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Confisca per peculato: come si calcola la quota?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21072/2024, interviene su un caso di peculato commesso in concorso tra un funzionario pubblico e privati cittadini. La Suprema Corte stabilisce un principio fondamentale per la confisca per peculato: qualora sia possibile determinare la quota di profitto effettivamente percepita da ciascun concorrente, la confisca diretta deve essere limitata a tale quota individuale (in questo caso, il 25% del totale) e non può estendersi all’intero profitto del reato. La sentenza annulla inoltre la confisca per alcuni imputati per i quali era stata disposta su beni immobili, configurandosi come confisca per equivalente non applicabile alla fattispecie.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per peculato: come si calcola la quota di ogni concorrente?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21072 del 2024, ha affrontato un’intricata vicenda giudiziaria, offrendo chiarimenti cruciali sulla confisca per peculato commesso in concorso. La pronuncia stabilisce un principio di proporzionalità fondamentale: la confisca del profitto del reato deve colpire ogni concorrente solo per la parte che ha effettivamente incassato, qualora questa sia chiaramente determinabile. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un complesso schema illecito in cui un funzionario pubblico, con la complicità di diversi cittadini privati, erogava illecitamente fondi pubblici destinati a risarcire danni derivanti da eventi calamitosi. Secondo quanto emerso, il profitto di queste operazioni veniva sistematicamente diviso: il 75% delle somme andava al funzionario pubblico, mentre il restante 25% veniva intascato dai privati beneficiari.

L’iter giudiziario è stato particolarmente lungo e complesso. Inizialmente contestati i reati di truffa aggravata e corruzione, la Corte di Cassazione, in un precedente giudizio, aveva riqualificato i fatti come peculato, un reato che si configura quando un pubblico ufficiale si appropria di denaro o beni di cui ha la disponibilità per ragioni del suo ufficio.
Questa riqualificazione ha avuto un impatto decisivo sulla questione della confisca, portando il caso più volte davanti alla Suprema Corte per definire la natura del provento illecito (prezzo o profitto) e le corrette modalità di applicazione della misura ablativa.

La Decisione della Corte sulla Confisca per Peculato

La sentenza in esame risolve due questioni centrali relative alla confisca, distinguendo la posizione dei vari ricorrenti.

Annullamento della Confisca per Alcuni Ricorrenti

Per alcuni degli imputati, la Corte ha annullato completamente la statuizione sulla confisca. La ragione risiede nella natura dei beni originariamente sequestrati: si trattava di beni immobili. La confisca di tali beni, non essendo il denaro illecitamente percepito, si configura come confisca per equivalente. Tuttavia, per i reati commessi prima del 2012, la legge consentiva la confisca per equivalente del prezzo del reato, ma non del profitto. Poiché la Cassazione ha stabilito che le somme erogate costituivano profitto del peculato, la confisca per equivalente non era applicabile. Di conseguenza, non essendo mai stata disposta una confisca diretta di somme di denaro nei loro confronti, la Corte di Appello non poteva “confermare” una misura mai esistita, portando al suo annullamento senza rinvio.

Rideterminazione della Quota di Confisca per gli Altri

Per gli altri imputati, nei cui confronti era stata disposta la confisca diretta di somme di denaro giacenti su conti correnti, la Corte ha affrontato il tema della quantificazione. La tesi difensiva sosteneva l’erroneità di una confisca basata su una percentuale del 75%, legata alla vecchia ipotesi di corruzione. La Cassazione ha accolto questa prospettiva, affermando un principio di diritto fondamentale per la confisca per peculato.

La Corte ha stabilito che, pur essendo l’intera somma erogata il “profitto” del reato, le risultanze processuali avevano chiaramente permesso di individuare un criterio di ripartizione: il 25% ai privati e il 75% al pubblico ufficiale. In presenza di un illecito plurisoggettivo, il sequestro e la confisca possono essere disposti per l’intero importo nei confronti di ciascun concorrente solo quando non è possibile individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascuno. Poiché in questo caso la quota era ben definita, la confisca deve essere limitata a quanto effettivamente conseguito da ogni privato, ovvero il 25%.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un’attenta applicazione dei principi che governano le misure patrimoniali nel diritto penale. Dopo aver riqualificato il reato da corruzione a peculato, cambia la natura giuridica delle somme percepite: non più “prezzo” pagato per un atto contrario ai doveri d’ufficio, ma “profitto” derivante dall’appropriazione indebita di fondi pubblici.

Il principio cardine richiamato è quello secondo cui la confisca diretta deve colpire l’effettivo accrescimento patrimoniale conseguito dall’autore del reato. In un concorso di persone, sebbene tutti contribuiscano a generare un unico profitto, la misura ablativa deve essere commisurata all’arricchimento individuale, se questo è accertabile. Imporre a un concorrente la confisca di una quota di profitto percepita da un altro violerebbe il principio di proporzionalità e di personalità della responsabilità penale, trasformando la confisca in una sanzione sproporzionata rispetto al vantaggio realmente ottenuto.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante orientamento giurisprudenziale in materia di confisca per peculato e, più in generale, nei reati plurisoggettivi. La decisione chiarisce che la confisca del profitto non opera come una responsabilità solidale, in cui a ciascuno può essere chiesto di rispondere per l’intero. Al contrario, essa deve essere individualizzata e limitata alla quota di vantaggio economico di cui si può provare l’effettivo conseguimento da parte di ciascun concorrente. Questa pronuncia rappresenta una garanzia fondamentale per assicurare che le misure patrimoniali siano proporzionate e strettamente connesse all’arricchimento personale derivante dall’attività illecita.

In un reato di peculato commesso da più persone, la confisca riguarda l’intero profitto per ciascun concorrente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se è possibile individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente, la confisca diretta deve essere limitata a tale quota individuale e non può estendersi all’intero importo del profitto.

Qual è la differenza tra confisca diretta e confisca per equivalente in questo caso?
La confisca diretta riguarda il denaro stesso che costituisce il profitto del reato. La confisca per equivalente riguarda beni di valore corrispondente (come gli immobili), ma in questo caso, trattandosi di ‘profitto’ per un reato commesso prima delle modifiche legislative del 2012, non era applicabile. Per questo motivo, la confisca sui beni immobili è stata annullata.

Perché la confisca è stata ridotta al 25% del profitto per alcuni imputati?
La confisca è stata limitata al 25% perché le risultanze processuali hanno dimostrato in modo inequivocabile che quella era la quota di profitto effettivamente incassata dai privati cittadini nello schema illecito, mentre il restante 75% era destinato al pubblico ufficiale. La Corte ha applicato il principio secondo cui la confisca deve colpire solo il vantaggio patrimoniale realmente conseguito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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