Confisca per Prescrizione: La Cassazione Conferma la Misura Anche a Reato Estinto
La confisca per prescrizione rappresenta un tema di grande attualità e complessità nel diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6339/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la confisca del profitto di un reato può sopravvivere anche quando il reato stesso viene dichiarato estinto per prescrizione. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione e sulla natura della misura ablativa, specialmente quando ha per oggetto somme di denaro.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale che, in primo grado, aveva condannato un imputato per reati di truffa e peculato, disponendo la confisca di beni per un importo di circa 80.000 euro, corrispondente al profitto illecito. Successivamente, la Corte di Appello, pur riformando la sentenza di primo grado, dichiarava i reati estinti per intervenuta prescrizione. Tuttavia, i giudici di secondo grado confermavano sia le statuizioni civili sia la disposizione di confisca.
Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’illegittimità della confisca. Secondo la difesa, i fatti erano stati commessi tra il 2007 e il 2008, prima dell’introduzione della specifica norma (art. 322 ter c.p. nella sua attuale formulazione) che permetteva la confisca per equivalente del profitto per quei reati. Applicarla, quindi, avrebbe significato una violazione del principio di irretroattività della legge penale sfavorevole.
Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla confisca per prescrizione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. Le argomentazioni dei giudici si sono sviluppate lungo due direttrici principali, una di natura processuale e una di merito.
L’Inammissibilità del Motivo: La Mancata Impugnazione in Appello
Il primo, e decisivo, punto sottolineato dalla Corte è di carattere procedurale. La statuizione sulla confisca è un punto autonomo della decisione. L’imputato, nel suo atto di appello, non aveva sollevato alcuna specifica doglianza contro la confisca disposta dal giudice di primo grado. Di conseguenza, quella parte della sentenza era passata in giudicato, ovvero era diventata definitiva e non più contestabile.
La Cassazione ha ricordato che, nel giudizio di legittimità, non possono essere proposti motivi che riguardano statuizioni del giudice di primo grado non devolute al giudice d’appello con uno specifico motivo d’impugnazione. La questione della legittimità della confisca avrebbe dovuto essere sollevata in appello e non per la prima volta in Cassazione.
La Legittimità della Confisca Diretta Anche a Reato Prescritto
Pur avendo già dichiarato l’inammissibilità del ricorso, la Corte ha voluto affrontare anche il merito della questione, giudicandola comunque infondata. I giudici hanno chiarito che, nel caso di specie, la confisca aveva ad oggetto somme di denaro, che costituiscono il profitto diretto del reato. Non si trattava, quindi, di una confisca per equivalente (cioè di beni di valore corrispondente al profitto), ma di una confisca diretta.
Citando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 31617/2015), la Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice, nel dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, può disporre la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato. Ciò è possibile a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento sulla sussistenza del reato e sulla responsabilità dell’imputato rimanga inalterato nei successivi gradi di giudizio. Poiché la confisca riguardava il denaro, profitto diretto del reato, e seguiva a una declaratoria di prescrizione in appello dopo una condanna in primo grado, la misura era pienamente legittima e non integrava alcuna violazione di legge.
Le conclusioni
La sentenza in esame rafforza due importanti principi giuridici. In primo luogo, sul piano processuale, evidenzia la necessità di contestare specificamente ogni punto della sentenza che si intende impugnare sin dal primo grado di appello, pena la sua definitività. In secondo luogo, sul piano sostanziale, conferma che la confisca per prescrizione è uno strumento efficace per contrastare l’arricchimento illecito. Quando la confisca riguarda direttamente il denaro ottenuto dal reato, essa rimane valida anche se il reato è estinto, impedendo così che l’imputato, pur non scontando una pena, possa trattenere i proventi della sua attività criminale.
È possibile mantenere una confisca se il reato viene dichiarato prescritto?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che è possibile. In particolare, la confisca diretta del profitto o del prezzo del reato (come somme di denaro) può essere mantenuta anche dopo la dichiarazione di prescrizione, a condizione che ci sia stata una precedente sentenza di condanna e che l’accertamento del fatto di reato e della responsabilità non sia stato modificato.
Cosa accade se un aspetto della sentenza di primo grado, come la confisca, non viene contestato in appello?
Se un punto autonomo della sentenza, come la disposizione di confisca, non viene specificamente contestato con i motivi di appello, esso diventa definitivo (passa in giudicato). Di conseguenza, non potrà essere messo in discussione per la prima volta con un ricorso in Cassazione.
La confisca del profitto del reato viola il principio di irretroattività se applicata a fatti commessi prima di una specifica legge?
La Corte ha ritenuto la questione non rilevante nel caso specifico, poiché si trattava di una confisca diretta di denaro, considerato il profitto del reato. Questo tipo di confisca è regolato da principi generali (art. 240 c.p.) e da giurisprudenza consolidata (Sezioni Unite 31617/2015) che ne ammettono l’applicazione anche in caso di prescrizione, senza sollevare problemi di retroattività della legge penale.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6339 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME NOME MESSINA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
Letta la memoria della difesa che ha insistito per l’accoglimento dei motivi e l’annullamento senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 25 gennaio 2023, in riforma della pronuncia del Tribunale di Velletri del 28-4-2015, dichiarava non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME NOME ordine ai reati allo stesso ascritti perché estinti per prescrizione, conferm le statuizioni civili della pronuncia di primo grado nonché la disposizione di confisca ex art. ter cod.pen..
Avverso detta sentenza proponeva ricorso il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen., violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod.proc.pen. con riferimento alla disposta confisca equivalente posto che i fatti di truffa e peculato dichiarati prescritti risultavano tutti co tra il 2007 ed il 2008 prima della introduzione dell’art. 322 ter cod.pen. nella formulazione prevede la possibilità di confisca per equivalente anche del profitto; peraltro aveva ancora erra
il giudice di appello nel fare applicazione della disciplina dettata dall’art. 578 bis cod.proc che non poteva ritenersi estensibile a fatti commessi dopo la sua entrata in vigore.
Con successiva memoria la difesa insisteva nei motivi riportando il contenuto del provvedimento genetico di sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è proposto per motivi non deducibili ed anche infondati e deve, pertanto respinto.
Ed invero, nel caso in esame, va innanzi tutto rilevato che vengono richiamati principi ed affermazioni giurisprudenziali aventi ad oggetto il tema della confisca per equivalente al profi del reato di truffa non confacenti rispetto al provvedimento a lativo adottato e rispetto alle q alcuna doglianza risultava formulata con l’appello. 41Ia lettura della sentenza del «fibunale di Velletri risulta in primo luogo che in primo grado veniva disposta la confisca profitto del reato avendo affermato il predetto giudice, a p.14 della motivazione, che:” segue alla condanna la confisca dei beni in questo ex art. 322 ter e 640 quater c.p. fino all’ammontar di euro 80.995,00 così determiNOME il profitto derivante dal reato di truffa aggravata posto essere dall’imputato”. A seguito di tale statuizione l’imputato non ha impugNOME con alcuno specifico motivo di appello la disposizione di confisca di cui ci si duole solo con il ricors cassazione; e poiché la statuizione di confisca costituisce un preciso punto autonomo della decisione avente ad oggetto l’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale l’appellante avrebbe dovuto dolersene con motivo specifico. Al proposito va ricordato come sia stato affermato che nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti le statui del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018 (dep. 18/01/2019 ) Rv. 274346 – 01).
Ne deriva, pertanto, affermare che la questione avente ad oggetto la legittimità della confisca disposta in primo grado deve formare oggetto di specifica devoluzione in appello non potendo per la prima volta essere dedotta con il giudizio di legittimità.
2. In ogni caso la doglianza appare anche infondata nella parte in cui assume l’applicazione retroattiva di disposizioni sfavorevoli; ed invero premesso che nel caso in esame il profitto d reato aveva ad oggetto importi di denaro e che la confisca risulta disposta su analoghe somme, alcun vizio sussiste nella disposizione di conferma della confisca adottata in appello a segui della declaratoria di prescrizione del reato per cui si procede, avendo, le Sezioni Unite della Cor di cassazione, già statuito che il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per interve prescrizione, può disporre, a norma dell’art. 240, comma secondo, n. 1 cod. pen., la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322 ter cod. pen., la confisca diretta del prezzo o del profitto del a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del be da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Rv. 264434 – 01). Così che nel caso in esame avendo la
confisca avuto ad oggetto il profitto in denaro del reato ed essendo stata disposta a seguito di declaratoria di prescrizione in appello, alcun vizio appare essere integrato.
Alla luce delle predette considerazioni, pertanto, il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 11 gennaio 2024