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Confisca per sproporzione: motivazione obbligatoria

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento limitatamente alla confisca di una somma di denaro. La decisione si fonda sulla mancata motivazione del giudice riguardo alla confisca per sproporzione, stabilendo che non è sufficiente affermare che il denaro sia ‘provento di spaccio’ quando il reato contestato è la sola detenzione di stupefacenti.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Sproporzione: L’Obbligo di Motivazione del Giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 19759/2024) ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto penale patrimoniale: la confisca per sproporzione non può essere automatica, ma richiede una motivazione puntuale e rigorosa da parte del giudice. Il caso analizzato riguarda la confisca di una somma di denaro a seguito di un patteggiamento per detenzione di sostanze stupefacenti, una decisione poi annullata dalla Suprema Corte proprio per un vizio di motivazione.

I Fatti del Caso

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, accogliendo una richiesta di patteggiamento, aveva applicato a un imputato una pena per il reato di illecita detenzione di cocaina ai fini di spaccio (art. 73 d.P.R. 309/1990). Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice aveva disposto la confisca sia dello stupefacente che di una somma di denaro trovata in possesso dell’imputato.

Contrariamente a quanto si possa pensare, l’accordo del patteggiamento non preclude la possibilità di contestare alcuni aspetti della sentenza. L’imputato, infatti, ha presentato ricorso per cassazione non sulla pena concordata, ma esclusivamente sulla misura della confisca del denaro.

Il Ricorso in Cassazione e il Ruolo della Confisca per Sproporzione

Il motivo del ricorso era chiaro e tecnico: la difesa sosteneva che il giudice avesse ordinato la confisca senza fornire un’adeguata motivazione. In particolare, mancava la dimostrazione dei presupposti richiesti dall’art. 240-bis del codice penale, ovvero la sproporzione tra il bene sequestrato e il reddito dell’imputato, e l’assenza di una giustificazione plausibile sulla sua provenienza.

Il giudice di primo grado si era limitato a definire il denaro come “chiaro provento di spaccio”. Questa affermazione, secondo la difesa, non era sufficiente a giustificare una misura così incisiva come la confisca, specialmente nel contesto di una confisca per sproporzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza limitatamente alla confisca e rinviando il caso al Tribunale di Torino per un nuovo esame. Gli Ermellini hanno chiarito che, anche in caso di patteggiamento, è possibile impugnare le misure di sicurezza, come la confisca, se queste non sono state oggetto dell’accordo tra le parti.

Le Motivazioni: Perché la Confisca è Stata Annullata

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra due tipi di confisca. Il denaro sequestrato non poteva essere considerato “profitto” del reato contestato. Il reato in questione era la detenzione ai fini di spaccio, non la cessione a terzi. Il profitto deriva dalla vendita, un’azione non contestata nel caso specifico. Pertanto, il denaro non era un guadagno diretto del crimine per cui era stata emessa la condanna.

Di conseguenza, l’unica via per confiscare quella somma era applicare la cosiddetta confisca per sproporzione (o confisca allargata), prevista dall’art. 240-bis del codice penale. Questa norma permette di confiscare beni di cui la persona condannata non può giustificare la provenienza e il cui valore è sproporzionato rispetto al suo reddito. Tuttavia, per applicare questa misura, il giudice ha l’obbligo di motivare in modo specifico, indicando le ragioni fattuali e giuridiche che dimostrano tale sproporzione e la mancata giustificazione.

La motivazione del GIP (“chiaro provento di spaccio”) è stata giudicata dalla Cassazione come “erronea, carente e meramente assertiva”. Era erronea perché confondeva il profitto del reato con la sproporzione. Era carente perché non forniva alcuna analisi sulla situazione economica dell’imputato o sulla provenienza del denaro.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce che le misure ablative che incidono sul patrimonio di una persona devono essere supportate da un’argomentazione solida e verificabile. Non basta una semplice affermazione o un sospetto per privare un individuo dei suoi beni. Il giudice deve esplicitare il percorso logico-giuridico che lo ha portato a ritenere sussistenti i presupposti della confisca, in particolare quelli, molto stringenti, della confisca per sproporzione. La sentenza rappresenta quindi una garanzia fondamentale per i cittadini, assicurando che le decisioni giudiziarie siano trasparenti e fondate su elementi concreti e non su mere presunzioni.

Il denaro trovato in possesso di una persona accusata solo di detenzione di stupefacenti può essere automaticamente confiscato come ‘provento di spaccio’?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il reato di detenzione non produce un ‘profitto’ diretto. Il denaro può essere confiscato solo se ricorrono le condizioni della confisca per sproporzione, che devono essere specificamente motivate dal giudice.

Cosa deve fare un giudice per disporre una confisca per sproporzione?
Il giudice deve fornire una motivazione dettagliata che dimostri due elementi: 1) il valore dei beni è sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica del condannato; 2) il condannato non è in grado di fornire una giustificazione credibile sulla legittima provenienza dei beni.

È possibile impugnare la confisca disposta in una sentenza di patteggiamento?
Sì. La sentenza conferma che è ammissibile il ricorso per cassazione contro le misure di sicurezza, personali o patrimoniali (come la confisca), che non abbiano formato oggetto dell’accordo di patteggiamento tra l’imputato e il pubblico ministero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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