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Confisca per sproporzione: il denaro trovato con la droga

Un soggetto viene trovato in possesso di 35 dosi di cocaina e oltre 2.700 euro. La Corte di Cassazione conferma la condanna per spaccio e la confisca del denaro, applicando il principio della confisca per sproporzione. Secondo la Corte, non è necessario provare che il denaro sia il diretto provento dello spaccio se l’imputato non ne giustifica la legittima provenienza e la somma è sproporzionata rispetto al suo reddito.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Sproporzione: Quando il Denaro Trovato con la Droga Viene Sequestrato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nella lotta al narcotraffico: la sorte del denaro contante rinvenuto in possesso di chi detiene sostanze stupefacenti. La pronuncia chiarisce le condizioni per applicare la cosiddetta confisca per sproporzione, uno strumento che permette di aggredire i patrimoni di illecita provenienza anche quando non è possibile dimostrare il collegamento diretto tra il denaro e una specifica attività di spaccio. Questa decisione consolida un orientamento giuridico di grande impatto pratico.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante una perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine avevano rinvenuto 35 involucri di cocaina crack e una cospicua somma di denaro contante, pari a 2.786,50 euro. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto che la quantità e la suddivisione della droga in dosi fossero elementi sufficienti a provare l’intento di spaccio, condannando l’imputato e disponendo la confisca della somma di denaro.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali:

1. Errata qualificazione del fatto: Si sosteneva che la detenzione fosse per uso personale e non per spaccio. A supporto di questa tesi, si evidenziava l’esito negativo della perquisizione domiciliare (senza ritrovamento di bilancini o altro materiale per il confezionamento) e la mancata analisi quantitativa del principio attivo della sostanza.
2. Illegittimità della confisca: La difesa contestava la confisca del denaro, affermando che non vi fosse alcuna prova che la somma costituisse il profitto, il prodotto o il prezzo del reato contestato.

L’Analisi della Corte e la Confisca per Sproporzione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, ritenendo il ricorso infondato. Sul primo punto, i giudici hanno ribadito che la finalità di spaccio può essere desunta da una serie di indizi, come la quantità di sostanza, la sua tipologia (‘droga pesante’) e soprattutto la sua suddivisione in numerose dosi pronte per la vendita. La mancata analisi del principio attivo non è stata considerata decisiva, poiché la prova della natura stupefacente può essere raggiunta anche attraverso altri elementi processuali.

Il punto più significativo della sentenza riguarda però il secondo motivo. La Corte ha chiarito che la confisca disposta non era quella ordinaria (prevista dall’art. 240 c.p.), che richiede la prova del nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato, ma la confisca per sproporzione (o allargata), disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale e, per i reati di droga, dall’art. 85-bis del d.P.R. 309/1990. Questa norma, recentemente estesa anche al reato di detenzione a fini di spaccio, opera su presupposti diversi.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che, per la confisca per sproporzione, non è necessario che l’accusa dimostri che il denaro sia il ricavato di una specifica cessione di droga. L’onere della prova viene, di fatto, invertito: è l’imputato a dover giustificare la legittima provenienza del denaro o dei beni di cui ha la disponibilità. Nel caso di specie, l’imputato non era stato in grado di fornire alcuna spiegazione plausibile sull’origine dei quasi 2.800 euro, non avendo un’attività economica o un reddito dichiarato che potesse giustificarne il possesso. La sproporzione tra il denaro posseduto e la situazione reddituale dell’imputato è stata quindi l’elemento chiave che ha legittimato la confisca. La somma, trovata in parte nell’auto e in parte in casa, è stata considerata un bene di cui l’imputato non poteva giustificare la provenienza, rendendo legittima l’applicazione della misura ablativa.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio nella repressione dei reati legati agli stupefacenti. Stabilisce che il denaro di cui non si sa giustificare la provenienza, se trovato nella disponibilità di un soggetto condannato per spaccio, può essere confiscato anche in assenza della prova di un collegamento diretto con l’attività illecita. La confisca per sproporzione si conferma così uno strumento essenziale per colpire i patrimoni accumulati illegalmente, spostando sull’imputato l’onere di dimostrare la liceità delle proprie risorse finanziarie e patrimoniali. Ciò rappresenta un deterrente significativo e un mezzo efficace per privare la criminalità dei suoi profitti.

È sempre necessaria un’analisi chimica per provare che una sostanza è droga ai fini di una condanna per spaccio?
No, la sentenza chiarisce che il giudice può basarsi su altre prove (come il numero di dosi, la tipologia di sostanza, le modalità di confezionamento) per stabilire la natura stupefacente della sostanza, pur nel rispetto dell’obbligo di motivazione.

Per confiscare del denaro trovato a una persona accusata di spaccio, bisogna sempre provare che quel denaro deriva dalla vendita di droga?
No. La Corte ha applicato la “confisca per sproporzione” (art. 240-bis c.p.), che non richiede questa prova diretta. È sufficiente che l’imputato non sappia giustificare la legittima provenienza del denaro e che questo sia sproporzionato rispetto al suo reddito.

Che cos’è la “confisca per sproporzione” e quando si applica nei reati di droga?
È una misura che permette di confiscare denaro o beni di cui l’imputato non può giustificare la provenienza e che risultano sproporzionati rispetto al suo reddito. A seguito di una recente modifica normativa, si applica anche al reato di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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