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Confisca per riciclaggio: il calcolo del profitto

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello relativa alla determinazione della confisca per riciclaggio. La decisione è stata motivata dall’erronea metodologia di calcolo del profitto, che non ha tenuto conto di investimenti di provenienza lecita e di finanziamenti soci. La Suprema Corte ha ribadito che la confisca deve colpire solo l’effettivo vantaggio patrimoniale conseguito dal riciclatore, imponendo un nuovo giudizio che valuti tutte le prove documentali e le risultanze di altre sentenze definitive.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Riciclaggio: La Cassazione Impone una Valutazione Completa del Profitto

La corretta quantificazione del profitto illecito è un aspetto cruciale nell’applicazione della confisca per riciclaggio. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di una Corte d’Appello, colpevole di aver adottato un approccio superficiale nel calcolo. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la confisca deve colpire l’effettivo vantaggio patrimoniale ottenuto, non l’intera somma movimentata, imponendo una valutazione completa di tutte le prove disponibili.

I Fatti del Caso: Un’Operazione Immobiliare Sotto la Lente

Il caso trae origine da un’complessa operazione immobiliare. Un soggetto, successivamente condannato per riciclaggio, era formalmente intestatario delle quote di una società immobiliare, la “Società Alfa s.r.l.”. Tale società era stata finanziata con capitali di provenienza illecita da parte di altri due individui.

Ad un certo punto, le quote della società vengono cedute per un importo complessivo di circa 1,6 milioni di euro. Di questa somma, l’imputato trasferisce circa 795.000 euro agli investitori occulti, completando così l’operazione di riciclaggio. Il profitto del reato, secondo la Corte d’Appello, sarebbe pari alla differenza, ovvero 819.000 euro, destinata alla confisca.

La Decisione della Corte d’Appello e i Motivi del Ricorso

La difesa dell’imputato ha contestato questo calcolo, sostenendo che la Corte d’Appello avesse omesso di considerare due elementi fondamentali che avrebbero ridotto, se non azzerato, il profitto confiscabile:

1. Un investimento di 168.000 euro: Somma versata dal padre dell’imputato con fondi propri e di provenienza lecita per l’acquisto iniziale dell’immobile poi confluito nella società.
2. Un finanziamento soci di quasi 1,6 milioni di euro: Un ingente importo che, secondo la difesa, era stato versato dall’imputato stesso nella società per sanare una passività prima della cessione delle quote.

La Corte d’Appello aveva respinto entrambe le argomentazioni, ritenendo insufficiente la prova del versamento dei 168.000 euro e non pertinente la questione del finanziamento soci.

L’Analisi della Cassazione sulla confisca per riciclaggio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, censurando duramente l’operato della Corte d’Appello per la sua motivazione illogica e incompleta. La Suprema Corte ha sottolineato che, per determinare l’effettivo profitto, il giudice del rinvio avrebbe dovuto condurre un’analisi molto più approfondita.

Il Principio di Diritto: Accertare il Vantaggio Patrimoniale Effettivo

Il punto centrale della decisione è il principio secondo cui la confisca per riciclaggio deve essere applicata solo sul vantaggio patrimoniale effettivamente conseguito dal riciclatore. Non è corretto applicare una semplice operazione aritmetica (prezzo di vendita meno somma restituita) senza considerare tutti i flussi finanziari, inclusi gli investimenti di capitale lecito che hanno contribuito all’operazione.

L’Errore Metodologico del Giudice del Rinvio

La Cassazione ha evidenziato due errori principali commessi dalla Corte d’Appello:

1. Omessa valutazione di prove decisive: È stato ignorato un contratto preliminare che attestava il versamento dell’assegno di 168.000 euro. Inoltre, e ancor più gravemente, non è stata presa in considerazione una precedente sentenza, divenuta definitiva, emessa dal Tribunale di primo grado (da cui era scaturito il presente procedimento). Quella sentenza conteneva una ricostruzione dettagliata di tutti i movimenti di denaro, compreso il finanziamento soci, e arrivava a ipotizzare una perdita economica per l’imputato.
2. Violazione dell’art. 238 bis c.p.p.: La Corte ha ricordato che le sentenze irrevocabili emesse in altri procedimenti hanno una specifica rilevanza probatoria. Il giudice che intende discostarsene ha l’obbligo di confrontarsi con le risultanze probatorie in esse contenute e di fornire una motivazione rafforzata.

le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sull’incompletezza e manifesta illogicità del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello. Quest’ultima si è limitata a una valutazione critica di alcuni elementi (come una consulenza di parte), senza però confrontarsi con l’intero compendio probatorio emerso nel corso del giudizio. In particolare, è stata ignorata la ricostruzione analitica dei fatti contenuta in una precedente sentenza irrevocabile, che descriveva in dettaglio la complessa vicenda societaria e finanziaria. La Cassazione ha ritenuto che non si possa determinare il profitto del riciclaggio senza un’analisi onnicomprensiva di tutti i flussi finanziari, sia leciti che illeciti, che hanno caratterizzato l’operazione. L’approccio del giudice del rinvio è stato quindi giudicato errato nel metodo, poiché non ha adempiuto al dovere di accertare la “reale e concreta entità del profitto” di cui l’imputato ha effettivamente goduto.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà attenersi scrupolosamente ai principi indicati: procedere a una valutazione completa e approfondita di tutte le prove, comprese le risultanze di altre sentenze definitive, al fine di quantificare l’effettivo vantaggio patrimoniale derivante dal reato. Questa decisione rafforza la garanzia che la confisca, pur essendo uno strumento essenziale di contrasto alla criminalità, venga applicata in modo proporzionato e giusto, colpendo solo l’arricchimento reale e non somme meramente transitate.

Come si calcola il profitto confiscabile nel reato di riciclaggio?
Il profitto deve essere calcolato in base al vantaggio patrimoniale reale e concreto effettivamente conseguito da chi commette il reato, e non sull’intera somma di provenienza illecita. Ciò richiede un’analisi dettagliata di tutti i flussi finanziari, inclusi eventuali investimenti di capitale lecito.

Una sentenza definitiva di un altro processo può essere usata come prova?
Sì, secondo l’art. 238 bis del codice di procedura penale, le sentenze divenute irrevocabili in altri procedimenti hanno una specifica rilevanza probatoria. Il giudice deve tenerne conto e, qualora intenda discostarsene, è tenuto a fornire una motivazione adeguata.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza perché il giudice d’appello ha calcolato il profitto confiscabile in modo errato e con una motivazione illogica, omettendo di valutare prove decisive come un contratto che attestava un pagamento e, soprattutto, le conclusioni di un’altra sentenza definitiva che ricostruiva dettagliatamente l’intera operazione finanziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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