Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46792 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46792 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CASSANO COGNOME il 17/06/1988
avverso l’ordinanza del 11/07/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’Il luglio 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro, quale giudice del rinvio, ha confermato, ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen. cod. proc. pen., il decreto emesso dal locale Giudice per le indagini preliminari il 20 giugno 2023, con cui è stato disposto, ai sensi degli artt. 240-bis cod. pen. e 321 cod. proc. pen., il sequestro di taluni rapporti finanziari (una carta Evolution Retail ed un deposito al risparmio, entrambi accesi presso lo sportello di Lauropoli di Poste Italiane) intestati a NOME COGNOME terza interessata nel procedimento penale promosso nei confronti del congiunto NOME COGNOME indagato per i reati di associazione mafiosa ed associazione finalizzata al narcotraffico, commessi tra il 2018 ed il 2021, nonché per numerosi reati-fine di entrambi i sodalizi.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con i quali deduce, costantemente, violazione di legge.
Con il primo, lamenta che la misura cautelare è stata disposta in spregio al criterio della ragionevolezza temporale, essendo stato disposto il sequestro delle somme versate sulla carta e sul deposito a lei intestati in epoca precedente a quella di commissione, da parte di COGNOME, dei reati-spia.
Con il secondo, deduce che il sequestro è stato esteso a beni nella sua disponibilità sulla base di elementi concernenti in via esclusiva la posizione di Abbruzzese e, quindi, a lei non riferibili e senza il conforto di autonoma e specifica motivazione.
Con il terzo, si duole della mera apparenza della motivazione addotta dai giudici del riesame a dimostrazione della sussistenza del prescritto periculum in mora, cioè del rischio che la fruttuosità dell’esecuzione della confisca eventualmente disposta in esito al giudizio di cognizione possa essere vanificata dal compimento, medio tempore, di atti di dispersione del patrimonio.
Disposta la trattazione scritta, il Procuratore generale ha chiesto, con atto del 5 settembre 2024, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vertente su censure manifestamente infondate.
2. L’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. prevede che «Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge».
La giurisprudenza di legittimità ha, in proposito, chiarito che nella nozione di «violazione di legge», per la quale soltanto può essere proposto ricorso per cassazione in ragione della espressa previsione del citato comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710; Sez. 1, n. 40827 del 27/10/2010, COGNOME, Rv. 248468).
Ha, altresì, precisato che la «violazione di legge» comprende sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296).
Discutendosi, nella fattispecie, di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, appare utile ricordare, con la migliore giurisprudenza di legittimità, che il giudice, nel valutare il fumus commissi delicti, non può limitarsi all’astratta verifica della sussumibilità del fatto in un’ipotesi di reato, ma è tenuto ad accertare l’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, indicativi della riconducibilità dell’evento alla condotta dell’indagato, pur se compendio complessivo non deve necessariamente assurgere alla persuasività richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali (così, tra le altre, Sez. 4, n. 20341 del 03/04/2024, COGNOME, Rv. 286366 – 01; Sez. 5, n. 3722 del 11/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278152 – 01).
La posizione di terzo interessato assunta dall’odierna ricorrente la legittima, d’altro canto, a contestare, oltre alla fittizietà dell’intestazione, anche l’oggetti confiscabilità del bene in difetto del fumus commissí delicti e del periculum in mora, potendo l’assenza dei presupposti della confisca avvalorare la tesi della natura non fittizia, ma reale dell’intestazione (Sez. 6, n. 15673 del 13/03/2024, Pezzi, Rv. 286335 – 01); tanto, sul postulato che, ai fini del sequestro preventivo
finalizzato alla confisca allargata per sproporzione, è necessario accertare, quanto al fumus commissi delitti, l’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato, di uno dei reati indicati dalla norma citata, e quanto al periculum in mora, attesa la coincidenza di quest’ultimo requisito con la confiscabilità del bene, la presenza di seri indizi di esistenza delle condizioni che legittimano la confisca, e cioè da un lato la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, e dall’altro la mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Sez. 1, n. 16207 del 11/02/2010, COGNOME, Rv. 247237 – 01; Sez. 6, n. 27710 del 14/04/2008, brio, Rv. 240527 – 01; Sez. 1, n. 15908 del 19/01/2007, Cortellino, Rv. 236430 – 01).
Il provvedimento impugnato a0pare rispettoso delle regole ermeneutiche testé enunciate.
Il Tribunale del riesame, invero, dopo aver preso le mosse dall’apprezzamento di gravi indizi di colpevolezza a carico di NOME COGNOME in ordine a numerosi e gravi reati, di ordine associativo e non, che consentono la confisca per sproporzione ai sensi dell’art. 240-bis cod. proc. pen., ha sottoposto a verifica i redditi prodotti dai componenti del nucleo familiare dell’uomo, ivi compresa l’odierna ricorrente NOME COGNOME.
Le espletate investigazioni hanno messo in luce l’insufficienza dei redditi leciti prodotti dai soggetti interessati a giustificare gli acquisti e gli investimenti da lo effettuati nel periodo di interesse, ciò che ha consentito di apprezzare, in termini convincenti e non contraddetti dalle obiezioni difensive, la sicura sussistenza del fumus in ordine alla confiscabilità dei beni sottoposti a vincolo.
A fronte di un percorso argomentativo esente da tangibili vizi logici e coerente con la cornice normativa di riferimento, la ricorrente svolge censure che appaiono prive di pregio.
Ribadisce, in termini di assoluta genericità, la necessità, invero condivisa, di rispettare il principio di correlazione cronologica tra la commissione, da parte di NOME COGNOME, dei reati-spia e l’acquisizione delle risorse finanziarie coinvolte dal sequestro senza, però, corredare la doglianza con precise indicazioni in ordine ad entità e misura dell’evocato sfalsamento temporale, che appare, peraltro, in radice smentito dal provvedimento impugnato nella parte in cui, collocata la militanza associativa di Abbruzzese tra il 2018 ed il 2021, dà espressamente atto (cfr. pag. 3) di avere esteso l’accertamento, oltre che agli anni 2016 e 2017, al periodo successivo.
La Pepe, poi, nel rivendicare la carenza di motivazione in ordine al s coinvolgimento nell’attività illecita del mito ed alle ragioni che hanno in
l’estensione del vincolo cautelare a beni a lei intestati, trascura che il leg COGNOME ed il riferimento della sproporzione al suo intero nucleo familia accreditano – in termini che integrano senz’altro il requisito, rilevante in q sede processuale, del fumus la tesi imperniata sulla fittizietà dell’intestazione sulla disponibilità dei beni in capo all’indagato, che il terzo intestatario è a contrastare allegando elementi dimostrativi della liceità dell’acquisizione, cui, nel caso in esame, la Pepe non risulta avere in alcun modo adempiuto.
Non meno infondato è l’ultimo motivo di ricorso, vertente sul periculum in mora, che – è stato sopra già precisato – coincide, in questo caso, con l confiscabilità del bene, onde non appare necessaria la concomitante presenza ulteriori indici attestanti il rischio, da ritenersi in re ipsa, di dispersione dei beni de quibus agitur.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve esse pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non suss elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in c nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declarato dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 22/10/2024.