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Confisca per sproporzione: la prova spetta all’imputato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un soggetto contro la confisca di un immobile. Il ricorrente, ex affiliato a un clan e poi collaboratore di giustizia, sosteneva di aver acquistato il bene con fondi leciti. La Corte ha confermato la validità della confisca per sproporzione, basata sulla presunzione di illecita provenienza dei fondi, poiché l’acquisto era avvenuto prima della collaborazione con la giustizia e non era stata fornita prova contraria adeguata.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Sproporzione: Legittima se Manca la Prova dell’Origine Lecita dei Fondi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5219/2025, ha affrontato un caso cruciale in materia di confisca per sproporzione, ribadendo principi fondamentali sull’onere della prova e sui limiti del sindacato di legittimità. La decisione conferma che, di fronte a un patrimonio palesemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, spetta al soggetto che subisce il provvedimento ablatorio dimostrare la provenienza lecita dei beni. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso: L’Acquisto dell’Immobile Controverso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo, già condannato per una serie di reati commessi tra il 1996 e il 2005 come esponente di spicco di un’associazione camorristica. Successivamente, dal 2006, l’uomo aveva intrapreso un percorso di collaborazione con la giustizia.

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva disposto la confisca di un immobile intestato fittiziamente a un terzo, ritenendo che fosse stato acquistato con proventi di attività illecite. Il ricorrente si era opposto a tale provvedimento, sostenendo che l’immobile fosse stato acquistato e ristrutturato con fondi di provenienza lecita, derivanti in parte dalla sua attività di collaboratore di giustizia e da una liquidazione ricevuta all’uscita dal programma di protezione. L’opposizione, tuttavia, veniva rigettata, spingendo la difesa a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando integralmente la decisione del giudice di merito. I giudici di legittimità hanno innanzitutto chiarito la natura del ricorso in materia di misure di prevenzione: è ammesso solo per violazione di legge e non per contestare le valutazioni di fatto, a meno che la motivazione del provvedimento non sia del tutto inesistente o meramente apparente. Nel caso di specie, la motivazione del giudice era presente e logicamente strutturata, rendendo inammissibili le censure del ricorrente, che miravano a una rivalutazione del merito.

Confisca per Sproporzione e Onere della Prova

Il cuore della decisione si concentra sull’applicazione dell’art. 240-bis del codice penale, che disciplina la confisca per sproporzione. La Corte ha sottolineato che questa misura si fonda su una presunzione legale: quando il valore dei beni di cui un condannato dispone è sproporzionato rispetto al suo reddito, si presume che tali beni derivino da attività illecite. Questa presunzione opera anche in caso di intestazione fittizia a terzi.

Il ricorrente non è riuscito a superare questa presunzione. Le sue argomentazioni sulla provenienza lecita dei fondi sono state ritenute irrilevanti e non provate. In particolare, la Corte ha osservato che l’acquisto e la ristrutturazione dell’immobile erano avvenuti prima che l’imputato iniziasse la sua collaborazione con la giustizia nell’aprile 2006. Di conseguenza, i redditi percepiti come collaboratore non potevano giustificare un’operazione immobiliare precedente e di importo considerevole (oltre 400.000 euro).

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato il rigetto evidenziando diversi punti chiave:
1. Temporalità dei fatti: L’acquisto del bene era incontrovertibilmente anteriore all’inizio della collaborazione con la giustizia. Pertanto, i fondi derivanti da tale collaborazione non potevano in alcun modo giustificare la spesa sostenuta.
2. Mancanza di prove: La difesa non ha fornito alcuna documentazione idonea a dimostrare la legittimità dei fondi utilizzati per l’acquisto e la ristrutturazione. Le allegazioni sono state ritenute generiche e non supportate da elementi concreti.
3. Presunzione di illeceità: L’accertamento di una carriera criminale e la sproporzione tra patrimonio e redditi dichiarati fondano solidamente il sospetto che la ricchezza accumulata derivi da attività delittuose, giustificando l’applicazione della confisca.
4. Limiti del giudizio di legittimità: Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito. La Corte non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, che in questo caso sono state ritenute impeccabili.

Le Conclusioni: L’Onere della Prova nella Confisca

Questa sentenza riafferma un principio cardine nella lotta alla criminalità organizzata: l’inversione dell’onere della prova nella confisca per sproporzione. Non è lo Stato a dover dimostrare il collegamento diretto tra il singolo bene e uno specifico reato, ma è il condannato a dover fornire la prova rigorosa della provenienza lecita dei suoi averi, quando questi appaiono ingiustificati. La decisione chiarisce inoltre che le giustificazioni addotte devono essere temporalmente coerenti con l’acquisizione del patrimonio, rendendo inefficace il tentativo di “ripulire” beni di origine illecita con redditi leciti maturati solo in un momento successivo.

È possibile ottenere la revoca di una confisca dimostrando di avere fonti di reddito lecite successive all’acquisto del bene?
No, la sentenza chiarisce che i redditi leciti maturati dopo l’acquisto di un bene non possono giustificarne la provenienza. La prova della liceità dei fondi deve essere temporalmente coerente con il momento dell’acquisizione del patrimonio.

In un ricorso per cassazione contro un provvedimento di confisca, si possono contestare le valutazioni di fatto del giudice precedente?
No, il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione è ammesso soltanto per violazione di legge. Non è possibile chiedere una nuova valutazione delle prove o dei fatti, a meno che la motivazione della decisione impugnata non sia totalmente assente o meramente apparente, cioè priva di logica e coerenza.

Cosa significa ‘confisca per sproporzione’ e quando si applica?
La ‘confisca per sproporzione’ (art. 240-bis c.p.) è una misura che consente allo Stato di acquisire i beni di cui un condannato per determinati reati risulta disporre, direttamente o tramite terzi, quando il loro valore è sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta e non viene fornita una giustificazione credibile sulla loro lecita provenienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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