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Confisca per sproporzione: i limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato avverso un’ordinanza di confisca per sproporzione. Il provvedimento aveva disposto la confisca diretta di un immobile e quella per equivalente per la restante somma. La Corte ha ritenuto il ricorso generico, basato su questioni di fatto non riesaminabili in sede di legittimità e privo di interesse attuale riguardo la presunta aggressione di beni futuri, chiarendo che tale doglianza potrà essere sollevata solo in sede di esecuzione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

La confisca per sproporzione, disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale nel contrasto all’accumulazione di ricchezze illecite. Tuttavia, il percorso che porta alla sua applicazione può essere complesso e dare adito a diverse questioni procedurali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 24091/2025, offre importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione in sede di legittimità, in particolare quando il provvedimento di confisca riguarda sia beni specifici sia somme di denaro per equivalente.

I fatti del caso

La vicenda giudiziaria trae origine da una sentenza di patteggiamento per plurimi episodi di concussione a carico di un soggetto. In quella sede, il giudice aveva disposto una prima confisca per un importo di 185.000 euro. Successivamente, a seguito di indagini della Guardia di Finanza che avevano rivelato una notevole sproporzione tra i beni nella disponibilità del condannato e i suoi redditi leciti, il pubblico ministero avviava un incidente di esecuzione per ottenere una confisca per sproporzione ai sensi dell’art. 240-bis c.p. Una perizia quantificava tale sperequazione in oltre 1,2 milioni di euro.

Un primo provvedimento del Giudice dell’esecuzione veniva annullato dalla Cassazione, la quale riteneva che si dovesse privilegiare la confisca diretta dei beni sproporzionati anziché ricorrere indiscriminatamente a quella per equivalente. Ritornato al Giudice dell’esecuzione, il caso vedeva l’emissione di una nuova ordinanza, che disponeva la confisca diretta di un immobile e, per la differenza residua di circa 423.000 euro, la confisca per equivalente. Contro questa seconda ordinanza, il condannato proponeva un nuovo ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha qualificato come generiche e di merito le censure relative alla presunta indisponibilità di una somma di 800.000 euro, sottolineando che la Cassazione non può riesaminare le valutazioni di fatto del giudice. Inoltre, tale questione non era stata oggetto del precedente annullamento con rinvio, limitando così il thema decidendum del nuovo giudizio.

Le motivazioni della confisca per sproporzione e l’inammissibilità del ricorso

Il punto cruciale della decisione riguarda la doglianza del ricorrente sulla potenziale aggressione di beni futuri per soddisfare la confisca per sproporzione per equivalente. La Corte ha ritenuto tale preoccupazione priva di interesse attuale e concreto. Il provvedimento impugnato si era limitato a quantificare il valore da confiscare, distinguendo tra la parte da aggredire in forma diretta (l’immobile) e quella da aggredire per equivalente. L’individuazione concreta dei beni da sottoporre a confisca per equivalente è una fase successiva, demandata all’organo dell’esecuzione. Sarà solo in quel momento, qualora venisse aggredito un bene futuro, che il ricorrente potrà contestare la legittimità dell’atto tramite un incidente di esecuzione. La Corte ha richiamato i principi espressi dalle Sezioni Unite (sent. Crostella), che legano la confiscabilità dei beni a un criterio di “ragionevolezza temporale” rispetto alla commissione del reato e alla sentenza.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce due principi fondamentali. Primo, il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito e non può essere utilizzato per contestare l’accertamento dei fatti compiuto dai giudici precedenti. Secondo, la distinzione tra il momento in cui si determina l’an e il quantum della confisca per equivalente e il momento esecutivo in cui si individuano i beni specifici da aggredire. Le doglianze relative alla legittimità dell’apprensione di un determinato bene, specie se acquisito in epoca successiva alla condanna, devono essere sollevate in sede di esecuzione, dimostrando l’assenza di un nesso, anche temporale, con le attività illecite.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti, come la disponibilità di una somma di denaro, già decisa dal giudice dell’esecuzione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il ricorso è inammissibile se pretende di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o l’affidabilità di prove, compiti che spettano esclusivamente al giudice di merito. Inoltre, non si possono introdurre temi che non erano oggetto del precedente annullamento con rinvio.

La condanna alla confisca per equivalente di una somma di denaro colpisce automaticamente i beni che una persona acquisterà in futuro?
No. La sentenza chiarisce che il provvedimento che determina l’importo della confisca per equivalente non colpisce automaticamente beni futuri. La questione diventa attuale e contestabile solo se e quando l’organo dell’esecuzione tenta di aggredire un bene specifico. A quel punto, il condannato può opporsi se ritiene che il bene sia stato acquisito in un’epoca non collegabile al reato.

Qual è la differenza tra confisca diretta e confisca per equivalente ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen.?
La confisca diretta si applica ai beni specifici che risultano di valore sproporzionato rispetto al reddito e di cui non si è potuta giustificare la legittima provenienza. La confisca per equivalente interviene in via sussidiaria, solo quando non è possibile procedere alla confisca diretta, permettendo di aggredire altri beni di valore corrispondente nella disponibilità del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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