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Confisca per relationem: legittimità della motivazione

Un soggetto condannato per spaccio di stupefacenti tramite patteggiamento impugna in Cassazione la sentenza, contestando la confisca di una somma di denaro. Sostiene che i fondi fossero di provenienza lecita e che la confisca non fosse motivata. La Suprema Corte dichiara inammissibile il motivo sulla provenienza del denaro, poiché le sentenze di patteggiamento non sono appellabili nel merito. Ritiene invece legittima la motivazione della confisca per relationem, ovvero tramite rinvio al precedente decreto di sequestro preventivo, in quanto atto noto all’imputato e sufficientemente motivato.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per relationem: la Cassazione ne conferma la legittimità nel patteggiamento

In una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della confisca per relationem nell’ambito di una sentenza di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti. La decisione chiarisce i limiti dell’impugnazione contro questo tipo di sentenze e stabilisce i criteri di validità per una motivazione che rinvia ad altri atti del procedimento, offrendo importanti spunti operativi per la difesa.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal G.U.P. del Tribunale, con cui un imputato vedeva applicata una pena per detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Oltre alla pena detentiva e pecuniaria, il giudice disponeva la confisca di una somma di denaro trovata in possesso dell’imputato, qualificandola come provento dell’attività di spaccio.

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza, sollevando due specifiche censure:
1. Erroneità della confisca nel merito: la difesa sosteneva che le somme sequestrate non fossero provento del reato, ma derivassero da un’attività lavorativa lecita e da un prelievo bancario effettuato prima dei fatti contestati.
2. Vizio di motivazione: si lamentava l’assenza totale di motivazione nella sentenza impugnata riguardo alle ragioni che giustificavano la confisca del denaro.

La Decisione della Corte di Cassazione e la confisca per relationem

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato, offrendo una chiara distinzione tra i due motivi di doglianza.

L’Inammissibilità del Motivo sul Merito della Confisca

Per quanto riguarda la prima censura, relativa alla presunta provenienza lecita del denaro, i giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento è soggetta a limiti rigorosi. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale consente di ricorrere in Cassazione solo per motivi specifici, quali l’erronea qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena o della misura di sicurezza, o un vizio nella volontà dell’imputato. Non è invece consentito contestare la valutazione dei fatti o delle prove, come la provenienza del denaro. Pertanto, questo motivo è stato dichiarato inammissibile.

La Legittimità della Motivazione “Per Relationem”

Il secondo motivo, relativo al difetto di motivazione, è stato invece ritenuto ammissibile in astratto, poiché la mancanza di motivazione può integrare un’ipotesi di “pena illegale”. Tuttavia, la Corte lo ha giudicato infondato nel merito.
Il G.U.P. aveva infatti motivato la confisca “per relationem”, ossia facendo esplicito rinvio “ai motivi e con gli argomenti” contenuti nel precedente decreto di sequestro preventivo. La Cassazione ha confermato la piena legittimità di questa tecnica motivazionale, a condizione che siano rispettati tre requisiti:
1. L’atto a cui si rinvia deve essere un atto legittimo del procedimento.
2. Il giudice deve dimostrare di averne preso visione e di averne condiviso il contenuto, facendolo proprio.
3. L’atto richiamato deve essere conosciuto o almeno conoscibile dalla parte interessata, per garantirne il diritto di difesa.

Nel caso di specie, il decreto di sequestro preventivo era un atto noto all’imputato e alla sua difesa e conteneva una dettagliata analisi delle ragioni per cui il denaro era stato ritenuto profitto del reato. Di conseguenza, il rinvio operato dal G.U.P. è stato considerato sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato che la motivazione “per relationem” è uno strumento di economia processuale che non lede il diritto di difesa quando l’atto richiamato è completo e accessibile. Nel caso specifico, il decreto di sequestro preventivo non solo identificava il profitto del reato ma spiegava anche il metodo di calcolo utilizzato, basandosi su verbali di sequestro e dichiarazioni. A fronte di una motivazione così strutturata nell’atto originario, la difesa avrebbe dovuto contestarla con argomenti specifici, cosa che non è avvenuta in modo adeguato nel ricorso. La genericità delle censure difensive, che si limitavano a sollecitare un diverso apprezzamento dei fatti, non poteva trovare spazio in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la motivazione di un provvedimento ablativo come la confisca può essere validamente espressa tramite rinvio a un altro atto del procedimento, purché quest’ultimo sia adeguatamente motivato e noto alle parti. Questa pronuncia ribadisce, inoltre, la natura eccezionale del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per la difesa, ciò significa che eventuali contestazioni sulla legittimità delle misure patrimoniali devono essere sollevate con argomentazioni precise e puntuali, capaci di evidenziare vizi di legge e non semplici divergenze nella valutazione delle prove.

È possibile contestare l’origine dei beni in un ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento che ne ordina la confisca?
No, di regola non è possibile. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita i motivi di ricorso a questioni di legittimità (es. illegalità della pena o della misura di sicurezza), escludendo le contestazioni sul merito e sulla valutazione delle prove, come quelle relative alla provenienza del denaro.

Una confisca può essere motivata facendo semplicemente rinvio a un altro atto del procedimento?
Sì, questa tecnica, nota come motivazione “per relationem”, è considerata legittima se rispetta tre condizioni: 1) il rinvio è fatto a un atto legittimo del procedimento; 2) il giudice dimostra di averne preso cognizione e di averlo ritenuto coerente con la propria decisione; 3) l’atto di riferimento è conosciuto o conoscibile dalla parte interessata, garantendo così il diritto di difesa.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente la motivazione della confisca in questo caso?
Perché la sentenza del G.U.P., pur essendo sintetica, rinviava esplicitamente al decreto di sequestro preventivo. Quest’ultimo era un atto noto alla difesa e conteneva una motivazione dettagliata sulle ragioni della misura e sul calcolo del profitto illecito. La Corte ha ritenuto che tale rinvio fosse sufficiente a soddisfare l’obbligo di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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