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Confisca per sproporzione: l’onere della prova

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di una confisca per sproporzione a carico di un soggetto condannato per spaccio di stupefacenti. La sentenza ribadisce che spetta all’imputato l’onere di fornire prove concrete e documentate sull’origine lecita dei propri beni, non essendo sufficienti mere dichiarazioni. Il ricorso è stato respinto perché le giustificazioni addotte erano prive di riscontri oggettivi.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico dell’imputato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità e rilevanza nel diritto penale patrimoniale: la confisca per sproporzione. Questo istituto, disciplinato dall’art. 240-bis del codice penale, consente allo Stato di acquisire i beni di un condannato per determinati reati quando il loro valore appare sproporzionato rispetto al suo reddito. La decisione in esame chiarisce in modo netto a chi spetti l’onere di dimostrare l’origine lecita di tali ricchezze.

I Fatti del Caso: Droga, Denaro e Beni di Lusso

Il caso trae origine da un’operazione di polizia che ha portato all’arresto in flagranza di un individuo per cessione di sostanze stupefacenti. Le successive perquisizioni, personale e domiciliare, hanno permesso di rinvenire ingenti quantitativi di cocaina, un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento, telefoni cellulari, due orologi di lusso e, soprattutto, una somma complessiva di denaro contante pari a circa 154.000 euro.
I giudici di primo grado e d’appello hanno condannato l’uomo per i reati legati alla droga e, contestualmente, hanno disposto la confisca dei beni e del denaro, ritenuti di provenienza illecita e sproporzionati rispetto alle sue capacità economiche lecite.

La Disciplina della confisca per sproporzione

La confisca per sproporzione, nota anche come confisca allargata, è una misura di sicurezza patrimoniale con finalità preventiva. Essa si fonda su una presunzione: si presume che i beni di valore sproporzionato posseduti da un soggetto condannato per specifici reati (tra cui quelli in materia di stupefacenti) siano il frutto di attività illecite. Questa presunzione, tuttavia, non è assoluta. L’interessato ha la possibilità di superarla, ma per farlo deve adempiere a un preciso onere probatorio.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’imputato manifestamente infondato, confermando integralmente le decisioni dei precedenti gradi di giudizio. Il punto centrale della motivazione risiede proprio nella ripartizione dell’onere della prova.

I giudici hanno chiarito che, una volta che l’accusa ha dimostrato la sproporzione tra i beni e il reddito del condannato, l’onere di giustificarne la provenienza lecita si sposta interamente su quest’ultimo. Non basta fornire spiegazioni generiche o mere dichiarazioni; è necessario allegare “circostanze positive e concrete” supportate da elementi oggettivi e, ove possibile, documentali.

Nel caso specifico, le giustificazioni fornite dall’imputato sono state ritenute del tutto insufficienti:

* Provenienza da aiuti familiari: Le somme di denaro che la madre avrebbe dato al figlio, derivanti dalla vendita di un immobile, non erano supportate da alcuna prova documentale, come ad esempio atti notarili di trasferimento.
* Redditi non dichiarati: Le affermazioni di percepire redditi da lavori “in nero” o dalla locazione di un immobile all’estero sono rimaste semplici dichiarazioni, prive di qualunque riscontro.
* Appartenenza a terzi: Anche l’ipotesi che il denaro potesse appartenere alla convivente è stata scartata per mancanza assoluta di prove.

La Corte ha inoltre specificato che le questioni relative alla “ragionevolezza temporale” (la correlazione tra l’epoca del reato e l’accumulo patrimoniale) e alla proporzionalità non potevano essere esaminate, poiché sollevate per la prima volta in Cassazione e quindi inammissibili.

Le Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un’importante conferma dei principi che governano la confisca per sproporzione. Emerge con chiarezza che la legge pone a carico del condannato un onere probatorio rigoroso. Per evitare la confisca, non è sufficiente avanzare ipotesi o fornire spiegazioni verbali, ma è indispensabile produrre elementi concreti, oggettivi e verificabili che dimostrino in modo inequivocabile l’origine legittima della ricchezza accumulata. Questa decisione rafforza uno strumento fondamentale nella lotta alla criminalità, finalizzato a colpire i patrimoni illeciti che ne costituiscono la linfa vitale.

Chi deve provare l’origine lecita dei beni in caso di confisca per sproporzione?
L’onere della prova grava interamente sull’imputato condannato. Una volta che l’accusa ha dimostrato la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, spetta al condannato fornire prove specifiche e concrete della loro provenienza lecita.

Sono sufficienti semplici dichiarazioni, proprie o di terzi, per evitare la confisca?
No. La sentenza chiarisce che le mere dichiarazioni, anche se provenienti da familiari, sono del tutto insufficienti se non sono supportate da prove documentali o da altri elementi oggettivi e verificabili.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione questioni non discusse in appello?
No. La Corte ha ribadito che i motivi di ricorso non proposti nel giudizio di appello non possono essere presentati per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione, in quanto ciò determinerebbe l’inammissibilità della censura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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