la memoria difensiva trasmessa nei termini, la difesa ha fatto riferimento al recente arresto RAGIONE_SOCIALE SS.UU. del 26.10.2023 di cui è disponibile la sola informazione provvisoria: l’organo di vertice della nomofilachia era stato chiamato infatti a dirimere il contrasto insorto sulla questione se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca il divieto – già stabilito dall’art. 12-sexies, comm 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come sostituito dall’art. 31della legge 17 ottobre 2017, n. 161 e oggi previsto dall’art. 240-bis, primo comma, cod. pen. – di giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19/11/2017, ossia prima del giorno di entrata in vigore dell’art. 31 della legge n. 161 del 2017; la soluzione adottata è stata affermativa, affermativa, fatta eccezione per i beni oggetto della confisca o del sequestro ad essa finalizzato acquistati con entrate di denaro ricomprese nel lasso temporale tra il 29 maggio 2014, data della pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 33451/2014 ric. COGNOME, e il 19 novembre 2017, data di entrata in vigore della legge n. 161/2017.
Premesso, dunque, che l’acquisto di cui si discute in questa sede ricade proprio in quella “finestra” temporale, la difesa ha invocato la necessità, per il giudice della cautela, di tener conto dei redditi da evasione fiscale allegando che il ricorrente aveva proseguito, sia pure “in nero”, l’attività di procacciatore d’affari già in precedenza svolta presso la RAGIONE_SOCIALE, di cui era amministratore unico,
producendo redditi non dichiarati al Fisco mentre la moglie svolgeva attività di parrucchiera.
E’ dunque, in astratto, invocabile il principio secondo cui la presunzione di illegittima provenienza RAGIONE_SOCIALE risorse patrimoniali accumulate da un soggetto condannato per determinati reati di cui all’art. 12-sexies DL n. 306 del 1992 deve escludersi in presenza di fonti lecite e proporzionate di produzione, sia che tali fonti siano costituite dal reddito dichiarato ai fini fiscali, sia che provengano dall’attività economica svolta, benché non evidenziati, in tutto o in parte, nella dichiarazione dei redditi (cfr., Sez. 6, n. 21265 del 15/12/2011, COGNOME, Rv. 252855 – 01 ; Sez. 1, n. 13425 del 21/02/2013, COGNOME, Rv. 255082 01, secondo cui il giudice, qualora l’imputato dimostri la lecita titolarità di beni e di attività economiche non denunciati al fisco, è obbligato a tenerne conto nel suo libero convincimento fornendo adeguata e puntuale motivazione in ordine alle giustificazioni fornite dall’interessato).
E, tuttavia, il collegio non può non rilevare il carattere assolutamente generico dell’allegazione difensiva, non avendo il ricorrente nemmeno tentato di quantificare le risorse di cui egli avrebbe avuto modo di disporre e che non avrebbe dichiarato al Fisco: questa Corte ha d’altra parte e condivisibilmente affermato che la presunzione di illegittima provenienza di risorse patrimoniali accumulate da un soggetto condannato per il reato di cui all’art. 12-sexies della legge n. 356 del 1992 deve escludersi in presenza di fonti lecite e proporzionate di produzione, sia che esse siano costituite dal reddito dichiarato ai fini fiscali sia che provengano dall’attività economica svolta, benché non evidenziate, in tutto o in parte, nella dichiarazione dei redditi, con la conseguenza che, tuttavia, è preciso onere dell’interessato dimostrare che i beni sequestrati sono stati acquistati con il provento di attività economiche non denunciate al fisco (cfr., sul punto, anche Sez. 2, n. 49498 del 11/11/2014, COGNOME, Rv. 261046 – 01); in definitiva, il ricorrente non può limitarsi a dedurre, in maniera del tutto generica, e senza alcuna loro quantificazione nemmeno approssimativa, di avere avuto a disposizione risorse “in nero” suscettibili di essere valutate ai fini del giudizio di “sproporzione”.
3. In ogni caso, dal provvedimento impugnato risulta che il bene di cui si discute, e del quale è stato sollecitato il dissequestro, è intestato alla RAGIONE_SOCIALE “… formale avente causa nell’acquisto e terza interessata” (cfr., pag. 1 dell’ordinanza in verifica).
È allora opportuno ribadire quanto costantemente e reiteratamente ribadito da questa Corte in ordine al fatto che legittimati a proporre ricorso per cassazione contro le ordinanze rese in quella sede sono soltanto coloro che hanno
effettivamente partecipato al relativo procedimento incidentale fatta eccezione per l’ipotesi in cui il sequestro sia stato disposto, per la prima volta, dal tribunale seguito di appello cautelare interposto dal pubblico ministero (cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 6438 del 27.1.2016, COGNOME; Sez. 3, n. 43504 del Cass. Pen., 3, 12.7.2012, COGNOME; Sez. 3, n. 42527 del 4.7.2019 n. 42.527, COGNOME; Sez. 3, n. 9796 del 16.1.2015, COGNOME).
Il ricorso è dunque inammissibile anche (e, in realtà, prioritariamente) per difetto di legittimazione attiva del COGNOME.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 28.11.2023