Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 601 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 601 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOMECOGNOME nato il 01/01/1963 a Fiumara COGNOME NOMECOGNOME nata il 08/10/1965 in Australia avverso l’ordinanza del 26/01/2023 della Corte d’appello di Reggio Calabria.
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Reggio Calabria, con il provvedimento in epigrafe, ha confermato il decreto della medesima Corte di sequestro preventivo e confisca ex art. 240-bis cod. pen. di un terreno catastalnnente identificato e acquistato il 16 novembre 2005 per il valore dichiarato “ai soli fini fiscali” di euro 30.000 (ma per il pre convenuto fra le parti di euro 15.000, somma asseritamente già precedentemente
corrisposta in lire 30 milioni al venditore) da NOME COGNOME coniuge di NOME COGNOME definitivamente condannato per il reato di cui all’art. 416-bis, connrni 1 e 4, cod. pen. commesso dal 2005 al 2009.
Rilevava la Corte che, attesa la netta sproporzione del patrimonic posseduto rispetto all’esiguità dei redditi dichiarati e alla modesta attività lavorativa di raccolta delle ara e in assenza di una congrua giustificazione della provenienza di detta somma di denaro, l’acquisto appariva frutto del reimpiego di risorse illecitamente accumulate nell’arco temporale di operatività della relativa presunzione. Non risultava invero adeguatamente provata dagli opponenti, né documentalmente e neppure all’esito della deposizione dell’Avv. D. COGNOME la circostanza che il prezzo versato per l’acquisto del terreno era stato come da scrittura privata risalente al 5 aprile 2004 ma priva di data certa – di 15.000 e non di 30.000 euro, somma (30 milioni di lire) di cui Buda avrebbe beneficiato nei primi anni del 2000 a titolo di risarcimento danni subiti a seguito di un incidente stradale occorso il 31 maggio 2000.
Il difensore degli opponenti ha proposto ricorso per cassazione avverso detta ordinanza, censurandone la violazione di legge poiché la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente verificato il collegamento cronologico dell’atto di acquisto del terreno, risalente al 2004, con l’attività criminosa presupposta, contestata a partire dal 2005, né l’attendibilità della prova contraria offerta dalla difesa, la quale avrebbe comunque dimostrato l’effettività di una pratica assicurativa avviata dall’Avv. COGNOME e liquidata in e non in euro a favore di Buda nei primi anni del 2000, a seguito di lesioni personali subite in un incidente stradale, né infine l’entità dei redditi derivanti dall’effe svolgimento di un’attività lavorativa negli stessi anni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che, in tema di confisca ex art. 240-bis cod. pen., la presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale opera, oltre che in relazione ai beni del condannato, anche per quelli intestati al coniuge e ai figli, qualora la sproporzione tra i patrimonio nella titolarità di tali soggetti e l’attività lavorativa dagli stessi rapportata alle ulteriori circostanze del fatto concreto, appaia dimostrativa della natura simulata dell’intestazione (Sez. 2, n. 23937 del 20/05/2022a COGNOME, Rv. 283177), ritiene il Collegio che i motivi di ricorso siano per un verso ripetitivi delle doglianze mos con l’atto di opposizione e già motivatamente disattese da quel giudice, e per altro verso manifestamente infondati perché, sotto l’apparente denuncia di una violazione di legge, in realtà sollecitano una nuova e più favorevole valutazione delle risultanze probatorie.
2. La Corte territoriale, con adeguato apparato argomentativo in fatto, ha affermato che non risultava compiutamente provata dagli opponenti, né documentalmente e neppure all’esito della deposizione dell’Avv. NOME COGNOME la circostanza dedotta dalla difesa degli stessi, per cui il prezzo effettivo del terreno sarebbe stato – come da scrittur privata risalente al 5 aprile 2004 ma priva di data certa – di 15.000 e non di 30.000 euro, somma (pari a 30 milioni di lire) che Buda avrebbe incassato nei primi anni del 2000 a titolo di risarcimento danni subiti a seguito di un incidente stradale occorso il 31 maggio 2000.
Sicché difettava la prova certa, in particolare in ordine al quanturr ricevuto a titolo di indennizzo, che l’acquisto non fosse stato frutto del reimpiego di risorse illecitamente accumulate nel ragionevole arco temporale di operatività della relativa presunzione, con riguardo all’obiettiva vicinanza dell’acquisto al tempus commissi delicti 2005 / 2009 -. Ciò in disparte della sostanziale irrilevanza dell’eventuale ricezione della somma, tenuto in ogni caso conto – giusta le univoche risultanze dell’attività investigativa di cui alle n 13 ottobre e 16 novembre 2020 della Questura di Reggio Calabria – della netta sproporzione delle consistenze patrimoniali rispetto all’esiguità dei redditi dichiarati e al modesta attività lavorativa di raccolta delle arance svolta in quegli anni.
La Corte ne ha conseguentemente e logicamente desunto il fallimento della tesi difensiva, alla stregua del principio di diritto per cui, nel caso di confisca ex art. 240-bis cod. pen., dall’accertata sproporzione tra guadagni e patrimonio, che spetta alla pubblica accusa provare, scatta una presunzione iuris tantum d’illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall’interessato, in considerazione del principio della cd. “vicinanza della prova”, sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dall quali si possano desumere concreti e oggettivi elementi fattuali – nella specie insussistenti – a sostegno della tesi della legittima provenienza del bene confiscato attingendo al patrimonio legittimamente accumulato (Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373-01; Sez. 2, n. 3883 del 19111/2019, dep. 2020, Pomilio, Rv. 278679-03; Sez. 2, n. 43387 del 08/10/2019, Novizio, Rv. 277997-04).
Trattasi, a ben vedere, di apprezzamenti fattuali che, siccome congruamente giustificati con coerente apparato argomentativo e corretti in linea di diritto, non sono sindacabili in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
I ricorsi, condividendosi il puntuale ragionamento della requisitala del P.G., vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché, ciascuno, della somma, ritenuta equa, di tremila euro alla Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/11/2023