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Confisca per sproporzione: il caso della Cassazione

Un soggetto, condannato per reati legati agli stupefacenti, ha impugnato la confisca di oltre 14.000 euro trovati in suo possesso. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità della confisca per sproporzione. La Corte ha ritenuto la somma palesemente sproporzionata rispetto al basso reddito dichiarato dall’individuo e ha considerato la giustificazione fornita (denaro di un familiare) generica e non provata, ribadendo l’obbligatorietà di tale misura in assenza di prove sulla lecita provenienza dei fondi.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Sproporzione: Quando il Denaro non Giustificato Viene Acquisito dallo Stato

La detenzione di ingenti somme di denaro contante, se non supportata da una chiara e lecita provenienza, può comportare gravi conseguenze legali, specialmente a seguito di una condanna penale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito la rigidità della legge in materia, confermando la legittimità della confisca per sproporzione anche a seguito di una sentenza di patteggiamento. Questo principio sottolinea come il possesso di ricchezza non giustificabile possa essere interpretato come il frutto di attività illecite, portando alla sua acquisizione da parte dello Stato.

I Fatti del Caso: Denaro Nascosto e Redditi Bassi

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo che, a seguito di un patteggiamento per reati legati agli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/1990), ha presentato ricorso contro la confisca di una somma di circa 14.000 euro. Questo denaro era stato rinvenuto, occultato in un armadio della sua camera da letto, durante le indagini. L’elemento cruciale che ha dato il via alla misura patrimoniale è stata la palese sproporzione tra la somma sequestrata e i redditi da lavoro dichiarati dal soggetto, ammontanti a circa 500 euro mensili. Di fronte a tale discrepanza, la giustificazione fornita dall’interessato – secondo cui il denaro sarebbe stato frutto dei guadagni del fratello – è stata ritenuta dal giudice generica e priva di riscontri oggettivi.

Il Ricorso in Cassazione e la Confisca per Sproporzione

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge nell’applicazione della confisca. È importante ricordare che l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento (ex art. 444 c.p.p.) è consentita solo per un novero ristretto di motivi, tra cui l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata. La confisca per sproporzione, disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale e resa applicabile ai reati in materia di stupefacenti dall’art. 85-bis del D.P.R. 309/1990, rientra in questa categoria. La norma prevede che sia sempre disposta la confisca del denaro e dei beni di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la norma sulla confisca per sproporzione è chiara e inequivocabile. Il giudice di merito aveva correttamente applicato la legge, basando la sua decisione su dati oggettivi: da un lato, l’ingente somma di denaro contante; dall’altro, i redditi mensili molto bassi dell’imputato. La sproporzione era evidente e la motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata congrua, logica e perfettamente conforme al dettato normativo. La Corte ha inoltre specificato che la giustificazione addotta dall’imputato, relativa alla presunta provenienza del denaro dal fratello, costituiva una censura generica e irrilevante, in quanto si riferiva a redditi non riconducibili direttamente al condannato, sul quale invece ricade l’onere di dimostrare la provenienza lecita dei beni in suo possesso.

Le Conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale nel contrasto ai patrimoni di origine illecita: l’onere di giustificare la provenienza di beni sproporzionati rispetto al proprio reddito legale spetta al condannato. La confisca per sproporzione si conferma uno strumento potente ed efficace, che prescinde dalla prova di un nesso di causalità diretto tra il singolo bene e il reato commesso. È sufficiente dimostrare la sproporzione e la mancanza di una spiegazione credibile perché lo Stato possa legittimamente acquisire tali ricchezze. La decisione funge da monito: la trasparenza e la tracciabilità delle proprie finanze sono essenziali per non incorrere in misure patrimoniali di questo tipo, le cui conseguenze possono essere estremamente severe.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento per contestare una confisca?
Sì, è possibile, ma solo per motivi specifici previsti dalla legge, tra cui l’illegalità della misura di sicurezza come la confisca. Tuttavia, se il motivo del ricorso è ritenuto manifestamente infondato, come in questo caso, viene dichiarato inammissibile.

In cosa consiste la confisca per sproporzione?
È una misura che obbliga alla confisca del denaro o di altri beni di cui un condannato non può giustificare la legittima provenienza, quando il loro valore è sproporzionato rispetto al suo reddito dichiarato o alla sua attività economica. È prevista dall’art. 240 bis del codice penale.

Chi deve dimostrare la provenienza del denaro in caso di confisca per sproporzione?
L’onere della prova ricade sul condannato. È quest’ultimo che deve fornire una giustificazione credibile e supportata da prove oggettive riguardo alla provenienza lecita del denaro o dei beni che possiede in misura sproporzionata rispetto al suo reddito. Spiegazioni generiche o non provate non sono ritenute sufficienti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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