Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34645 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34645 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Roma il DATA_NASCITA avverso il decreto della Corte di appello di Milano in data 20/2/2024
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME ha proposto ricorso avverso il decreto con il quale la Corte di appello di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, ha rigettato l’appello da lui proposto avverso il provvedimento del Tribunale di Milano in data 9/5/2023 applicativo della misura di prevenzione patrimoniale della confisca avente ad oggetto tre autoveicoli e un conto corrente, riconducibili alla disponibilità di COGNOME NOME, convivente dello NOME e destinataria della misura di prevenzione personale e patrimoniale in quanto persona socialmente pericolosa.
Ne chiede l’annullamento denunciando mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (art. 606 lett. e) c.p.p.), non avendo la Corte di appello adeguatamente valutato il motivo di appello con il quale era stata
contestata riconducibilità del bene ( un’ Audi A7) alla convivente COGNOME NOME e dimostrata la provenienza delle risorse economiche utilizzate per l’acquisto dell’autovettura, dal padre dello stesso NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Premesso che ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n. 159 del 2011, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure di prevenzione personali e patrimoniali è limitato alla sola violazione di legge, mentre è esclusa dal novero dei vizi deducibili l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), proc. pen.; precisato, inoltre, che secondo il costante orientamento di questa Corte può essere denunciato in sede di legittimità, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo legale di provvedere, anche in sede di appello, con decreto motivato, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016,Rv. 266365; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv. 266365), nel caso di specie il ricorrente anche formalmente denuncia un vizio non deducibile lamentando appunto illogicità o contraddittorietà della motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p., sicchè il ricorso si appalesa ictu oculi inammissibile.
2.In ogni caso, pur volendo ritenere formalmente contestato il vizio di mancanza della motivazione, rileva il collegio che le deduzioni difensive contestano in realtà le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha respinto le censure difensive sia in punto di riconducibilità del bene alla COGNOME, sia in relazione all provenienza illecita delle risorse economiche utilizzate per l’acquisto del bene, senza confrontarsi con l’aspetto centrale della proporzionalità dei redditi leciti dello COGNOME rispetto all’epoca dell’acquisto.
Con riguardo all’accertamento della fittizietà dell’intestazione o del trasferimento, le Sezioni Unite (Sez. U, n. 12621 del 22/12/2016, COGNOME), hanno affermato che «l’art. 26, comnna 2, lett. a), introduce nel sistema un’ulteriore presunzione, dotata di propria autonomia, che se, da un lato, non fa venire meno quella prevista dall’art. 19, comma 3, d.lgs. cit. – relativa a determinate figure soggettive (coniuge, figli e coloro che, nell’ultimo quinquennio, hanno convissuto con il proposto) per le quali continua ad essere previsto l’obbligo delle indagini patrimoniali -, dall’altro lato, si estende su una più ampia platea di soggetti (l’ascendente, i parenti entro il sesto grado e gli affini entro il quarto), per i qua sono presunte iuris tantunn le operazioni intervenute a qualunque titolo, gratuito ovvero oneroso, entro un arco temporale definito nei due anni antecedenti la presentazione della proposta».
Hanno peraltro evidenziato, richiamando precedenti decisioni delle sezioni semplici, che «il rapporto esistente fra il proposto ed il coniuge, i figli e gli al conviventi costituisce, pur al di fuori dei casi oggetto delle specifiche presunzioni di cui all’art. 26, comma 2, d.lgs. cit., una circostanza di fatto significativa, con elevata probabilità, della fittizietà della intestazione di beni dei quali il proposto non può dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo familiare convivente, che risulta formalmente titolare dei cespiti, è sprovvisto di effettiva capacità economica» ( Sez. 6, n. 14600 del 16/02/2021, Rv. 281611).
Ancora, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, il sequestro e la confisca possono avere ad oggetto i beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi, dovendosi ritenere la sussistenza di una presunzione di “disponibilità” di tali beni da parte del prevenuto – senza necessità di specifici accertamenti – in assenza di elementi contrari (Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, Rv. 266142; Sez. 6, n. 49878 6/12/2013, Rv. 258140; Sez. 2, n. 7346 del 17/01/2023, Rv. 284387).
Fuori del caso previsto dall’art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, i rapporti di parentela, affinità e convivenza ivi esplicitati, pur non giustificando l’inversione probatoria imposta ex lege dal meccanismo delle presunzioni, costituiscono un argomento logico utile alla dimostrazione della interposizione senza che operi la presunzione di legge in situazioni indicative del carattere puramente formale dell’intestazione costituite dalle relazioni in ambito familiare e dalla incapacità del terzo, sotto il profilo economico, di acquisirne la titolarità, specie nell’ipotesi in cui il terzo intestatario non alleghi circostanze idonee a prospettare una diversa configurazione del rapporto, o una diversa provenienza delle risorse necessarie all’acquisto del bene.
3.La Corte di appello si è adeguata ai predetti criteri giuridici per pervenire ad affermare la riferibilità alla COGNOME dei beni di cui è stata disposta la confisca.
In particolare, il giudice di appello ha valorizzato l’informativa di Polizia giudiziaria dalla quale emergeva lo statuto di conviventi di NOME e NOME e la risalenza dell’atto dispositivo entro i due anni dalla proposta della misura patrimoniale ( cfr. pag. 6 dell’ordinanza impugnata).
Dal canto suo la difesa non ha fornito dati utili a contrastare le ragioni della confisca, in questo contesto le allegazioni difensive dirette a dimostrare la provenienza lecita delle risorse economiche per l’acquisto dell’autovettura dal padre dello NOME, correttamente, sono state ritenute meramente reiterative e palesemente inadeguate rispetto alle valutazioni operate dal Tribunale, richiamate dalla Corte di appello, sulla incapacità reddituale dello NOME , ma anche del padre NOME, entrambi risultati sconosciuti all’anagrafe tributaria e privi di qualunque reddito.
Inoltre, l’investimento asseritamente effettuato dal NOME di euro 50.000,00 per l’acquisto dell’autovettura Audi A7 del figlio (nel 2021), ovvero per l’acquisto dell’ Audi AS nel 2017, è rimasto oggettivamente indimostrato ed affidato alla sola dichiarazione unilaterale del NOME (cfr. pagg. 7 e 8 del provvedimento impugnato).
Va ribadito che in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’onere di allegazione difensiva in ordine alla legittima provenienza dei beni non può essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza di una provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo invece indicarsi gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquistato con i proventi di attività illecita, tanto più in casi come quello in esame in cui si oppone che all’acquisto dell’Audi A7 si sarebbe proceduto mediante permuta di altra autovettura, negozio giuridico che, come evidenziato dal giudice di merito, non risulta dai documenti prodotti dalla difesa.
In conclusione le allegazioni della difesa a riscontro della provenienza delle provviste da altri soggetti, nello specifico dal conferimento di euro 50.000,00 dal padre del ricorrente, sono assolutamente inconferenti rispetto alla valutazione di sproporzione operata nel provvedimento impugnato, tenuto conto anche dell’assenza di compatibilità temporale tra la percezione da parte del NOME , della somma di euro 50.000,00 a titolo di dissequestro ( nell’anno 2017) e l’acquisto del bene confiscato da parte dello COGNOME avvenuto nel 2021 .
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente , ai sensi dell’art. 616 del codice di rito, al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’11/6/2024