Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30788 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30788 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a Benevento il 16/02/1981 avverso l’ordinanza del 18/03/2025 del Tribunale del riesame di Benevento; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Benevento, adito ex art. 324 cod. proc. pen., ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari di Benevento il 1/03/2025 nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME
Trattasi di sequestro preventivo emesso ai fini della confisca ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 85-bis d.P.R. del 9 ottobre 1990, n. 309 e 240-bis cod. pen., avente ad oggetto la somma di euro 11.650,00 rinvenuta all’interno dell’abitazione di COGNOME NOME, immediatamente dopo la attività di cessione di stupefacente monitorata dalla polizia giudiziaria, la quale fermava l’acquirente, che ammetteva di avere acquistato la cocaina (come sempre nell’ultimo anno e mezzo) dalla indagata.
COGNOME ricorre per cassazione, deducendo, come unico motivo, la violazione di legge per essere stato omesso l’accertamento circa la commissione del fatto, per mancato rispetto del principio della proporzione delle somme rinvenute rispetto all’attività illecita contestata, nonché per mancanza, nel percorso motivazionale adottato dal giudicante, della ricostruzione storica della condizione economica dell’indagata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.0ccorre premettere che, in relazione al reato di detenzione di sostanza stupefacente, di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, può procedersi alla confisca del danaro trovato in possesso dell’imputato anche quando ricorrano le condizioni per la confisca in casi particolari, prevista dall’art. 240-bis cod. pen., applicabile in forza del rinvio ad esso operato dall’art. 85-bis d.P.R. cit., ovvero si tratti di denaro, beni o altra utilità di cui il condannato non può giustificare provenienza e di cui, anche per interposta persona, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.
L’art. 85-bis d.P.R. cit, peraltro, è stato, di recente, modificato dal decretolegge 15 settembre 2023, n. 123 1 convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 159: sulla base del nuovo testo, la confisca per sproporzione, ivi contemplata, è stata estesa a tutte le fattispecie previste dall’art. 73, e, dunque anche a quella di cui all’art. 73, comma 5.
Inoltre, il disposto di cui all’art. 85-bis d P.R. cit. si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall’art. 200, comma primo, cod. pen., sicché, per l’individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado (Sez. 4, n. 14095 del 20/03/2024, COGNOME, Rv. 286103 – 01).
3.Ciò premesso, la doglianza è manifestamente infondata, avendo il Tribunale puntualmente motivato sul fumus del reato in questione, richiamando gli esiti dell’attività investigativa, che avevano portato ad accertare una sistematica attività di spaccio di cocaina da parte della ricorrente, riscontrata dal rinvenimento nella disponibilità della stessa della cospicua somma di denaro in sequestro Collegio della cautela ha, a questo proposito, sottolineato che l’attivit COGNOME andava oltre la singola cessione a NOMECOGNOME acquirente abit di cocaina dalla stessa da circa un anno e mezzo, come si evinceva da
dichiarazioni rese da quest’ultimo, nonché dalle modalità di custodia delle cospicue somme di denaro rinvenute presso l’abitazione della stessa.
3.1. Anche il profilo della sproporzione tra la capacità reddituale della COGNOME e il valore del denaro in sequestro, necessario per l’adozione della confisca allargata e del sequestro ad essa funzionale ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. – su cui si incentra una delle asserite violazioni di legge -, è stato affrontat dal Tribunale con motivazione del tutto logica ed argomentata rispetto all’incongruenza della disponibilità di un importo decisamente apprezzabile, in assenza di alcun reddito da lavoro.
3.2. La difesa, in sostanza, neppure lamentando una mera proposta di lettura alternativa dei dati di merito, semplicemente censura la ritenuta sperequazione di cui all’art. 240-bis cod. pen. come operazione illegittima, senza alcuna specifica allegazione.
Deve sottolinearsi che, nel caso di confisca ex art. 240-bis cod. pen., dall’accertata sproporzione tra guadagni e patrimonio, che spetta alla pubblica accusa provare, scatta una presunzione iuris tantum d’illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall’interessato, specialmente nel caso di confusione tra risorse di provenienza lecita e illecita, sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene confiscato attingendo al patrimonio legittimamente accumulato (Sez. 2 n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997).
Deve ribadirsi che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2 n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608).
Nel caso in esame, in assenza dell’adempimento del proprio onere dimostrativo in capo alla ricorrente sulla propria capacità di reddito, il ricors appare manifestamente infondato, in quanto solo astrattamente volto a lamentare errores in iudicando o in procedendo, rispetto ad un apparato argomentativo complessivo logico e completo rispetto al thema probandum della mancata dimostrazione sulla legittima provenienza delle somme in sequestro.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte
costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi
che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00
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in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 26 giugno 2025
Il Co sigli
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estensore
Il Presidente