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Confisca per sproporzione: onere della prova e coniuge

La Corte di Cassazione conferma la ‘confisca per sproporzione’ di immobili acquistati da un uomo condannato per associazione mafiosa e da sua moglie. La Corte ha riscontrato una significativa disparità tra i redditi leciti dichiarati dalla famiglia e il valore dei beni. La sentenza chiarisce che anche quando i beni sono intestati al coniuge, la confisca è legittima se si dimostra che quest’ultimo ha agito come prestanome (intestatario fittizio) e che i fondi per l’acquisto erano di provenienza illecita, senza un suo contributo lecito.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: la Cassazione chiarisce il ruolo del coniuge

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, torna a pronunciarsi su un tema di grande attualità e complessità: la confisca per sproporzione. Questo strumento, previsto dall’articolo 240-bis del codice penale (ex art. 12-sexies D.L. 306/1992), mira a colpire i patrimoni di illecita provenienza. Il caso specifico analizza la delicata situazione in cui i beni, ritenuti frutto di attività criminali, sono formalmente intestati al coniuge del condannato. La pronuncia offre importanti chiarimenti sull’onere della prova e sulla valutazione della capacità reddituale del nucleo familiare.

I Fatti: Una Lunga Vicenda Giudiziaria

La vicenda trae origine dalla condanna definitiva di un uomo per partecipazione ad associazione di tipo mafioso. A seguito della condanna, veniva disposta una misura di prevenzione patrimoniale sui beni riconducibili a lui e alla sua famiglia. In particolare, venivano confiscati diversi immobili, alcuni intestati direttamente al condannato e altri alla moglie.
I coniugi proponevano opposizione, dando il via a un complesso iter giudiziario, caratterizzato da due annullamenti con rinvio da parte della Corte di Cassazione. Il nodo centrale della questione era la corretta valutazione della proporzionalità tra i redditi leciti del nucleo familiare e gli investimenti immobiliari effettuati nel corso degli anni.

L’Analisi della Confisca per sproporzione e il Ruolo del Coniuge

La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero considerato adeguatamente tutte le fonti di reddito lecite, inclusi i risarcimenti percepiti per gravi eventi familiari, e che l’analisi dei costi di mantenimento della famiglia, basata sulla soglia di povertà Istat, fosse una presunzione non ancorata a dati di fatto. Inoltre, si contestava la valutazione sulla provenienza di un acconto versato per l’acquisto di un immobile, che secondo la difesa derivava da un aiuto paterno e non da fondi illeciti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dei coniugi, confermando la decisione della Corte d’Assise d’Appello e rendendo definitiva la confisca dei beni. La sentenza si articola su due punti principali, analizzando separatamente la posizione della moglie e quella del marito.

La Posizione della Moglie: Intestazione Fittizia e Assenza di Risorse Lecite

Per quanto riguarda i beni intestati alla moglie, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: la presunzione di illecita provenienza dei beni non opera automaticamente nei confronti del terzo intestatario. Spetta all’accusa dimostrare non solo la sproporzione tra i redditi del terzo e il valore dei beni, ma anche che l’intestazione sia fittizia, ovvero che il terzo abbia agito da mero prestanome per schermare la proprietà effettiva del condannato.
Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto raggiunta questa prova. L’analisi patrimoniale ha dimostrato che i redditi leciti della donna erano del tutto insufficienti a giustificare, anche solo in parte, gli acquisti immobiliari. La Corte ha concluso che tutte le entrate familiari lecite erano state verosimilmente assorbite dalle spese per il sostentamento, rendendo implausibile l’accumulo di risparmi. Di conseguenza, la moglie è stata qualificata come ‘intestataria fittizia’, e i beni a lei intestati sono stati considerati acquistati interamente con fondi illeciti del marito.

La Posizione del Marito e la prova nella confisca per sproporzione

Per l’immobile acquistato dal marito, la Corte ha affrontato la questione della cosiddetta ‘presunzione iuris tantum’ di illecita provenienza. Una volta dimostrata dalla pubblica accusa la sproporzione tra redditi e patrimonio, l’onere della prova si inverte: spetta al condannato dimostrare la provenienza lecita dei fondi.
La difesa del marito, che invocava l’origine lecita di un acconto (derivante da un aiuto del padre), non è stata ritenuta credibile. La Corte ha dato maggior peso a quanto riportato nell’atto notarile di compravendita, che attestava il pagamento in contanti, piuttosto che alle dichiarazioni testimoniali. L’assenza di documentazione a supporto (come le cambiali menzionate dalla difesa) ha reso la giustificazione inattendibile. Di conseguenza, la presunzione di illecita provenienza non è stata superata.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su una rigorosa ricostruzione logica della situazione patrimoniale dei ricorrenti. I giudici hanno sottolineato che la valutazione della capacità di spesa e di risparmio di un nucleo familiare deve essere concreta e basata su tutti gli elementi disponibili. Pur tenendo conto di entrate lecite come i risarcimenti, la Corte ha ritenuto congrua la conclusione dei giudici di merito secondo cui tali somme erano state interamente consumate per le esigenze primarie della famiglia, dato il basso livello complessivo dei redditi leciti in quegli anni. L’analisi contabile, che evidenziava un risparmio familiare spesso negativo, ha reso implausibile la possibilità di accantonare somme per investimenti immobiliari. La Corte ha quindi validato l’operato dei giudici di merito, ritenendo la loro motivazione esente da vizi logici e conforme ai principi giurisprudenziali in materia.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma la centralità dell’analisi patrimoniale nel contrasto alla criminalità organizzata. Le conclusioni della Corte chiariscono che, nel contesto della confisca per sproporzione, non basta allegare genericamente fonti di reddito lecite, ma è necessario fornire una prova specifica e documentata della loro effettiva destinazione all’acquisto dei beni. Inoltre, la pronuncia delinea con precisione il percorso probatorio necessario per confiscare beni intestati a terzi, come il coniuge, rafforzando l’efficacia di uno strumento essenziale per sottrarre alla criminalità i patrimoni illecitamente accumulati.

Quando i beni sono intestati a un coniuge, come funziona la confisca per sproporzione?
La presunzione di illecita accumulazione non si applica direttamente al coniuge. L’accusa deve dimostrare che il coniuge è un intestatario fittizio (un prestanome) e che esiste una sproporzione tra i suoi redditi e i beni acquisiti. Se si prova che il coniuge non ha contribuito con fondi leciti all’acquisto, i beni possono essere interamente confiscati.

Come può una persona condannata difendersi dalla confisca per sproporzione?
Una volta che l’accusa ha dimostrato la sproporzione, scatta una presunzione (iuris tantum) di provenienza illecita. L’interessato può superare questa presunzione fornendo allegazioni specifiche e verificate che dimostrino la provenienza lecita dei fondi utilizzati per l’acquisto dei beni. Semplici dichiarazioni non supportate da prove documentali (come nel caso dell’atto notarile che smentiva il pagamento con cambiali) possono essere ritenute non credibili.

La confisca può essere solo parziale?
Sì, la confisca può essere parziale se l’interessato dimostra di aver contribuito all’acquisto del bene anche con fondi di provenienza lecita. In questo caso, la confisca riguarda solo la quota corrispondente al contributo di provenienza illecita. Tuttavia, se viene accertato che l’intero acquisto è stato finanziato con fondi illeciti, la confisca sarà totale, come stabilito in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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