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Confisca per sproporzione: beni intestati a terzi

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della figlia di un condannato per associazione mafiosa, confermando il sequestro preventivo dei suoi beni. La sentenza chiarisce che la confisca per sproporzione è applicabile anche ai beni fittiziamente intestati a un terzo, qualora l’accusa dimostri la sproporzione tra reddito e patrimonio del terzo, la sua consapevolezza dell’origine illecita dei fondi e la disponibilità dei beni in capo al condannato.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione e beni intestati a terzi: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19703 del 2025, affronta un tema cruciale in materia di misure patrimoniali: la confisca per sproporzione applicata a beni formalmente intestati a un terzo. Questo provvedimento conferma che, anche in assenza di una presunzione legale, il sequestro è legittimo se l’accusa fornisce un quadro indiziario solido che dimostri l’intestazione fittizia e la provenienza illecita dei fondi. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un procedimento penale a carico di un soggetto, condannato in primo grado per gravi reati, tra cui associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). Nell’ambito di tale procedimento, il Giudice per le Indagini Preliminari (g.i.p.) aveva disposto il sequestro preventivo di diversi beni mobili e immobili, finalizzato alla confisca per sproporzione, ritenuti riconducibili alla famiglia del condannato. Tra questi beni, figuravano due immobili e fondi su rapporti bancari intestati alla figlia.

La figlia, qualificata come ‘terza interessata’, proponeva istanza di dissequestro, sostenendo di aver acquistato i beni con mezzi propri e leciti. L’istanza veniva rigettata sia dal Tribunale in composizione collegiale che, successivamente, dal Tribunale del riesame. Quest’ultimo, in particolare, evidenziava una netta sproporzione tra i redditi, molto modesti, dichiarati dalla donna e il valore degli immobili acquistati. Inoltre, emergeva che la donna beneficiava di continue ricariche su una carta prepagata di provenienza ignota e che era pienamente consapevole delle attività illecite del padre. Contro l’ordinanza del Tribunale del riesame, la donna ha proposto ricorso per Cassazione.

La Confisca per sproporzione e l’onere della prova

Il nucleo della difesa si basava sull’inversione dell’onere probatorio. Secondo la ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente posto a suo carico l’onere di giustificare la provenienza lecita dei beni, mentre spetterebbe all’accusa dimostrare il collegamento tra i beni e le attività criminali del padre.

La Cassazione, pur riconoscendo che la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale non opera automaticamente quando il bene è intestato a un terzo, ha chiarito che il Tribunale del riesame non ha invertito l’onere della prova. Al contrario, ha costruito la sua decisione su una serie di elementi concreti forniti dall’accusa, che insieme delineavano un quadro di interposizione fittizia.

Gli elementi a sostegno dell’intestazione fittizia

Il Tribunale del riesame ha fondato la sua decisione su plurimi elementi indiziari, ritenuti dalla Cassazione logici e congrui:

1. Sproporzione Economica: La donna non aveva la disponibilità economica per acquistare gli immobili. I suoi redditi, fino a pochi anni prima degli acquisti, erano nulli o molto bassi, insufficienti a coprire non solo il prezzo di acquisto ma anche le rate del mutuo contratto per uno degli immobili.
2. Mancanza di Interesse Diretto: Non è stato provato un interesse personale o di investimento della donna negli immobili, uno dei quali era un deposito di materiali edili e un terreno agricolo, mentre l’altro necessitava di costosi lavori di ristrutturazione.
3. Disponibilità in Capo al Padre: È stato accertato che il padre aveva l’effettiva disponibilità di uno degli immobili, dove era presente al momento del sequestro, pur essendo formalmente residente altrove.
4. Flussi Finanziari Anomali: La donna riceveva continue ricariche di provenienza ignota, talvolta per migliaia di euro al mese, su una sua carta prepagata.
5. Consapevolezza dell’Attività Illecita: Dalle intercettazioni era emersa la piena consapevolezza della ricorrente circa le attività delittuose del padre.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha stabilito che la motivazione del Tribunale del riesame non era né mancante né meramente apparente. Al contrario, i giudici di merito hanno seguito un percorso logico-giuridico coerente, enucleando una serie di elementi specifici per giustificare l’assunto accusatorio del carattere fittizio dell’intestazione dei beni. La Corte ha sottolineato come la valutazione sulla sproporzione tra il valore dei beni e i redditi del nucleo familiare, se congruamente motivata e basata su parametri verificabili, non sia censurabile in sede di legittimità. Il Tribunale ha correttamente valutato come implausibile che la ricorrente potesse disporre di redditi o risparmi sufficienti per gli investimenti immobiliari, considerando anche che la principale fonte di sostentamento della famiglia proveniva dalle attività illecite del padre, di cui lei era a conoscenza e da cui beneficiava economicamente.

Le conclusioni

In conclusione, il ricorso è stato rigettato. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel contesto della confisca per sproporzione, se un bene è intestato a un terzo, l’accusa ha l’onere di provare che si tratta di un’intestazione fittizia. Tale prova non richiede necessariamente la dimostrazione di un diretto passaggio di denaro dal condannato al terzo, ma può essere raggiunta attraverso un complesso di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. La manifesta sproporzione economica del terzo intestatario, unita a elementi come la sua consapevolezza, la disponibilità del bene in capo al condannato e flussi finanziari ingiustificati, costituisce una base probatoria sufficiente per disporre il sequestro e, successivamente, la confisca.

Quando si può applicare la confisca per sproporzione a beni intestati a un terzo?
La confisca si può applicare quando l’accusa fornisce un quadro probatorio solido dal quale emerga che l’intestazione è fittizia. Elementi chiave sono la sproporzione tra il patrimonio del terzo e i suoi redditi, la sua consapevolezza dell’origine illecita dei fondi e l’effettiva disponibilità del bene da parte del soggetto condannato.

A chi spetta l’onere di provare la provenienza illecita dei fondi in caso di intestazione fittizia?
L’onere della prova spetta all’accusa. A differenza dei beni intestati direttamente al condannato (dove opera una presunzione di illeceità), nel caso di beni intestati a terzi, il pubblico ministero deve dimostrare, attraverso elementi indiziari, che il terzo è un mero prestanome e che i beni sono stati acquistati con proventi illeciti.

La sola sproporzione tra reddito e acquisti del terzo è sufficiente per disporre il sequestro?
No, la sproporzione è un elemento fondamentale ma deve essere valutata insieme ad altri indizi. La sentenza evidenzia come, nel caso di specie, fossero determinanti anche altri fattori, quali la consapevolezza della ricorrente riguardo alle attività illecite del padre, la disponibilità effettiva dell’immobile in capo a quest’ultimo e la presenza di flussi di denaro di origine sconosciuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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