Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18608 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18608 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2023 del TRIBUNALE di TORINO
udita la relazione, svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sepete le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOMECOGNOME a mezzo del difensore, heproposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Torino, meglio indicata in epigrafe, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. peri., è stata applicata la pena concordata dalle parti in ordine ai reati previsti dagli artt. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e 337 cod. pen.
La difesa deduce mancanza di motivazione con riferimento agli artt. 444, 445, comma 1, cod. proc. pen. e 240 cod. pen.
Si duole della disposta confisca della somma di euro 240,90 nella disponibilità dell’imputato.
Sul punto il giudice di merito si sarebbe espresso in termini generici e inadeguati, non essendo emersi elementi dai quali inferire che le somme in sequestro fossero provento dell’attività criminosa.
Invero, nel corso dell’operazione di polizia che ha condotto all’arresto del prevenuto, non è stata osservata alcuna cessione di sostanza stupefacente.
Il giudice si sarebbe limitato a disporre la confisca del danaro in sequestro basandosi su mere presunzioni, legate alla situazione di clandestinità del ricorrente ed all’assenza di una fonte di reddito lecita.
L’imputato ha dichiarato che una parte del danaro proveniva dalla sua attività di ambulante e non solo dalla vendita dello stupefacente. Sarebbe stato quindi necessario approfondire tale circostanza, anche a rrezzo di domande specifiche sul punto, onde verificare quale parte della somma sequestrata fosse provento del reato.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di doglianza sono nfondati; pertanto il ricorso deve essere rigettato.
Il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dell’art. 240-bis cod. pen., disponendo la confisca delle somme in sequestro nella ricorrenza dei presupposti ivi indicati.
Va ricordato che la condanna o l’applicazione pena per uno dei reati indicati nel catalogo elencato nell’art. 240-bis cod. pen. comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato, allorché, da un lato, sia provata l’esistenza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica ed il valore economico di detti beni e, dall’altro, non risulti una giustificazione credibile circa la provenienza di essi.
Per effetto della modifica apportata all’art. 85-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 dall’art. 4, comma 3-bis del dl. 7i5 settembre 2023, n. 123 (introdotto dalla legge di conversione 13 novembre 2023, n. 159), la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 risulta oggi inclusa fra i delitti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240–bis cod. pen.
Si è osservato, nella elaborazione derivata in sede di legittimità dalle prime applicazioni della norma novellata, che la confisca ex art. 240-bis cod. pen. in relazione alla fattispecie che occupa si applic4 retroattivamente entro i limiti dettati dall’art. 200, comma primo, cod. pen.
Ne consegue che, ai fini della individuazione dei regime da considerare, deve aversi riguardo alla legge in vigore al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado (così sez. 6, n. 213 del 22/11/2023, dep. 2C24, Osawaru, Rv. 285602).
L’orientamento deve trovare piena condivisione, discendendo da un’attenta lettura e interpretazione degli artt. 200 e 236 cod. pen.
L’articolo 200, comma 1, cod. pen. stabilisce che “Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore ai tempo della loro applicazione” e l’articolo 236 stesso codice, che detta le regole generali per le misure di sicurezza patrimoniali (tra cui la confisca), stabilisce che ad esse si applica solo il comma 1 dell’art. 200 cit. (e non, dunque, anche i! comma 2, secondo cui “Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione”).
Pertanto, la confisca – anche ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. «è regolata dal principio di retroattività entro i limiti dettati dal primo comm dell’art. 200, cod. pen., stante i/ richiamo cA.?Il’art. 236, Gomma 2, cod. pen., esclusivamente alla prima parte di de te dir>posiz.; . one, s./(7(7,’ – 2E . : ,, per l’individuazione del regime legale di riferimento, deve aversi riguardo alla .(egge in vigore al tempo della sua applicazione, che coincide con il momento in cui viene emessa la decisione di primo grado, e costituisce Il limite di azione della retroattività oltre quale non operano eventuali disposizioni successivamente introdotte, diversamente da quanto previsto per le misure di sicurezza che, ai sensi del comma 2 del citato art. 200 cod. pen., devono essere regnate dalla legge in vigore al tempo dell’esecuzione di esse» (così, Sez. 6, n. 21491 del 16/02/2015, Meluzio, Rv. 263768, che, in riferimento alla confisca di prevenzione, ha precisato che il tempo di applicazione della misura si identifica necessariamente con quello della decisione di primo grado, anche se negativa, perché l’appello costituisce una fase eventuale in cui viene operato un controllo devolutivo sul provvedimento già emesso).
Ciò premesso, posto che la legge n. 159 del 2023 era in vigore alla data di emissione della sentenza impugnata (12 dicembre 2023) la disciplina di cui all’art. 240-bis cod. proc. pen. deve trovare applicazione nel caso di specie.
Venendo al merito della regiudicanda, il Tribunale ha evidenziato come lo stesso imputato abbia dichiarato che soio parte del danaro in suo possesso provenisse dallo svolgimento di attività di ambulante, senza peraltro fornire indicazioni precise in merito a tale attività.
Ha osservato come si tratti comunque di una somma sproporzionata rispetto alle condizioni di vita dell’imputato, senza fissa dimora e privo di una occupazione stabile.
Ha aggiunto come il ricorrente fosse noto aie Forze dell’ordine quale persona dedita al traffico di stupefacenti, essendo già gravato da precedenti condanne per reati in materia di droga e più volte tratto in arresto per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90.
La motivazione, lungi dall’essere sommaria e inadeguata, come sostenuto dalla difesa, rende conto in modo soddisfacente della ricorrenza dei presupposti applicativi della confisca disposta, specie in relazione alla mancanza di idonee giustificazioni che possano sostenere le ragioni del possesso della somma di danaro sequestrata, non esigua in relazione alle condizioni di vita dell’imputato: il ricorrente, ha evidenziato il Tribunale, si è limitato in maniera vaga a riferir che una parte della somma deriva 4M dalla sua attività di commerciante ambulante, senza fornire alcuna precisa indicazione in ordine alle modalità di svolgimento di tale attività, ai proventi da essa derivanti ed alle ragioni della detenzione della somma nelle circostanze dell’arresto, allorchè fu trovato in possesso dello stupefacente.
E’ estensibile al caso in esame il principio stabilito in tema di confisca di prevenzione, in base al quale, in conseguenza dell’accertata sproporzione tra guadagni e patrimonio, circostanza la cui prova spetta AVa pubblica accusa, scatta una presunzione “iuris tantum” d’illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall’interessato, specialmente reI caso di conrusione tra risorse di provenienza lecita e illecita, sulla base di specifiche e verificate allegazioni
(cfr. Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997 – 04; Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373).
In ogni caso, è opportuno evidenziare come la modifica apportata all’art. 85bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 imponga al giudice un onere motivazionale più penetrante e rigoroso in ordine alla ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 240bis cod. pen., essendo le fattispecie concrete inerenti alla violazione di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 collegate ad episodi di modesta gravità, a cui corrispondono, nella generalità dei casi, sequestri di somme, beni o utilità di non rilevante importo. E’ evidente che, ai fini della confisca ex art. 240-bis cod. pen., quanto più modeste siano le somme oggetto di sequestro, tanto più rigorosa deve essere la motivazione a sostegno del requisito della sproporzione tra le possidenze dell’imputato ed i suoi redditi, essendo la nozione in esame espressione di uno squilibrio la cui consistenza tende a ridursi in presenza di somme e valori di modesta entità.
Nel caso in esame, come detto sopra, il giudice ha adempiuto adeguatamente all’onere motivazionale imposto.
Per altro verso, i rilievi difensivi, oltre ad essere eccentrici nella parte in c sottolineano la mancanza di prove ;n ordine a concreti atti di cessione dello stupefacente, essendo tale argomento non pertinente alla teriatica che occupa, sono inidonei a rivelare aspetti di criticità nella motivazione della sentenza impugnata con riferimento ai profili decisivi dela sproporzione e della mancanza di adeguate giustificazioni del possesso della somma rinvenuta nella disponibilità dell’imputato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 22 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il President