Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19215 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19215 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a LOCRI( ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a CANTÙ( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 04/07/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con il decreto di cui in epigrafe la corte di appello di l’Aquila, sezione misure di prevenzione, confermava il decreto del tribunale di l’Aquila del 20.12.2022, con cui era stata disposta la confisca di due beni immobili nella disponibilità di COGNOME NOME e di COGNOME NOME.
Avverso il decreto della corte territoriale, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, con due distinti atti di impugnazione, fondati su di un unico motivo ad essi comune, i suddetti COGNOME e COGNOME, lamentando violazione di legge, con riferimento agli artt. 125, co. 3, c.p.p., 16 e 24, d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto la corte territoriale sarebbe incorsa in un vero e proprio errore di diritto, posto che il prezzo per l’acquisto dei beni immobili di cui si discute è stato corrisposto grazie a un mutuo bancario erogato ai due ricorrenti, le cui rate andranno a scadere nel lontano primo gennaio del 2040, sicché non può sostenersi che il suddetto pagamento sia stato effettuato con proventi delle attività illecite, trattandosi di pagamento che sarà adempiuto solo a distanza di numerosi anni.
Rilevano, inoltre, i ricorrenti come sia meramente congetturale, dunque apparente, la motivazione con cui la corte territoriale ha evidenziato che l’evidente sproporzione fra i redditi dichiarati e il prezzo di acquisto degli immobili, compresa l’entità dell’accollo, renderebbe verosimilmente illecita la provenienza della provvista da utilizzarsi per il pagamento delle rate non ancora scadute, apparendo una mera eventualità che le rate di mutuo non ancora scadute verranno corrisposte con proventi di attività illecite che il COGNOME andrà a commettere in futuro.
Con requisitoria scritta del 20.12.2023 il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO, chiede i ricorsi vengano rigettati.
I ricorsi vanno dichiarati inammissibili per le seguenti ragioni.
Al riguardo si osserva che, alla luce dell’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, la strumentalità di un credito derivante dalla concessione di un mutuo ipotecario al proposto, può presumersi, fino a prova contraria, nei casi di corrispondenza temporale tra
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l’insorgenza del credito e l’accertata pericolosità sociale, dovendosi ritenere che l’incrementata disponibilità di mezzi finanziari sia senz’altro idonea ad agevolare, pur indirettamente, la realizzazione delle attività illecite (cfr., ex plurimis . , Sez. 5, n. 1869 del 17/11/2021, Rv. 282734; Sez. 6, n. 14143 del 06/02/2019, Rv. 275533).
In applicazione di tali principi si è ritenuta legittima, ad esempio, la confisca di un terreno acquistato con mutuo ipotecario, erogato nel periodo in cui si erano manifestati gli indizi di appartenenza del proposto ad un sodalizio mafioso, nonché la sperequazione tra acquisti ed entrate del medesimo (cfr. la già citata Sez. 6, n. 14143 del 06/02/201.9, Rv. 275533). Tanto premesso, non vi è ragione per non estendere tali principi anche alla fattispecie che ci occupa, in cui, come riconoscono gli stessi ricorrenti, la maggior parte del prezzo di vendita di entrambi i beni immobili, acquistati nel 2010, è stata oggetto di accollo della quota del mutuo frazioNOME concesso alla parte venditrice, con prima scadenza all’1.7.2010 e ultima all’1.1.2040, posto che, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in caso di accollo la scelta di sostituire integralmente un debitore all’altro (se del caso modulando anche diversamente il tenore dell’obbligo) non si differenzia da quella della originaria erogazione del mutuo (cfr. Sez. 6, n. 27692 del 19/05/2021, Rv. 281821). Orbene, la corte territoriale ha evidenziato, con puntuale argomentazione, senza che sul punto i ricorrenti abbiano articolato specifiche censure, la sussistenza di un’evidente sproporzione fra i redditi dichiarati e il prezzo di acquisto degli immobili, compresa l’entità dell’accollo, intervenuto in un periodo di tempo in cui era già emersa la pericolosità sociale del COGNOME, dedito ad attività illecita nel settore del commercio di sostanze stupefacenti a decorrere dall’anno 2008.
Su tale sproporzione e sulla mancanza di capacità reddituale dei ricorrenti per far fronte agli oneri derivanti dall’accollo, evidenziata dal contenuto delle dichiarazioni dei redditi per gli anni d’imposta 2008, 2009, 2010 e 2011, i giudici di merito hanno correttamente fondato la propria valutazione sulla illecita provenienza, sia della provvista utilizzata sino a ora per il pagamento delle rate dei mutui scadute, sia di
quella che verrà utilizzata per il pagamento di quelle non ancora in scadenza.
A fronte di tale limpido argomentare i ricorrenti svolgono rilievi del tutto generici, non confrontandosi realmente con il contenuto della motivazione, articolando, peraltro, censure sulla tenuta della motivazione (che certo, per le ragioni già esposte, non può ritenersi apparente), non consentite in questa sede (cfr. (Sez. U., 29.5.2014, n. 33451, rv. 260246; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv. 266365).
In particolare i ricorrenti sono venuti meno all’onere di allegazione difensiva che su essi gravava in ordine alla legittima provenienza dei beni.
Come chiarito, infatti, da un condivisibile arresto della giurisprudenza di legittimità, l’acquisto di un immobile mediante l’accensione di un mutuo non costituisce dimostrazione della legittima provenienza della provvista, dovendosi fornire la prova della disponibilità di risorse lecite e sufficienti a sostenere il pagamento delle rate mensili (cfr. Sez. 6, n. 21347 del 10/04/2018, Rv. 273388), che, nel caso in esame, non è stata fornita dai ricorrenti.
6. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616. 5 c.p.p., ciascuno al pagamento delle spese del procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro 3000,00, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere i ricorrenti medesimi immuni da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. -\
Così deciso in Roma il 22.1.2024