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Confisca per sproporzione: irrilevante il nesso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione di una somma di denaro trovata insieme a sostanze stupefacenti. La Corte ha stabilito che, per questo tipo di confisca, non è necessario dimostrare il legame diretto (nesso di pertinenzialità) tra il denaro e il reato contestato, a differenza della confisca diretta.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Sproporzione: Quando il Legame tra Denaro e Reato Non Serve

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2846 del 2025, affronta un tema cruciale in materia di misure patrimoniali: la confisca per sproporzione. Questo provvedimento chiarisce un aspetto fondamentale che distingue questa forma di confisca da quella diretta, ovvero la non necessità di provare un legame diretto tra il bene sequestrato e il reato contestato. La decisione nasce dal ricorso di un soggetto indagato per detenzione di stupefacenti, a cui era stata sequestrata una cospicua somma di denaro.

I Fatti del Caso

Durante una perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine rinvenivano, oltre a una quantità di sostanza stupefacente ritenuta destinata allo spaccio, una somma in contanti di 10.330 euro. Il Tribunale di Torino disponeva e successivamente confermava il sequestro preventivo della somma, finalizzato alla confisca per sproporzione ai sensi dell’art. 85-bis del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990) e dell’art. 240-bis del codice penale.

L’indagato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, il provvedimento non spiegava in che modo il denaro fosse collegato al reato. Egli sosteneva che, essendogli stata contestata solo la detenzione e non la cessione della droga, mancasse il cosiddetto “nesso di pertinenzialità” tra i contanti e l’attività illecita.

La Decisione della Suprema Corte e la Confisca per Sproporzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. La decisione si basa su una distinzione netta tra due diversi tipi di confisca previsti dal nostro ordinamento.

* Confisca Diretta (art. 240 c.p.): Richiede che il bene sia il prodotto, il profitto o lo strumento del reato. In questo caso, è indispensabile dimostrare un legame diretto e specifico tra la cosa da confiscare e il reato commesso.
* Confisca per Sproporzione (art. 240-bis c.p.): Ha una finalità differente. Colpisce i patrimoni di cui il soggetto non può giustificare la legittima provenienza e che risultano di valore sproporzionato rispetto ai suoi redditi. L’obiettivo è sottrarre ricchezze accumulate illecitamente, anche se non direttamente collegate a un singolo, specifico reato.

Le Motivazioni

I giudici hanno chiarito che l’art. 240-bis del codice penale, richiamato in materia di stupefacenti dall’art. 85-bis, non richiede affatto la sussistenza del nesso di pertinenzialità. Ciò che rileva è la sproporzione tra i beni posseduti e le fonti di reddito lecite della persona. Il sequestro e la successiva confisca si fondano su un giudizio di pericolosità sociale derivante dalla commissione di determinati reati (come lo spaccio) e dalla constatazione di un arricchimento anomalo e ingiustificato.

La difesa dell’indagato, incentrata sulla mancata prova che quei 10.330 euro fossero il ricavato di una specifica vendita di droga, era quindi inconferente. Per la confisca per sproporzione, è sufficiente che l’indagato per un reato-presupposto (come la detenzione di droga a fini di spaccio) possieda beni di valore non commisurato al proprio tenore di vita o alle proprie attività economiche. Sarà poi l’indagato, in sede di merito, a dover fornire la prova della provenienza lecita dei beni.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio consolidato e di grande importanza pratica nella lotta alla criminalità. La confisca per sproporzione è uno strumento potente che permette allo Stato di aggredire i patrimoni illeciti senza dover ricostruire il collegamento di ogni singolo bene a un reato specifico. La decisione conferma che, di fronte a un indagato per reati gravi e in presenza di beni di dubbia provenienza, l’onere di giustificarne l’origine lecita spetta al possessore, invertendo il normale onere probatorio. Di conseguenza, il sequestro del denaro è stato ritenuto legittimo, non perché provento di uno specifico atto di spaccio, ma perché costituiva un bene sproporzionato di cui l’indagato non poteva giustificare il possesso.

Per procedere con un sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione è necessario provare che il bene deriva direttamente dal reato contestato?
No, la sentenza chiarisce che per la confisca per sproporzione, a differenza di quella diretta, non è richiesta la prova del nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato. È sufficiente la sproporzione del valore del bene rispetto al reddito o all’attività economica del soggetto indagato.

Cosa distingue la confisca per sproporzione (art. 240-bis c.p.) dalla confisca diretta (art. 240 c.p.)?
La confisca diretta richiede un legame specifico tra il bene e il reato (il bene deve essere il prezzo, il prodotto o il profitto del reato). La confisca per sproporzione, invece, colpisce i beni di cui il soggetto non sa giustificare la provenienza lecita e il cui valore è sproporzionato rispetto alle sue entrate, senza necessità di collegarli a un singolo episodio criminale.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato?
Quando il ricorso è ritenuto inammissibile, come in questo caso, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza valide ragioni giuridiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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