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Confisca per sproporzione: beni del terzo sequestrati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna contro il sequestro dei suoi rapporti finanziari, disposto nell’ambito di un’indagine a carico del suo congiunto per associazione mafiosa. La sentenza ribadisce che, ai fini della confisca per sproporzione, è sufficiente dimostrare la sproporzione tra i beni e il reddito del nucleo familiare e la loro riconducibilità all’indagato, senza necessità di provare un coinvolgimento del terzo intestatario. Il rischio di dispersione dei beni è considerato implicito nella loro stessa confiscabilità.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per sproporzione: quando i beni del terzo sono a rischio?

La confisca per sproporzione è uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per colpire i patrimoni di provenienza illecita. Ma cosa succede quando i beni sono intestati a un familiare o a un terzo estraneo ai fatti? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui presupposti del sequestro preventivo finalizzato a tale confisca, chiarendo la posizione del terzo intestatario.

Il caso esaminato riguarda il ricorso presentato dalla compagna di un soggetto indagato per reati gravissimi, quali associazione mafiosa e narcotraffico. La donna si era vista sequestrare una carta prepagata e un deposito al risparmio, sostenendo che la misura fosse illegittima. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti principi di diritto.

I Fatti di Causa

Il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto il sequestro preventivo di alcuni rapporti finanziari intestati alla ricorrente. Tale misura era finalizzata alla confisca per sproporzione (o ‘allargata’) prevista dall’art. 240-bis del codice penale, nell’ambito di un procedimento penale a carico del suo congiunto.

Il Tribunale del Riesame, in qualità di giudice del rinvio, aveva confermato il sequestro. Contro questa decisione, la donna ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a tre motivi principali.

Le Ragioni dell’Appello e la confisca per sproporzione

La difesa della ricorrente ha contestato il provvedimento sotto tre profili:

1. Violazione del criterio di ragionevolezza temporale: Si lamentava che il sequestro avesse colpito somme versate in epoca precedente alla commissione dei reati contestati al compagno.
2. Mancanza di motivazione autonoma: Si deduceva che il sequestro fosse stato esteso ai suoi beni basandosi esclusivamente su elementi relativi alla posizione del compagno, senza una specifica e autonoma motivazione sul suo presunto coinvolgimento.
3. Apparenza della motivazione sul periculum in mora: Si contestava la mancanza di una prova concreta del rischio che i beni potessero essere dispersi prima della fine del processo.

Il Principio del Periculum in Re Ipsa nella Confisca per Sproporzione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le censure, qualificandole come manifestamente infondate. Il fulcro della decisione risiede nella natura stessa del sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione. I giudici hanno chiarito che, in questo specifico contesto, il periculum in mora (il rischio di dispersione del patrimonio) coincide con la stessa confiscabilità del bene. In altre parole, se un bene è ritenuto confiscabile perché sproporzionato e di provenienza ingiustificata, il pericolo è in re ipsa, cioè implicito nella situazione stessa, e non richiede ulteriori prove.

La Posizione del Terzo Intestatario

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la posizione del terzo intestatario. La sentenza ha stabilito che, per giustificare il sequestro, è sufficiente accertare:

Il fumus commissi delicti*: l’astratta configurabilità di uno dei reati-presupposto a carico dell’indagato.
* La sproporzione tra il valore dei beni e i redditi leciti del nucleo familiare dell’indagato.
* La mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni.

Il legame familiare tra la ricorrente e l’indagato, unito all’analisi dei redditi dell’intero nucleo familiare che ha evidenziato l’insufficienza di fonti lecite per giustificare gli investimenti, è stato ritenuto sufficiente a sostenere la tesi della fittizietà dell’intestazione. A questo punto, l’onere di dimostrare la provenienza lecita dei beni si sposta sul terzo intestatario, onere che, nel caso di specie, non era stato assolto.

Le Motivazioni

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile basandosi su consolidati principi giurisprudenziali. Ha ribadito che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali è consentito solo per ‘violazione di legge’. In questa nozione rientrano la mancanza assoluta di motivazione o una motivazione puramente apparente, ma non l’illogicità manifesta, che richiederebbe un’analisi del merito preclusa in sede di legittimità.

Nel merito, la Corte ha ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse correttamente applicato le regole. Dopo aver accertato la presenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato per reati che consentono la confisca per sproporzione, il giudice del rinvio ha legittimamente esteso la verifica patrimoniale a tutto il nucleo familiare, inclusa la ricorrente. L’indagine ha rivelato una chiara insufficienza dei redditi leciti a giustificare gli acquisti e gli investimenti effettuati. Questo ha fondato il fumus della confiscabilità dei beni. Le censure della ricorrente sono state giudicate generiche, in particolare quella sulla correlazione cronologica, smentita dal fatto che gli accertamenti avevano coperto un arco temporale adeguato. Infine, è stato ribadito che la tesi della fittizietà dell’intestazione, supportata dal legame con l’indagato e dalla sproporzione, era sufficiente, spettando al terzo l’onere della prova contraria.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione patrimoniale: nel sequestro finalizzato alla confisca per sproporzione, il coinvolgimento diretto del terzo intestatario nel reato non è necessario. Ciò che conta è la sproporzione del patrimonio riconducibile, anche indirettamente, all’indagato principale. Il rischio di dispersione dei beni è presunto e l’onere di dimostrarne la provenienza lecita ricade interamente sul terzo che ne risulta titolare. Questa decisione rappresenta un monito sulla pervasività degli strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti, che possono estendersi a tutto il nucleo familiare dell’indagato.

Quando può essere sequestrato un bene intestato a un terzo per una confisca per sproporzione?
Un bene intestato a un terzo può essere sequestrato quando vi sono seri indizi che esso sia, di fatto, nella disponibilità dell’indagato per uno dei reati presupposto, e quando il suo valore risulta sproporzionato rispetto ai redditi leciti del nucleo familiare, senza che il terzo intestatario fornisca una giustificazione plausibile sulla sua lecita provenienza.

È necessario dimostrare un rischio specifico di dispersione dei beni per procedere al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione?
No. Secondo la Corte, il ‘periculum in mora’ (rischio di dispersione) coincide con la stessa confiscabilità del bene. Pertanto, una volta accertata la sproporzione e la mancata giustificazione della provenienza, il rischio è considerato implicito (‘in re ipsa’) e non necessita di ulteriori e specifici elementi di prova.

Cosa deve fare il terzo intestatario di un bene sequestrato per ottenerne la restituzione?
Il terzo intestatario deve contrastare la presunzione di fittizietà dell’intestazione allegando elementi concreti e dimostrativi della liceità dell’acquisizione del bene. L’onere della prova di dimostrare che le risorse economiche hanno un’origine lecita e non sono riconducibili all’attività illecita dell’indagato principale grava su di lui.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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