Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24091 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24091 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAVONA il 27/05/1985
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME che ha avverso l’ordinanza del 07/01/2025 del TRIBUNALE di SAVONA Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
L’ordinanza impugnata è stata emessa il 7 gennaio 2025 dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Savona che, decidendo in sede di rinvio dopo annullamento della prima sezione penale di questa Corte e accogliendo la richiesta del pubblico ministero, ha disposto la confisca ex art. 240-bis cod. pen. di un compendio immobiliare sito in Albissola Marina e la confisca di denaro, beni mobili e immobili o altre utilità nella disponibilità di NOME COGNOME fino all’importo complessivo di euro 423.061,24.
Queste le scansioni procedimentali che hanno preceduto ‘l’emissione dell’ordinanza impugnata.
Il 13 luglio 2017, NOME COGNOME aveva patteggiato la pena in relazione a plurimi episodi di concussione; in quella sede, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona aveva disposto la confisca ex artt. 240 e 322ter cod. pen. del denaro fino all’importo di euro 185.000; successivamente, con due istanze del 24 ottobre 2019 e del 8 luglio 2020, il pubblico ministero aveva promosso incidente di esecuzione chiedendo la confisca ex art. 240-bis cod. pen. dei beni e delle somme ivi indicate, di cui COGNOME aveva la disponibilità, in quanto la Guardia di Finanza aveva accertato un’evidente sproporzione tra risorse economiche dell’imputato e suoi redditi leciti. Dopo che il Giudice per le indagini preliminari aveva conferito apposito incarico peritale onde accertare la sperequazione per gli anni dal 2006 al 2015, l’aveva ritenuta accertata nella misura di euro 1.203.061,24 ed aveva disposto la confisca ex art. 240-bis cod. pen. del denaro e dei beni nella disponibilità di COGNOME fino a detta somma, detratta quella per cui era stata già disposta la confisca in sede di patteggiamento.
La prima sezione penale – su ricorso del COGNOME – aveva annullato detto provvedimento ritenendo fondate le censure del ricorrente nella parte in cui aveva lamentato che si fosse dato luogo alla confisca per equivalente di cui all’art. 240-bis, comma 2, cod. pen. benché potesse procedersi alla confisca diretta di cui al primo comma della medesima disposizione, in quanto il perito nominato dal Giudice per le indagini preliminari aveva individuato specifici beni e somme di denaro acquisiti da COGNOME nell’ambito del perimetro temporale di riferimento e di valore sproporzionato rispetto ai suoi redditi leciti.
Il nuovo provvedimento del Giudice dell’esecuzione – che viene oggi al vaglio del Collegio – ha recepito il mandato della sentenza rescindente ed ha individuato come oggetto di confisca ex art. 240-bis, comma 1, cod. pen. un immobile sito nel Comune di Albissola (precisando che, invece, la somma di 800.000 euro cui pure accennava la prima sezione penale come possibile obiettivo della confisca diretta non era più nella disponibilità del COGNOME) e ordinando la confisca per equivalente, ai sensi del secondo comma della disposizione codicistica, solo per la differenza tra l’importo della sperequazione accertata dal perito e il valore dell’immobile di Albissola, differenza pari ad euro 423.061,24.
NOME COGNOME ha proposto nuovamente ricorso per cassazione, lamentando violazione dell’art. 240-bis cod. pen. Secondo il ricorrente, il nuovo provvedimento del Giudice dell’esecuzione riproporrebbe gli stessi contenuti di
quello annullato dalla prima sezione penale. Nel concreto, la parte sostiene di essere titolare solo dell’immobile di Albissola e che sarebbe stata errata la notazione della sentenza di annullamento con rinvio in cui si dava atto della disponibilità della somma di 800.000 euro, siccome tale conclusione era stata tratta dalle dichiarazioni di NOME COGNOME che aveva riferito di avere ricevuto un prestito di tale importo dal COGNOME. Il ricorrente si concentra poi sulla portata della formula adottata dal Giudice dell’esecuzione per indicare la confisca di beni del valore di 423.061,24 euro, sostenendo che, poiché non ha disponibilità ulteriori rispetto all’immobile, tale misura colpirebbe beni futuri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per varie ragioni.
1. La prima causa di inammissibilità del ricorso concerne la censura che riguarda la somma di 800.000 euro menzionata dalla prima sezione penale e che il Giudice dell’esecuzione ha specificato non essere più nella disponibilità di COGNOME all’atto dell’esecuzione dell’indagine peritale.
Su questo versante, il ricorso è innanzitutto generico nella misura in cui non chiarisce quale sia l’obiettivo della censura, cioè se il problema riguardi la possibilità di apprensione diretta ex art. 240-bis, comma 1, cod. pen. della somma siccome sproporzionata rispetto al reddito lecito ovvero se, più a monte, la doglianza intenda contestare il giudizio di sproporzione fondato anche sulla disponibilità di quella somma in capo all’imputato nel periodo di riferimento.
Nell’uno o nell’altro caso, peraltro, il ricorso è in fatto, giacché pretenderebbe di rimettere in discussione il criterio di riconduzione dl denaro al ricorrente, contestando l’affidabilità dimostrativa delle dichiarazioni del soggetto che aveva riferito di avere ottenuto quella somma in prestito da COGNOME e di avergliela restituita nel periodo di interesse.
Altra riflessione che pure induce a ritenere inammissibile la censura riguarda il fatto che quello della riconducibilità a COGNOME della somma in discorso non era un tema oggetto del ricorso sul quale si è pronunziata la prima sezione penale di questa Corte, con conseguente impossibilità di introdurre il tema solo oggi, dopo che l’annullamento con rinvio aveva circoscritto il thema decidendum alla sola verifica della possibilità di procedere, prima che a confisca per equivalente ex art. 240-bis, comma 2, cod. pen., a confisca diretta ai sensi del primo comma della medesima disposizione.
2. La seconda causa di inammissibilità del ricorso è la mancanza di interesse attuale e concreto a promuovere la doglianza circa la possibilità di confisca di beni futuri che il provvedimento impugnato legittimerebbe indicando la somma residua di euro 423.061,24 per cui può darsi luogo alla confisca di valore per sproporzione, interesse necessario per l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione, ex art. 568, comma 4, cod. proc. pen. La parte, infatti, nel dolersi del fatto che il provvedimento impugnato potrebbe colpire beni futuri, pone una questione non attuale, atteso che quello del Giudice dell’esecuzione è un provvedimento che, una volta accertato il profitto confiscabile, ha semplicemente distinto tra il bene confiscabile direttamente ai sensi dell’art. 240-bis, comma 1, cod. pen. e la somma residua per cui può eseguirsi la confisca di valore ai sensi della secondo comma del medesimo art. 240-bis cod. pen., restando appannaggio dell’organo dell’esecuzione l’individuazione dei beni da confiscare per equivalente. Solo qualora il provvedimento venisse eseguito rispetto a beni futuri, il ricorrente potrebbe formulare le doglianze che oggi pone all’attenzione della Corte, come osserva il Procuratore generale in sede, proponendo incidente di esecuzione. In quest’ultimo caso, infatti, la confisca non sarebbe consentita qualora l’ingresso del bene che si sottoponesse a confisca in esecuzione del provvedimento del Giudice dell’esecuzione oggi impugnato fosse al di fuori del range di ragionevolezza temporale di cui hanno scritto, tra le altre, Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 281561 – 01, e, comunque, si ponesse oltre la sentenza di patteggiamento (cfr. Sezioni Unite COGNOME, § 14.6) o, comunque, non costituisse bene acquistato con denaro acquisito nel lasso di tempo in cui ha avuto attuazione la condotta delittuosa ascritta al COGNOME.
Da questo punto di vista, il Collegio non può che evocare i recenti insegnamenti delle Sezioni Unite di questa Corte appena richiamati, secondo cui il giudice dell’esecuzione può disporre la confisca ex art. 240-bis cod. pen. in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilità del condannato, fermo il criterio di “ragionevolezza temporale”, fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza, ma con risorse finanziarie possedute prima.
3. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. (come modificato ex I. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte costf 13/6/2000 n.186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/05/2025.