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Confisca per riciclaggio: la Cassazione è chiara

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10871/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per riciclaggio. La Corte ha confermato un’interpretazione rigorosa della confisca per riciclaggio, stabilendo che essa si applica all’intero valore delle somme oggetto dell’operazione illecita (il prodotto del reato), e non solo al profitto conseguito dal riciclatore. Viene ribadita l’inammissibilità dei motivi di ricorso generici o che ripropongono questioni già decise in appello.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Riciclaggio: L’Intera Somma è a Rischio, non solo il Profitto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione penale, la n. 10871/2025, ha affrontato un tema cruciale in materia di reati economici: l’estensione della confisca per riciclaggio. La Corte ha confermato un orientamento severo, stabilendo che la misura può colpire l’intero valore dei beni “ripuliti”, e non solo il guadagno (la “commissione”) di chi ha commesso il reato. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguardava due persone, legate da un rapporto personale e professionale, accusate del reato di riciclaggio. Secondo l’accusa, i due avrebbero messo a disposizione i propri conti correnti per far transitare ingenti somme di denaro provenienti da reati di frode fiscale commessi da terzi. Il meccanismo era semplice: i proventi illeciti venivano versati sui loro conti, per poi essere prelevati in contanti e restituiti ai titolari effettivi, trattenendo una percentuale a titolo di compenso.

I giudici di primo e secondo grado avevano condannato entrambi gli imputati, disponendo la confisca delle somme transitate sui loro conti. Contro la sentenza d’appello, gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni di diritto.

I Motivi del Ricorso: una Difesa a 360 Gradi

La difesa ha articolato diverse argomentazioni per smontare l’impianto accusatorio e la conseguente condanna. I punti principali erano:

Errata Qualificazione del Fatto: Concorso in Frode Fiscale o Riciclaggio?

Entrambi gli imputati sostenevano che le loro azioni non configurassero il reato di riciclaggio, ma al massimo un concorso nei reati fiscali presupposti. Secondo questa tesi, non avendo partecipato alla fase decisionale della frode, ma solo alla gestione del denaro, non potevano essere considerati soggetti “esterni” che “ripuliscono” il denaro, ma parte integrante dello stesso schema fraudolento. Questa distinzione è fondamentale, perché il concorso nel reato presupposto esclude la punibilità per il successivo riciclaggio.

L’estensione della Confisca per riciclaggio e la Prescrizione

Un altro motivo di ricorso, sollevato da uno degli imputati, riguardava la confisca disposta in relazione a reati fiscali nel frattempo prescritti. La difesa sosteneva che l’impugnazione contro la condanna per tali reati avrebbe dovuto estendersi implicitamente anche alla misura accessoria della confisca, portando al suo annullamento.

Inoltre, entrambi contestavano l’entità della misura. Sostenevano che la confisca dovesse limitarsi al loro effettivo profitto (la commissione incassata) e non all’intero capitale movimentato, considerato il “prodotto” del reato, di cui non avevano mai avuto la piena disponibilità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni difensive, dichiarando i ricorsi inammissibili per diverse ragioni.

In primo luogo, i giudici hanno ritenuto che i motivi relativi alla qualificazione del reato fossero una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ricordato che il ricorso non può essere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma deve limitarsi a censure di legittimità. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva motivato in modo logico e coerente le ragioni per cui gli imputati non erano concorrenti nei reati fiscali, basandosi anche sulle stesse ammissioni di uno di loro.

Per quanto riguarda la confisca sui reati prescritti, la Corte ha giudicato il motivo d’appello originario troppo generico. Un’impugnazione “implicita” non è sufficiente; i rilievi critici devono essere specificamente enunciati e argomentati, cosa che non era avvenuta.

Il punto centrale della sentenza, tuttavia, è la decisione sulla confisca per riciclaggio. La Corte ha dato continuità al suo più recente e rigoroso orientamento, in linea con le normative europee. Ha stabilito che l’articolo 648-quater del codice penale consente l’ablazione non solo del “profitto” del reato (il vantaggio economico diretto per il reo), ma anche del “prodotto”, ovvero l’intero ammontare dei beni e del denaro che costituiscono l’oggetto materiale delle operazioni di riciclaggio. Lo scopo della norma è quello di sottrarre alla criminalità ogni risultato dell’attività illecita, comprese le somme che vengono trasformate o reinvestite. Di conseguenza, è corretto confiscare l’intero importo transitato sui conti, in quanto costituisce il “prodotto” del delitto di riciclaggio.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile un’ulteriore doglianza sollevata per la prima volta in Cassazione, relativa alla necessità di escludere dalla confisca somme provenienti da una specifica società. I giudici hanno ribadito il principio dell’effetto devolutivo delle impugnazioni, secondo cui non possono essere introdotte questioni nuove in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione conferma un approccio molto severo nella lotta ai crimini economici. Le conclusioni pratiche sono significative: chiunque si presti a operazioni di riciclaggio rischia non solo una condanna penale, ma anche la perdita di beni per un valore pari all’intera somma movimentata, indipendentemente dal proprio guadagno personale. Questa interpretazione estensiva della confisca, allineata alle direttive europee, rappresenta un potente strumento di contrasto alla criminalità organizzata e all’economia sommersa, mirando a prosciugare le risorse finanziarie che alimentano le attività illecite.

Chi commette riciclaggio può essere considerato anche concorrente nel reato da cui provengono i soldi (reato presupposto)?
No, di norma chi non partecipa alla commissione del reato presupposto ma interviene successivamente per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni risponde del reato autonomo di riciclaggio. La Corte ha ritenuto che nel caso specifico gli imputati non fossero concorrenti nei reati fiscali, ma avessero agito in una fase successiva.

In caso di riciclaggio, la confisca riguarda solo il guadagno del riciclatore o l’intera somma di denaro “ripulita”?
La confisca riguarda l’intera somma di denaro oggetto delle operazioni di riciclaggio. La Cassazione ha specificato che la normativa consente di confiscare non solo il “profitto” (il guadagno del riciclatore), ma anche il “prodotto” del reato, ovvero l’intero capitale illecito che è stato movimentato.

Se un reato fiscale viene dichiarato prescritto, la relativa confisca viene automaticamente annullata in appello?
No, non automaticamente. Secondo la Corte, l’impugnazione contro la confisca deve essere specifica e non può considerarsi “implicitamente” estesa dall’impugnazione sulla condanna. Se il motivo d’appello sulla confisca è generico o non viene presentato, il giudice non è tenuto ad annullarla, anche se il reato presupposto è stato dichiarato estinto per prescrizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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