Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30953 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata in Argentina il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Palermo il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 3/11/2021 della Corte di appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3/11/2021, la Corte di appello di Palermo rigettava la richiesta di revoca della confisca avanzata da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME
COGNOME, così individuando i beni immobili già oggetto di confisca con la sentenza emessa dalla stessa Corte il 20/1/2012.
Propongono ricorso per cassazione gli istanti, deducendo i seguenti motivi: COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME:
motivazione contraddittoria o apparente anche in relazione alla disciplina dell’art. 7 CEDU ed alle prescrizioni di cui alla sentenza CEDU n. 3/2018. La Corte di appello si sarebbe limitata a richiamare pregevoli arresti giurisprudenziali, senza tuttavia rispondere ai motivi con i quali si evidenziava che non sussistevano gli elementi in fatto e in diritto per disporre la confisca dei beni; impregiudicato il profilo oggettivo della lottizzazione, infatti, si contesta la radicale mancanza di argomento quanto a quello soggettivo, evidenziando, peraltro, che la confisca non era stata disposta con la sentenza di merito, ma in sede di esecuzione e a distanza di numerosi anni. Al riguardo, l’ordinanza farebbe ritenere che, nel giudizio di merito, il reato fosse stato accertato in tutti i suoi elemen costitutivi, dunque anche psicologico, ma ciò non risponderebbe al vero e la Corte di appello non avrebbe svolto alcuna attività in tal senso (e di questo il Collegio avrebbe avuto piena consapevolezza). Ancora, l’ordinanza sosterrebbe che il giudizio non potrebbe proseguire al solo fine di compiere tale accertamento, ai sensi dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen.; la stessa norma, tuttavia, non prevederebbe una simile statuizione. Sotto altro profilo, poi, si contesta che l’ordinanza non conterrebbe alcuna verifica in ordine al requisito della proporzionalità della misura, sebbene richiesta dalla giurisprudenza convenzionale; ciò, peraltro, sarebbe ancor più grave considerando che alcuni degli imputati avrebbero provveduto a regolarizzare la propria posizione già da decenni. La Corte di appello, con motivazione apparente, avrebbe dunque di fatto ignorato “l’evoluzione copernicana” dell’istituto, ponendosi solo in apparenza il problema dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato e della proporzionalità della sanzione. Erroneamente, infine sul punto, l’ordinanza affermerebbe che l’unico modo per evitare la confisca sarebbe la riconduzione dell’area alle condizioni precedenti l’abuso, così ulteriormente ignorando i limiti convenzionali e la non applicabilità dell’art 578-bis cod. proc. pen., come affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4145/2023; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
la stessa censura è poi mossa proprio con riguardo all’art. 578-bis cod. proc. pen., sul quale l’ordinanza fonderebbe la legittimità della confisca, ma che non potrebbe essere applicato al caso in esame in forza della sentenza appena richiamata, basata sull’art. 25 Cost e sull’art. 7 CEDU.
La Corte di appello, a fronte di un reato prescritto, non avrebbe dunque potuto decidere sulla confisca “previo accertamento della responsabilità penale dell’imputato”;
con il terzo motivo, infine, si contesta che – in ragione di tutte considerazioni già espresse – l’ordinanza non avrebbe operato nell’alveo della disciplina normativa di riferimento, disponendo la confisca nonostante non fosse stato provato il profilo psicologico del reato. I terreni in oggetto, peraltro, avrebbero tutti vocazione edilizia, e lo stesso Comune di Palermo avrebbe espresso la possibilità di autorizzare interventi ed ifica tori.
COGNOME:
inosservanza o erronea applicazione della legge penale; omessa e manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello non avrebbe dato risposta a numerose considerazioni sviluppate dalla difesa, con particolare riguardo al carattere completamente urbanizzato dell’area in esame, tale da non poter alterare l’assetto urbanistico esistente, ed al fatto che il Comune avrebbe inteso includere il lotto della ricorrente nella zona edificabile; l’ordinanza, pertanto, si sarebbe sottratta alla verific della sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, confermando la confisca in modo generalizzato su beni non funzionali al preteso reato;
violazione dell’art. 44, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione. L’ordinanza non avrebbe speso alcuna considerazione sul fatto che il Comune di Palermo avrebbe adottato – con riferimento alla ricorrente – “innumerevoli provvedimenti amministrativi” (richiamati) attestanti la concreta volontà di attuare l’it di pianificazione urbanistica della zona per recuperarla e lasciarla nella disponibilità della stessa, insieme agli interventi edilizi sanat Contrariamente a quanto si legge nel provvedimento, peraltro, la COGNOME avrebbe voluto mettere in rilievo l’irragionevole scelta di mantenere la confisca in presenza di provvedimenti realmente incompatibili con l’effetto ablatorio, ossia volti al recupero urbanistico dell’area. L’assenza di motivazione sul punto imporrebbe l’annullamento dell’ordinanza, anche con riguardo al rapporto tra confisca delle opere costruite e sanatoria delle stesse per condono edilizio, avvenuta in forza di una globale valutazione dell’attività di lottizzazione. La Corte di appello, pertanto, avrebb impropriamente disapplicato atti e provvedimenti amministrativi, senza verificare che la pianificazione in esame sarebbe stata solo rimandata, non già esclusa;
si contesta, poi, che l’ordinanza non avrebbe valutato le numerose prove documentali offerte, né aderito alla richiesta di escussione dell’architetto COGNOME, necessaria per verificare se, in capo all’amministrazione comunale, sussista davvero la volontà di adottare provvedimenti risolutivi sulla ricorrente, in sede di approvazione del Piano regolatore AVV_NOTAIO;
la violazione dell’art. 44 contestato, oltre che dell’art. 7 CEDU, infine, sono censurate con riguardo al profilo della proporzionalità della misura rispetto all’illecito, che l’ordinanza non avrebbe valutato.
COGNOME:
violazione degli artt. 16-17, I. n. 1150 del 1942, 29, 31, 35, I. n. 47 de 1985, 39, I. n. 724 del 1994, 32, I. n. 326 del 2003 e 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001. La Corte di appello non avrebbe correttamente esaminato l’ampia documentazione prodotta, con la quale si sarebbe dimostrata la conformità – ancorché postuma – della lottizzazione agli strumenti urbanistici vigenti, come modificati dal Comune di Palermo. In particolare, la difesa avrebbe provato l’avvenuta regolarizzazione dell’immobile del COGNOME, come da condono edilizio di cui alla I. n. 326 del 2003, resa possibile dal mutato assetto urbanistico dell’area “Villagrazia” (che interessa l’intero procedimento) attraverso l’adozione di una variante al Piano regolatore AVV_NOTAIO (1997) e di una successiva delibera del Comune di Palermo (2003): con tali provvedimenti, si sarebbe approvata la perimetrazione degli ambiti da sottoporre a pianificazione particolareggiata (tra i quali quello in esame), riconoscendo la vocazione prettamente edificatoria di questi, in precedenza erroneamente disciplinati come verde agricolo. Al riguardo, peraltro, la difesa avrebbe sottolineato l’irrilevanza della mancata redazione del piano attuativo particolareggiato “Villagrazia”, in quanto – per costante giurisprudenza amministrativa – la pianificazione di dettaglio non sarebbe necessaria per il rilascio di una concessione edilizia quando l’area da edificare sia, di fatto, sufficientemente urbanizzata; la mancata adozione di un piano attuativo, peraltro, non priverebbe di effetti le precedenti scelte pianificatori generali, come confermato dal tenore della documenl:azione prodotta che – pur successiva allo spirare del termine per l’esecuzione del piano attuativo – richiamerebbe tali scelte. Ebbene, la Corte di appello non avrebbe valutato tutti questi elementi, e dunque non avrebbe correttamente considerato che l’attività lottizzatoria abusiva può ottenere una legittimazione postuma da parte del Comune in via “programmatoriopianificatoria”, previa adozione di una variante di recupero allo strumento urbanistico AVV_NOTAIO e successivo rilascio del condono edilizio, come Corte di Cassazione – copia non ufficiale
avvenuto nel caso di specie. D’altronde, anche la giurisprudenza di legittimità ammetterebbe la possibilità di accertare ex post, mediante apposito intervento pianificatorio, la conformità di una lottizzazione sine titulo rispetto agli strumenti urbanistici generali, così rinunciando – il Comune – ad acquisire il bene;
-violazione dell’art. 32, I. n. 326 del 2003. Con la propria decisione, la Corte di appello si sarebbe posta in contrasto con atti amministrativi incompatibili con la confisca, così che il Giudice penale avrebbe esercitato una potestà riservata dalla legge al Comune, cui competerebbe istituzionalmente il governo del territorio;
-vizio di motivazione. Con riguardo a tutte le considerazioni sopra espresse, la difesa avrebbe depositato una relazione tecnica a firma dell’architetto COGNOME, che avrebbe analizzato ogni profilo della vicenda; ebbene, l’ordinanza non ne darebbe conto, in alcun passo, così da dover essere annullata;
-violazione degli artt. 44 cit., 111, comma 6, 117 Cost., 6 CEDU e 1 Prot. Addizionale CEDU. L’ordinanza non avrebbe considerato affatto il profilo della proporzionalità della misura, sebbene affermato dalla costante giurisprudenza sovranazionale; il bilanciamento di interessi in concreto, peraltro, risulterebbe necessario nella vicenda in questione, caratterizzata – come richiamato – da provvedimenti amministrativi, generali e specifici, che si porrebbero in evidente contrasto con la confisca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I ricorsi di COGNOME e COGNOME risultano infondati.
Il Collegio ritiene di dover affrontare, in primo luogo, la questione proposta da entrambe le impugnazioni, secondo cui la confisca confermata dalla Corte di appello si porrebbe in contrasto con le determinazioni del Comune di Palermo e, in particolare, con l’adozione della variante al Piano regolatore AVV_NOTAIO (13/3/1997) e con la delibera del Consiglio comunale (3/7/2003) con la quale era stata approvata la perirnetrazione degli ambiti da sottoporre a pianificazione particolareggiata, tra i quali quello relativo all’area “Villagrazia”, così riconoscendo la natura prettamente edificatoria di questa, in precedenza erroneamente disciplinata come verde agricolo; tanto che le opere abusivamente realizzate sui terreni confiscati sarebbero state fatte oggetto di concessione in sanatoria, prima che la sentenza di condanna divenisse irrevocabile, a conferma della piena compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti e dell’assenza di turbativ all’assetto del territorio.
4.1. Il motivo non può essere accolto, riscontrandosi sul punto contrariamente a quanto dedotto in entrambi i ricorsi – una motivazione adeguata, fondata su concreti elementi di fatto e, dunque, immeritevole di censura in questa sede.
4.2. Al riguardo, occorre innanzitutto convenire con i ricorrenti sul principi secondo cui in tema di lottizzazione abusiva, il rilascio della concessione in sanatoria per le opere abusivamente costruite non è incompatibile con il provvedimento di confisca delle aree lottizzate, mentre esplica influenza a tali effetti l’eventuale autorizzazione in sanatoria a lottizzare, atteso che questa, pu non estinguendo il reato di lottizzazione abusiva, dimostra “ex post” la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici e la volontà dell’amministrazione d rinunciare alla acquisizione delle aree al patrimonio indisponibile comunale (tra le molte, Sez. 3, n. 43591 del 18/2/2015, COGNOME, Rv. 265153; Sez. 3, n. 4373 del 13/12/2013, COGNOME, Rv. 258921; tra le non massimate, Sez. 3, n. 20856 del 9/5/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 18527 del 24/3/2022, COGNOME+altri). Questa Corte, in particolare, ha sempre escluso la possibilità di una sanatoria produttiva di effett estintivi del reato di lottizzazione, che non è prevista dalla legge, riconoscendo tuttavia la possibilità che alcuni provvedimenti adottati dall’autori amministrativa, prima del passaggio in giudicato della sentenza, comportino quale conseguenza, se legittimamente emanati, l’impossibilità per il giudice di disporre la confisca. E ciò avviene, senz’altro, allorquando l’autorità amministrativa competente, riconoscendo ex post la conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, rinunci ad acquisire i beni al patrim indisponibile (tra le più altre, Cass., Sez. 3, n. 15404 del 21/01/2016, COGNOME, Rv. 266811, in motivazione, con ampi richiami ai precedenti giurisprudenziali; tra le non massimate, Sez. 3, n. 25925 del 17/6/2020, COGNOME). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.3. Tanto premesso in termini generali, il Collegio rileva che la Corte di appello ha fatto corretta applicazione di questo principio, riscontrandone l’assenza dei presupposti con argomento del tutto congruo: l’ordinanza, infatti, ha sottolineato che dalla documentazione prodotta non risultava la premessa che sostiene l’intera tesi difensiva, ossia il riconoscimento ex post della conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici vigenti. Nello specifico, è st evidenziato che già in precedenza erano stati chiesti chiarimenti al Comune in ordine all’eventuale approvazione del piano particolareggiato di lottizzazione “Villagrazia”, e che con l’ultima nota in atti – datata novembre 2011 l’amministrazione aveva precisato che tale piano di lottizzazione non poteva essere redatto, dovendosi procedere ad una revisione dello strumento urbanistico AVV_NOTAIO; nel documento, in particolare, il Comune di Palermo aveva precisato che l’amministrazione si accingeva alla revisione dello strumento urbanistico AVV_NOTAIO,
ritenendo conveniente “procedere al completamento delle attività solo per i piani particolareggiati già in fase avanzata (tra questi non è compreso il P.P. Villagrazia) e rimandando la pianificazione degli altri ambiti alla futura redazione del nuovo P.R.G.”
4.4. Con una valutazione di merito qui non sindacabile, l’ordinanza ha dunque evidenziato che – prima o dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna per lottizzazione abusiva – non era intervenuto alcun riconoscimento ex post della conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici generali vigenti sul territorio, da parte del Comune, rimandata tale pianificazione – si ribadisce “alla futura redazione del nuovo Piano AVV_NOTAIO“. La radicale mancanza dell’atto “presupposto”, pertanto, priva di ogni rilievo fa considerazione difensiva (ricorso COGNOME) – di carattere AVV_NOTAIO e di puro merito, quindi inammissibile – secondo cui sarebbe irrilevante la mancata redazione del piano attuativo particolareggiato quando l’area, come nel caso in esame, sia di fatto già sufficientemente urbanizzata.
4.5. Parimenti priva di rilievo, e per le medesime ragioni, è poi l’ulterio affermazione secondo cui la mancata adozione del provvedimento di dettaglio non priverebbe di efficacia le precedenti scelte pianificatorie già approvate dal Comune di Palermo (tanto che sarebbero state rilasciate concessioni in sanatoria per le opere realizzate sui lotti, nonostante fosse già spirato il termine per l’esecuzione del piano attuativo): la Corte di appello, infatti, ha precisato – nei termini richia – che nessun nuovo provvedimento urbanistico di carattere AVV_NOTAIO risulta ancora adottato, tale da incidere anche sull’area “Villagrazia”. Questa conclusione, peraltro, non può essere superata dall’assunto – contenuto nel ricorso COGNOME secondo cui la pianificazione in oggetto “è solo rimandata, non già esclusa sulla base di provvedimenti assolutamente incompatibili” con la confisca; si tratta, infatti, di una considerazione di puro merito, non consentita in sede di legittimità che peraltro conferma l’assenza di una pianificazione specifica per l’area in esame, al di là della documentazione che lo stesso ricorso richiama e genericamente contesta non essere stata valutata.
4.6. Muovendo da questa decisiva premessa, che dunque contiene implicito il rigetto delle considerazioni di cui alla relazione dell’architetto COGNOME, l’ordinan ha poi sottolineato che nessun rilievo poteva avere sulla confisca il successivo rilascio di concessioni in sanatoria, a seguito di condono di cui alla I. n. 326 d 2003, non potendosi, pertanto, trarre da questo a ritroso un argomento per sostenere la sopravvenuta legittimità dell’area lottizzata. La Corte di appello, ancora con argomento privo di illogicità manifesta e dunque non censurabile, ha richiamato il costante e condiviso principio in forza del quale il rilascio di permessi in sanatoria con riferimento ad immobili edificati nell’area interessata da
una lottizzazione abusiva può eventualmente legittimare, ricorrendone i presupposti, soltanto le opere che costituiscono oggetto della lottizzazione, ma non comporta alcuna valutazione di conformità di quest’ultima alle scelte generali di pianificazione urbanistica e, pertanto, non rende lecita tale attività (Sez. 3, 44517 del 17/7/2019, COGNOME, Rv. 277261. In questa pronuncia, peraltro, è stato affermato anche che gli interventi edilizi realizzati nell’ambito di una lottizzazio abusiva non possono in particolare essere oggetto di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, non ricorrendo il presupposto della conformità agli strumenti urbanistici all’epoca della realizzazione delle opere).
4.7. Nella medesima sentenza – peraltro richiamata anche nell’ordinanza impugnata – è stato poi precisato, con particolare rilievo nella vicenda in esame, che gli interventi edificatori che si inseriscono in una lottizzazione illecita in quan per le loro connotazioni oggettive, si pongono in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento AVV_NOTAIO di pianificazione, per potere essere condonati devono essere necessariamente ricompresi, ai sensi dell’art. 29 della I. n. 47/1985, in una apposita variante per il recupero degl insediamenti abusivi, ricordando come ciò sia stato evidenziato anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 107/1989. In questa pronuncia, in particolare, è stato affermato che “il rilascio di concessione edilizia in sanatoria, per edifici compresi in una lottizzazione illegale, è subordinato alla sanatoria della stessa lottizzazione, attraverso l’approvazione di una variante agli strumenti urbanistici, secondo il disposto della L. n. 47 del 1985, art. 29 e L. n. 47 del 1985, art. 32 lett. b)” – e richiamando il contenuto de comma 3 del citato art. 29 I. 47/1985 il quale prevede che: “gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione dell’istanza di sanatoria previsti dall’art. 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei principi di cui al comma 1 e delle previsioni di cui alle lett. e), f) e g) del precedente comma 2”. In forza di questi principi, la medesima sentenza COGNOME ha dunque concluso che l’eventuale mero rilascio di una pluralità di concessioni edilizie nell’area interessata da una lottizzazione abusiva non rende lecita un’attività che tale non è, perché la concessione non ha una funzione strumentale urbanistica di pianificazione dell’uso del territorio, mentre i manufatti abusivamente eseguiti, in attuazione del fine di lottizzazione e nell’ambito della stessa, possono essere, invece, “sanati” soltanto previa valutazione globale dell’attività lottizzato secondo il rigoroso meccanismo sopra descritto. Ebbene, la Corte di appello ha compiuto questa verifica, concludendo in fatto – come già richiamato – per l’assenza del riconoscimento postumo della conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici vigenti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con tale decisione, peraltro, il giudice penale non si è sostituito all’autorit amministrativa, esercitando una potestà riservata a quest’ultima, come denunciato nel ricorso COGNOME; deve essere qui ribadito, infatti, che la confisca dei terreni lottizzati di cui all’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, costituis una sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale, che si applica indipendentemente da una sentenza di condanna, sulla base dell’accertamento dell’esistenza della lottizzazione, prescindendo da ogni altra considerazione, tranne la sussistenza di un provvedimento amministrativo in senso contrario (qui non riscontrato), e con esclusione della sola ipotesi dell’assoluzione per insussistenza del reato (tra le altre, Sez. 3, n. 2292 del 25/10/2019, Romano, Rv. 278577).
Infine, quanto alla comune censura secondo cui la Corte di appello avrebbe confermato la confisca senza valutarne la proporzione all’illecito riscontrato, così violando la regola del bilanciamento tra interessi contrapposti, il Collegio osserva quanto segue.
6.1. La pronuncia G.I.E.M. della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della Corte EDU del 28/6/2018 ha affermato che l’articolo 1 del Protocollo n. 1 richiede, “per qualsiasi ingerenza, un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (COGNOME e altri c. Germania , nn. 46720/99, 72203/01 e 72552/01, §§ 83-95, CEDU 2005-VI). Questo giusto equilibrio è rotto se la persona interessata deve sostenere un onere eccessivo ed esagerato (COGNOME e altri c. Italia, nn. 46286/09, 52851/08, 53727/08, 54486/08 e 56001/08, § 57, 31 maggio 2011). Al fine di valutare la proporzionalità della confisca, possono essere presi in considerazione i seguenti elementi: la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti l’annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzion derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione”
6.2. In forza di questa premessa, la RAGIONE_SOCIALE ha quindi concluso che l’applicazione automatica della confisca in caso di lottizzazione abusiva, prevista dalla legge italiana salvo che per i terzi in buona fede, è in contrasto con questi principi, in quanto non consente al giudice di valutare quali siano gli strumenti più adatti alle circostanze specifiche del caso di specie e, più in AVV_NOTAIO, di bilanciar lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione.
6.3. Tanto richiamato, il Collegio osserva che l’incidente di esecuzione in esame origina da un’istanza presentata dal AVV_NOTAIO Generale della Repubblica, volta ad individuare i beni specificamente da confiscare in esecuzione di un provvedimento ablatorio già definitivamente assunto (sentenza della Corte di
Appello di Palermo del 20/1/2012, irrevocabile il 19/2/20:13 per declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di tutti i condannati, con sentenza n. 21053/13 di questa Corte); in questo contesto, si era inserita la richiesta dei ricorrenti volta ottenere la revoca della confisca. Ebbene, l’ordinanza impugnata, per un verso, ha confermato la precedente del 29/3/2017, che aveva individuato i beni in questione, e, per altro verso, ha rigettato le richieste di revoca con gli argoment già richiamati. Da tale premessa, dunque, deriva che il tema della proporzionalità non attiene all’adozione della misura ablatoria, già disposta con provvedimento definitivo, ma alla sua eventuale revoca, con l’effetto che i ricorrenti avrebbero dovuto sottoporre alla Corte di appello argomenti di segno contrario, volti cioè ad evidenziare che la confisca era stata disposta in contrasto con il medesimo principio, letto alla luce dei criteri sopra ricordati. Questa prospettiva, tuttavia, si riscontra affatto nei ricorsi COGNOME e COGNOME, che si limitano a denunciare mancata valutazione di un requisito che la Corte di appello non era chiamata a verificare, dovendo, piuttosto, riscontrare l’eventuale fonclatezza di argomenti contrari (alla stessa proporzionalità), invero non introdotti dalle parti.
Anche i ricorsi di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME risultano infondati.
Occorre premettere che, come indicato nell’ordinanza impugnata (pag. 8), i ricorrenti, nella procedura incidentale, non avevano sostenuto la tesi dell’intervenuto, postumo riconoscimento della conformità della lottizzazione agli strumenti urbanistici; la comune impugnazione, pertanto, si concentrava, come in questa sede, sull’elemento soggettivo del reato di lottizzazione abusiva, che non sarebbe stato accertato, con l’effetto che la confisca sarebbe stata disposta in contrasto con i principi di cui alla citata sentenza GIEM della Corte EDU e della giurisprudenza di questa Corte. Da ultimo con la sentenza “Perroni” (n. 13539 del 30/1/2020), infatti, le Sezioni Unite hanno ulteriormente confermato che l’art. 44 in esame, “là dove ricollega la confisca lottizzatoria all’accertamento del reato, consente di prescindere dalla necessità di una sentenza di condanna “formale” permettendo di fondare la “legittimità” del provvedimento ablatorio su un accertamento del fatto che, pur assumendo le forme esteriori di una pronuncia di proscioglimento, equivale, in forza della sua necessaria latitudine (estesa alla verifica, oltre che dell’elemento oggettivo, anche dell’esistenza di profi quantomeno di colpa sotto l’aspetto dell’imprudenza, della negligenza e del difetto di vigilanza) e delle sue modalità di formazione (caratterizzate da un giudizio che assicuri il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati), ad un pronuncia di condanna come tale rispettosa ad un tempo dei principi del giusto processo e dei principi convenzionali, proprio come riconosciuto, da ultimo, anche dalla Corte EDU”.
Tanto premesso, il Collegio rileva che la questione del profilo soggettivo del reato di lottizzazione abusiva non inerisce a questo giudizio incidentale, che non concerne l’esistenza del reato, nei suoi tratti oggettivi e psicologici, g definitivamente accertata, ma – diversamente – l’esecuzione della confisca, che il Giudice ha disposto per legge, ancora con provvedimento definitivo, proprio in forza dell’accertamento dell’illecito penale in tutte le sue componenti, dunque anche in presenza di un reato prescritto. L’irrevocabilità della sentenza di merito, pertanto, copre l’intero accertamento della fattispecie contestata, non potendosi, quindi, rimettere in discussione la questione in una successiva fase incidentale.
Con riguardo, poi, alla mancata verifica del criterio di proporzionalità da parte del Giudice, il Collegio rimanda alle considerazioni appena sopra espresse, in presenza di un’analoga censura fondata sugli stessi argomenti già esaminati.
Infondato, poi, risulta anche l’ultimo punto del primo motivo di comune ricorso che, al pari della seconda doglianza, contesta l’applicazione dell’art. 578bis cod. proc. pen. anche con riguardo a reati commessi prima della sua entrata in vigore, in contrasto con quanto stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4145 del 29/9/2022.
11.1. Al riguardo, occorre premettere – con indirizzo qui da ribadire – che la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere ivi illegittimamente costruite, già disposta in primo grado ai sensi dell’art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, ove sia accertata la sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del reato, deve essere mantenuta dal giudice dell’impugnazione, in caso di intervenuta prescrizione del reato, anche in relazione ai reati commessi prima della entrata in vigore dell’art. 578-bis cod. proc. pen., avendo detta disposizione, in relazione alla confisca in oggetto, natura esclusivamente processuale. Tanto ribadito, si osserva, comunque, che la Corte di appello di Palermo non ha impiegato questa norma per disporre la confisca dei lotti in sede esecutiva (norma, peraltro, inapplicabile a fronte di un giudicato), ma l’ha richiamata soltanto pe ribadire la legittimità della stessa misura pur in presenza di un reato dichiarato estinto per prescrizione, come disposto con la sentenza di appello del 20/1/2012, irrevocabile il 19/2/2013.
I ricorsi, infine, risultano del tutto infondati con riguardo all’ultimo mot che, oltre a richiamare le considerazioni già in precedenza espresse, lamenta essere sfuggito alla Corte di appello che i terreni in questione avrebbero una vocazione edilizia, trovandosi in una zona per la quale lo stesso Comune di Palermo avrebbe espresso la possibilità di autorizzare interventi edificatori; questa considerazione, infatti, attiene esclusivamente al merito della vicenda e, pertanto, non può essere sottoposta alla Corte di legittimità.
Conclusivamente, dunque, tutti i ricorsi debbono essere rigettati ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese process
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2024
Il Consigliere estensore