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Confisca per sproporzione: onere della prova

La Corte di Cassazione conferma un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione di una somma di denaro trovata nell’abitazione di una persona indagata per spaccio. Se l’indagato non ha redditi leciti che giustifichino il possesso di ingenti somme, scatta una presunzione di illecita provenienza. Spetta quindi all’indagato fornire la prova contraria per evitare la confisca.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: quando il denaro non giustificato diventa prova

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 30788 del 2025, offre un importante chiarimento sul meccanismo della confisca per sproporzione, specialmente in relazione ai reati di spaccio di sostanze stupefacenti. Il caso analizzato riguarda il sequestro di una considerevole somma di denaro trovata nell’abitazione di una persona indagata, priva di redditi da lavoro dichiarati. La Corte ha stabilito che, in tali circostanze, l’onere di dimostrare la provenienza lecita del denaro ricade sull’indagato, delineando i contorni di un principio fondamentale nel contrasto all’accumulazione di patrimoni illeciti.

I Fatti del Caso: Sequestro di Denaro e Accuse di Spaccio

Il Tribunale del Riesame di Benevento aveva confermato un decreto di sequestro preventivo di 11.650,00 euro, somma rinvenuta nell’abitazione di una donna. Il sequestro era stato disposto ai fini della cosiddetta confisca per sproporzione (o confisca allargata), prevista dagli articoli 240-bis del codice penale e 85-bis del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).

L’indagine era scaturita da un’attività di monitoraggio della polizia giudiziaria, che aveva documentato una cessione di stupefacenti. L’acquirente, una volta fermato, aveva ammesso di acquistare cocaina dalla donna da circa un anno e mezzo. La successiva perquisizione domiciliare aveva portato al ritrovamento della cospicua somma di denaro, che secondo l’accusa era sproporzionata rispetto a qualsiasi reddito lecito dell’indagata.

Il Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagata ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente tre aspetti:
1. Violazione di legge: per un omesso accertamento sulla reale commissione del fatto.
2. Mancato rispetto del principio di proporzione: tra la somma sequestrata e l’attività illecita contestata.
3. Vizio di motivazione: per l’assenza di una ricostruzione della condizione economica dell’indagata.

La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici supremi hanno confermato la piena legittimità dell’operato del Tribunale del Riesame, la cui motivazione è stata giudicata logica, completa e coerente.

La decisione si fonda sul corretto inquadramento giuridico della confisca per sproporzione, sottolineando come, una volta accertata la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, scatti una presunzione legale sulla loro provenienza illecita. A questo punto, è l’interessato a dover fornire la prova contraria.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova nella Confisca per Sproporzione

Il cuore della sentenza risiede nella spiegazione del meccanismo probatorio. La Corte ha chiarito che il Tribunale ha adeguatamente motivato sia il fumus del reato (la verosimiglianza del reato di spaccio, basata sull’attività investigativa e le dichiarazioni dell’acquirente), sia il profilo della sproporzione. L’indagata, infatti, non risultava avere alcun reddito da lavoro che potesse giustificare la disponibilità di una somma così ingente.

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: nel caso di confisca ex art. 240-bis cod. pen., una volta che la pubblica accusa ha dimostrato l’esistenza di una sproporzione significativa tra patrimonio e capacità reddituale, si attiva una presunzione iuris tantum di illecita accumulazione patrimoniale. Questa presunzione inverte l’onere della prova: non è più l’accusa a dover dimostrare l’origine illecita di ogni singolo bene, ma è l’indagato a dover fornire “specifiche e verificate allegazioni” sulla legittima provenienza del bene, attingendo al proprio patrimonio lecitamente accumulato. Nel caso di specie, la difesa si è limitata a contestare genericamente la misura, senza fornire elementi concreti per superare tale presunzione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza uno degli strumenti più efficaci nel contrasto alla criminalità, ovvero l’aggressione ai patrimoni illeciti. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Centralità della sproporzione: Il possesso di beni o denaro di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato è un elemento sufficiente per attivare la presunzione di illeceità, a condizione che vi sia un fumus di reato per una delle fattispecie previste dalla legge (come lo spaccio di stupefacenti).
2. Onere probatorio a carico dell’indagato: Chi si trova in una situazione simile non può limitarsi a una difesa generica. È necessario fornire prove concrete e documentate che attestino l’origine lecita dei beni (es. donazioni, vincite, redditi pregressi legittimi).
3. Limiti del ricorso in Cassazione: La Corte ha ricordato che il ricorso contro le ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per violazione di legge e non per riesaminare il merito dei fatti. Una motivazione logica e completa da parte del giudice del riesame è sufficiente a rendere il provvedimento inattaccabile in sede di legittimità.

In caso di sequestro per spaccio, quando può essere confiscato il denaro trovato in casa?
Il denaro può essere sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla confisca quando il suo valore appare sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta dall’indagato, e quest’ultimo non è in grado di giustificarne la legittima provenienza.

Cosa si intende per ‘confisca per sproporzione’?
È una misura prevista dall’art. 240-bis del codice penale che consente di confiscare denaro, beni o altre utilità di cui una persona, indagata o condannata per determinati reati (incluso lo spaccio), risulta titolare in valore sproporzionato al proprio reddito, e di cui non può giustificare la provenienza lecita.

Chi deve provare la provenienza lecita del denaro sequestrato?
Una volta che l’accusa ha dimostrato l’esistenza della sproporzione, l’onere della prova si inverte. Spetta all’indagato dimostrare, con allegazioni specifiche e verificate, che il denaro o i beni hanno un’origine lecita e non sono frutto di attività criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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