Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10881 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10881 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SESTO SAN GIOVANNI (ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 26/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, con il decreto emesso il 26 giugno 2023, depositato il 17 luglio 2023, confermava, per quanto qui di interesse, la confisca della NOMERAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, disposta dal Tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione, nei confronti di NOME, proposto, ritenuto effettivo titolare dell’impresa.
Propone ricorso la difesa di NOME COGNOME, con unico motivo.
Il ricorrente lamenta violazione di legge in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. per motivazione inesistente o apparente.
La Corte di appello avrebbe ritenuto l’illecita intestazione fittizia della società RAGIONE_SOCIALE all’attuale ricorrente sulla base della sola sentenza del Tribunale di Marsala che proscioglieva – per estinzione a seguito di prescrizione- COGNOME, imputato del delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen. in concorso con NOME COGNOME.
Da ciò deriverebbe la violazione di legge, non avendo il Tribunale di Marsala, con la sentenza di proscioglimento, verificato l’ipotesi accusatoria ed essendosi limitato il Tribunale di Trapani, in relazione al decreto di prevenzione, a recepire la decisione, scarna perché di estinzione del reato, senza alcun approfondimento probatorio.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte – ai sensi dell’art. 23 comma 8, d.l. 127 del 2020 – e ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
E’ da premettere che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, come sancito dall’art. 10, comma 3, d.lgs. n.159 del 2011.
Tale disposizione recepisce quanto già disposto dall’art. 4 legge 27 dicembre 1956 n. 1423, richiamato dall’art.3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965 n. 575.
Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui al 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, quanto alla motivazione, quella inesistente o meramente apparente (Sez. U., n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260246; nello stesso senso, Sez. 2, n. 20954 del 28/02/2020, COGNOME, Rv. 279434 – 01; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME).
In tal senso deve dunque ribadirsi che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente, come tale refluente in violazione di legge, la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi in realtà presi in considerazione dal giudice o comunque assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U, COGNOME).
A ben vedere, la Corte di appello di Palermo, con motivazione attenta e certamente non apparente, né tanto meno inesistente, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, esamina una pluralità di elementi ritenuti comprovanti la natura fittizia della intestazione della società RAGIONE_SOCIALE a COGNOME, invece riconducibile al proposto.
Basti, a questa Corte, richiamare i foll. 13-16 del decreto impugnato, ove la Corte palermitana esamina non la sentenza del Tribunale di Marsala ma le risultanze investigative, come il colloquio intercettato fra COGNOME e COGNOME, in ordine al ruolo di prestanome di COGNOME, che riceve un compenso di soli 50 euro per «darci un nome»; come anche le testimonianze di chi attribuiva l’attività commerciale al NOME e non al COGNOME; come pure l’analisi della circostanza che il ruolo di fittizio intestatario di COGNOME sia ricoperto nel 2009, proprio a ridosso dell’inizio del perimetro cronologico di pericolosità del proposto.
D’altro canto, COGNOME risultava anche prestanome in altra circostanza, per la locazione per conto del NOME di un capannone (cfr. fol. 31).
Deve quindi rilevarsi come sussista una più che congrua motivazione e non può pertanto ritenersi integrata alcuna violazione di legge, in relazione alla società confiscata.
La censura è dunque non consentita, perché non si riscontra alcuna violazione di legge e al più si potrebbe riconoscere nel ricorso, invero comunque generico, la censura per contraddittorietà e illogicità, vizi di motivazione non proponibili per quanto in precedenza evidenziato.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. (come modificato ex L. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 19/12/2023
Il Consigliere estensore