Confisca per Sproporzione: Legittima Anche Senza Prova del Nesso Diretto con il Reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di misure patrimoniali: la confisca per sproporzione non richiede la prova di un legame diretto tra il bene e il reato per cui si è stati condannati. Questa decisione chiarisce la netta differenza rispetto alla confisca ordinaria e rafforza gli strumenti di contrasto all’arricchimento illecito, specialmente nel contesto di reati gravi come quelli legati agli stupefacenti.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73 del d.P.R. 309/90), definita tramite un accordo tra le parti (patteggiamento). Oltre alla pena detentiva, il Tribunale di Milano aveva disposto la confisca di una somma di denaro trovata in possesso del condannato.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo l’illegalità della confisca. Secondo la sua difesa, il provvedimento era illegittimo perché il giudice di merito non aveva motivato in alcun modo il cosiddetto “nesso di pertinenzialità”, ovvero il collegamento diretto tra il denaro sequestrato e il reato specifico contestato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che l’argomentazione del ricorrente era basata su un presupposto giuridico errato. Il Tribunale, infatti, non aveva applicato la confisca ordinaria prevista dall’art. 240 del codice penale, che effettivamente richiede la prova del nesso di pertinenzialità, bensì la confisca per sproporzione, disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale e, nel caso di specie, dall’art. 85-bis del Testo Unico sugli Stupefacenti.
Le Motivazioni: Differenza tra Confisca Ordinaria e Confisca per Sproporzione
La Corte ha chiarito la distinzione cruciale tra le due tipologie di confisca.
1. Confisca Ordinaria (art. 240 c.p.): Riguarda le cose che sono servite a commettere il reato (strumenti) o che ne costituiscono il prodotto o il profitto. Per questa misura è indispensabile dimostrare il legame diretto e funzionale tra il bene e l’illecito.
2. Confisca per Sproporzione o Allargata (art. 240-bis c.p.): Si applica a seguito di condanna per determinati reati gravi. Colpisce i beni di cui il condannato ha la disponibilità, direttamente o indirettamente, quando il loro valore è sproporzionato rispetto al suo reddito o alla sua attività economica e quando egli non è in grado di giustificarne la provenienza lecita.
In questo secondo caso, il presupposto non è il nesso con il singolo reato, ma la sproporzione patrimoniale, che fa sorgere una presunzione sulla provenienza illecita dei beni. Il giudice di merito aveva correttamente motivato la sua decisione proprio su questo punto, evidenziando la disponibilità del denaro in capo all’imputato e la sproporzione rispetto alle sue condizioni reddituali. Di conseguenza, la doglianza del ricorrente, focalizzata sulla mancanza del nesso di pertinenzialità, è stata giudicata “manifestamente infondata” e “del tutta avulsa” dal reale contenuto della sentenza impugnata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza della Cassazione conferma la validità e l’efficacia della confisca per sproporzione come strumento per aggredire i patrimoni di origine illecita. La decisione sottolinea che, per questa specifica misura, l’onere dell’accusa non è provare che ogni singolo euro derivi da una specifica attività criminale, ma dimostrare una palese incongruenza tra il tenore di vita o i beni posseduti e le fonti di reddito lecite. Spetta poi al condannato fornire la prova contraria, giustificando la legittima provenienza dei suoi averi. Questo principio amplia notevolmente la capacità dello Stato di contrastare l’accumulazione di ricchezza derivante da attività criminali, che spesso è difficile da ricondurre a singoli episodi delittuosi.
È sempre necessario dimostrare che il denaro sequestrato deriva direttamente dal reato contestato per poterlo confiscare?
No. Secondo l’ordinanza, nel caso della confisca per sproporzione (o allargata), non è necessario provare il nesso di pertinenzialità diretto tra il bene e lo specifico reato. È sufficiente che il giudice motivi sulla base della sproporzione tra i beni e il reddito del condannato e sulla mancata giustificazione della loro lecita provenienza.
Qual è la differenza fondamentale tra la confisca ordinaria e la confisca per sproporzione?
La confisca ordinaria (art. 240 c.p.) si applica ai beni che sono strumento, prodotto o profitto del reato e richiede la prova di questo legame diretto. La confisca per sproporzione (art. 240-bis c.p.) si basa sulla sproporzione tra il patrimonio del condannato e il suo reddito dichiarato, colpendo i beni di cui non si può giustificare l’origine lecita, a prescindere da un collegamento con il singolo reato per cui è intervenuta condanna.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’argomentazione difensiva era fondata su un presupposto giuridico errato. L’imputato ha contestato la mancata motivazione sul nesso di pertinenzialità (proprio della confisca ordinaria), mentre il Tribunale aveva applicato la diversa misura della confisca per sproporzione, motivandola correttamente sulla base della disparità patrimoniale dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1573 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1573 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nato il 03/08/1980
avverso la sentenza del 14/05/2024 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che con sentenza del 14/05/2024, pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Milano ha applicato all’attuale ricorrente la pena concordata in relazione al reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 309/90, con confisca del denaro in sequestro.
Rilevato che il motivo di ricorso, con il quale si deduce l’illegalità della misura di sicurezza della confisca del denaro ai sensi dell’art. 240 cod.pen, è inammissibile.
Il Giudice di merito non ha disposto la confisca della somma di denaro in sequestro ai sensi dell’art. 240, comma 1, cod.pen. ma in base al disposto degli artt. 85-bis d.P.R. n. 309/1990 e 240-bis cod.pen. esprimendo adeguata motivazione in ordine alla disponibilità della stessa in capo all’imputato ed alla sproporzione rispetto alle condizioni reddituali dello stesso; la doglianza proposta, con la quale si lamenta l’omessa motivazione in ordine al nesso di pertinenzialità tra il denaro e l’illecito contestato (presupposto della diversa confisca di cui all’art 240, comma 1, cod.pen.) è, quindi, manifestamente infondata e del tutta avulsa dal contenuto del provvedimento impugnato.
Ritenuto pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso,06/12/2024