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Confisca per equivalente: quando si applica sui beni?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato per traffico di stupefacenti, confermando il sequestro di beni acquistati molto prima dei reati contestati. La sentenza chiarisce che, nella confisca per equivalente, non è necessario che lo Stato compia una ricerca generalizzata del profitto diretto del reato. Inoltre, a differenza di altre misure ablative come la confisca di prevenzione, non si applica il criterio della ragionevolezza temporale: qualsiasi bene, anche se di lecita e remota provenienza, può essere aggredito per un valore corrispondente al profitto illecito.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: La Cassazione Chiarisce, Beni a Rischio Anche se Acquistati Prima del Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35789/2024) ha fornito chiarimenti cruciali sulla natura e l’applicazione della confisca per equivalente, uno strumento fondamentale nel contrasto ai proventi illeciti. La decisione sottolinea una differenza sostanziale rispetto ad altre forme di confisca, stabilendo che può colpire beni di un imputato anche se questi sono stati acquistati lecitamente e molti anni prima della commissione del reato. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

Il Caso: Traffico Internazionale e Sequestro di Beni Storici

Un soggetto è stato imputato per partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e per due specifiche importazioni di ingenti quantitativi di cocaina dal Sudamerica, per un totale di oltre 1.700 chilogrammi. In relazione a tali accuse, il Tribunale ha disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per un valore di oltre 300.000 euro.

La particolarità del caso risiede nel fatto che il sequestro ha riguardato beni immobili, tra cui una porzione di un edificio costruito dai genitori dell’imputato negli anni ’80, quindi decenni prima dei fatti contestati. Questi beni, di provenienza lecita e remota, sono stati aggrediti in quanto il profitto diretto del reato non era immediatamente reperibile.

I Motivi del Ricorso: Due Questioni Centrali

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali, entrambe respinte dalla Corte.

La Ricerca del Profitto Diretto

In primo luogo, si sosteneva che le autorità avrebbero dovuto prima effettuare una ricerca approfondita del denaro o di altri beni costituenti il profitto diretto del reato, prima di poter procedere al sequestro per equivalente su altri beni del patrimonio. Secondo la difesa, solo l’impossibilità accertata di reperire il profitto diretto avrebbe legittimato la misura.

Il Principio di Ragionevolezza Temporale

In secondo luogo, si invocava il principio di ragionevolezza, elaborato dalla giurisprudenza per altre forme di confisca (come quella di prevenzione o per sproporzione). Tale principio richiede un collegamento temporale tra l’attività illecita del soggetto e l’acquisizione dei beni. Poiché gli immobili sequestrati erano stati acquisiti molto prima dei reati, la difesa ne chiedeva il dissequestro.

La Decisione della Cassazione sulla confisca per equivalente

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una lezione chiara sulla natura della confisca per equivalente.

L’Onere della Prova Spetta all’Imputato

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: per disporre il sequestro per equivalente è sufficiente una verifica sommaria dell’impossibilità di reperire il profitto diretto. Non è richiesto un accertamento preventivo e generalizzato. Anzi, spetta all’imputato l’onere di dimostrare la disponibilità di beni costituenti il profitto diretto, che potrebbero essere aggrediti in via prioritaria.

Confisca per Equivalente vs. Altre Misure: Una Distinzione Cruciale

Il cuore della sentenza risiede nella distinzione tra le diverse tipologie di confisca. La Corte spiega che la confisca di prevenzione e quella per sproporzione non sono legate a un singolo reato, ma alla pericolosità sociale del soggetto o alla sproporzione patrimoniale. Per questo motivo, per essere costituzionalmente legittime, necessitano di un criterio di collegamento, individuato nella contiguità temporale tra l’arricchimento e l’attività criminale.

Le Motivazioni della Corte

La confisca per equivalente, invece, ha una natura completamente diversa. Essa è una vera e propria sanzione penale, con carattere afflittivo, strettamente connessa alla commissione di uno specifico reato e all’accertamento di un preciso profitto. Funziona in modo simile a una pena pecuniaria, con l’obiettivo di ripristinare la situazione economica preesistente al reato, privando il reo di un vantaggio economico pari a quello illecitamente conseguito. Essendo legata direttamente alla condotta penale, non ha bisogno di alcuna giustificazione ulteriore, come un collegamento temporale con l’acquisto dei beni. La sua legittimità deriva direttamente dall’accertamento del reato e del relativo profitto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio di grande impatto pratico: chi commette un reato da cui deriva un profitto economico risponde con l’intero suo patrimonio, presente e futuro, fino a concorrenza del valore di tale profitto. La provenienza lecita o l’epoca remota di acquisizione di un bene non costituiscono uno scudo contro la confisca per equivalente. Questa misura, per sua natura sanzionatoria e ripristinatoria, può aggredire qualsiasi asset nella disponibilità del condannato, rendendo estremamente difficile la messa in sicurezza dei proventi illeciti.

È necessario che lo Stato cerchi in modo approfondito i profitti diretti di un reato prima di procedere al sequestro per equivalente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente una verifica sommaria e allo stato degli atti dell’impossibilità di sequestrare il profitto diretto. Spetta all’imputato l’onere di dimostrare l’esistenza e la disponibilità di tali profitti per chiederne il sequestro in via prioritaria.

Il sequestro per equivalente può colpire beni acquistati molti anni prima che il reato venisse commesso?
Sì. A differenza di altre forme di confisca, quella per equivalente ha natura di sanzione penale legata a uno specifico reato. Pertanto, non richiede alcun collegamento temporale tra il momento di acquisto del bene e la commissione dell’illecito. Qualsiasi bene nel patrimonio del reo può essere aggredito.

Qual è la differenza fondamentale tra la “confisca per equivalente” e le confische “di prevenzione” o “per sproporzione”?
La confisca per equivalente è una sanzione legata a un fatto delittuoso specifico e presuppone l’accertamento della colpevolezza e di un profitto. Le confische di prevenzione e per sproporzione sono invece sganciate da un singolo reato e si fondano, rispettivamente, sulla pericolosità sociale del soggetto o sulla sproporzione tra patrimonio e reddito, richiedendo per questo un nesso di congruità temporale tra l’attività illecita e l’arricchimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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