Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28046 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28046 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CEGLIE MESSAPICA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CEGLIE MESSAPICA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CEGLIE MESSAPICA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/10/2022 della CORTE di APPELLO di LECCE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi, l’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME COGNOME ed in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, in difesa di NOME COGNOME, ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Lecce confermava la condanna dei ricorrenti per i reati di truffa · aggravata. Si contestava agli stessi di avere rappresentato la fittizia assunzione di numerosi lavoratori, inducendo in errore l’RAGIONE_SOCIALE sulla reale assunzione, così procurando alle persone assunte fittiziamente un ingiusto profitto derivante dall’incasso delle indennità previdenziali.
Disponeva altresì la confisca nei confronti di COGNOME NOME ed COGNOME NOME nella forma “diretta” con riguardo all’intero profitto conseguito per l’anno 2013, e nella forma “per equivalente” entro il limite del profitto perseguito per gli anni 2014 e 2015.
Veniva disposta la confisca anche nei confronti di NOME COGNOME entro il limite del profitto conseguito relativamente alle prestazioni dell’anno 2013.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: non sarebbe stata considerata la tesi alternativa proposta dal ricorrente con la prima impugnazione, che indicava come unico responsabile dei fatti contestati il coimputato COGNOME; la motivazione sarebbe apparente e non avrebbe valutato le allegazioni difensive; si deduceva, altresì, che, per quanto riguardava le condotte per le quali era stata dichiarata l’estinzione dei reati per decorso del termine prescrizione la Corte di appello non aveva valutato la possibilità del proscioglimento nel merito;
2.2. violazione di legge (artt. 69 e 133 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche, alla determinazione della pena base ed alla determinazione degli aumenti per la continuazione;
2.3. violazione di legge (art. 175 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione;
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla confisca, che sarebbe stata disposta senza adeguata motivazione.
3.Ricorreva per Cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
3.1. violazione di legge: l’avviso di deposito della sentenza di appello era stato notificato soltanto ad NOME, ma a nessuno dei due difensori di fiducia (NOME COGNOME e NOME COGNOME); la mancata notifica avrebbe prodotto una lesione del diritto di difesa e generato la nullità della sentenza.
3.2. Il vizio veniva ribadito con memoria a firma dell’AVV_NOTAIO, ovvero del difensore al quale non era stato notificato l’avviso di deposito della sentenza di appello.
3.3. violazione di legge in ordine all’esercizio dei poteri di integrazione istruttor previsti all’art. 507 cod. proc. pen.: sarebbe valutata l’attività della RAGIONE_SOCIALE, estendendo l’indagine oltre il perimetro investigativo delineato dall’accusa; le prove acquisite sarebbero inutilizzabili in quanto si sarebbe introdotto nel procedimento un dato storico “terzo” rispetto all’ imputazione, comunque utilizzato per giustificare la condanna;
3.3. violazione di legge e vizio di motivazione: il ricorso alla tecnica della motivazione per relationem sarebbe illegittimo, dato che non sarebbe stato accompagnato dalla autonoma e critica valutazione delle prove e dell’impugnazione;
3.4. violazione di legge (art. 240, 640 – quater cod. pen., 597 cod. proc. pen.): per COGNOME non sarebbe stata disposta la confisca in primo grado sicché la stessa non avrebbe
potuto essere “confermata” in secondo grado; si tratterebbe di confisca facoltativa non applicabile in relazione a reati prescritti; la stessa sarebbe stata disposta, in violazione d divieto di reformatio in peius, in assenza di impugnazione del pubblico ministero;
3.4. violazione di legge (artt. 81, 133 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla definizione del trattamento sanzionatorio ed alla inflizione dell’aumento per la continuazione.
4.Ricorreva per Cassazione il difensore di NOME COGNOME, che deduceva violazione di legge in ordine alla confisca disposta nei suoi confronti che sarebbe “per equivalente”, dunque non applicabile in caso di dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati alla stessa contestati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono fondati nella parte in cui contestano la legittimità della conferma della confisca, anche sotto il profi della carenza di motivazione.
1.1.Invero il Tribunale aveva disposto la confisca solo in relazione ai beni che erano stati precedentemente vincolati con il sequestro cautelare; tuttavia il sequestro non era stato disposto né nei confronti di COGNOME, né nei confronti di COGNOME, sicché, in assenza di impugnazione del pubblico ministero, la Corte di appello non poteva disporre alcuna confisca nei confronti dei ricorrenti.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio nella parte in cui dispone la confisca nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
1.2.La fondatezza dei motivi proposti nei confronti del capo della sentenza che applica la confisca nei confronti di COGNOME ed COGNOME consente di ritenere incardinato nei lor confronti il rapporto processuale in sede di legittimità, il che impone di dichiara l’estinzione per decorso del termine massimo di prescrizione in relazione al capo 3) relativamente al rapporto di lavoro con COGNOME NOME (spirato nel settembre del 2023, tenuto conto delle sospensioni).
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio con riferimento a tale reato.
2.11 ricorso di NOME COGNOME, nel resto, è infondato.
2.1.11 primo motivo si risolve nella richiesta di rivalutare la capacità dimostrativa dell prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità.
In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuar alcuna valutazione di “merito” in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indiz raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate – o indicate – in ossequio al principio di autosufficienza (tra l altre: Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965).
Nel caso in esame, contrariamente a quanto dedotto, la Corte d’appello offriva una esaustiva motivazione in ordine alle doglianze proposte con la prima impugnazione, rilevando come la tesi alternativa proposta da COGNOME non fosse credibile, tenuto conto che questi aveva interesse ad accusare COGNOME di avere progettato ed eseguito le truffe poiché, non avendo versato i contributi (dal 2013 in poi), lo stesso risultava debitore verso l’RAGIONE_SOCIALE di una cifra consistente, sicché scaricare la responsabilità sul coimputato costituiva una comoda «via di fuga» non solo dal processo penale, ma anche da quelli civili e amministrativi per il recupero dei crediti vantati dall’RAGIONE_SOCIALE.
Contrariamente a quanto dedotto le dichiarazioni dei testi della difesa venivano prese in considerazione, ma venivano ritenute non credibili, considerato che veniva rilevato un interesse degli stessi a far apparire falsi i rapporti di lavoro instaurati dalla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, per proteggere il proprio interesse ad essere considerati come gli unici lavorator regolari. Veniva inoltre rilevato che era emerso che “non” tutta la documentazione veniva ricevuta e gestita da COGNOME, la cui posizione si configurava invece come quella di un concorrete nel reato e non come quella dell’unico responsabile.
2.2. Il dedotto difetto di motivazione in ordine alla possibilità di giungere ad u proscioglimento nel merito, invece che in relazione al decorso del termine di prescrizione, è infondato.
In via preliminare il collegio riafferma che, in tema di impugnazioni, l’interesse del ricorrente è ravvisabile non solo quando questi miri a conseguire effetti penali più vantaggiosi, ma anche quando tenda ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli o ad assicurarsi effetti penali più favorevoli che l’ordinamento faccia dipendere dalla pronuncia domandata (Sez. 6, n. 35989 del 01/07/2015, COGNOME, Rv. 265604 – 01; Sez. 2, n. 15664 del 25/01/2023, COGNOME, Rv. 284487).
Tuttavia, pur riconosciuto l’interesse in astratto, il motivo, in concreto, è infondat tenuto conto che, nel corpo della motivazione, veniva specificato con chiarezza che le prove raccolte consentivano di ritenere fittizi tutti i rapporti, ad eccezione di quelli denunciati 2012 e, per il 2014, ad eccezione di quello con COGNOME (pag. 20 della sentenza impugnata).
2.3. Le doglianze rivolte nei confronti della determinazione del trattamento sanzionatorio non superano la soglia di ammissibilità, tenuto conto che, contrariamente a
quanto dedotto, la sentenza impugnata offriva una completa motivazione in ordine alla quantificazione della pena ed al bilanciamento tra circostanze eterogenee, ritenendo che i precedenti vantati ostassero alla concessione di un bilanciamento più favorevole.
Si riafferma, infatti, che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pe con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142, Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008 – dep. 2008, COGNOME e altri, Rv. 239754).
Tenuto conto della dichiarazione di estinzione per prescrizione del reato descritto al . capo 3) la pena inflitta al ricorrente deve essere, tuttavia, ricalcolata in anni uno, mesi du di reclusione ed euro 500 di multa, eliminando l’aumento per la continuazione inflitto per tale capo.
2.4. Infine, non supera la soglia di ammissibilità il motivo con il quale si deduce i mancato riconoscimento del beneficio della non menzione, tenuto conto che sulla Corte d’appello non grava alcun onere motivazionale quando, come nel caso di specie, l’appello è generico.
Sul punto si riafferma che il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per Cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 3 n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv. 262700).
3.11 ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, nel resto, è infondato.
3.1. Il motivo con il quale si chiede la dichiarazione di nullità della sentenza di appell perché l’avviso di deposito della sentenza non è stato notificato all’AVV_NOTAIO, codifensore dell’AVV_NOTAIO (nominato il 27 marzo 2023 con contestuale revoca dell’AVV_NOTAIO, anch’ella non destinataria dell’avviso ex art. 548 cod. proc. pen.), è infondato.
Le Sezioni unite, in materi di identificazione della titolarità del diritto ad impugnare hanno autorevolmente affermato che va tenuta distinta la legittimazione a proporre il ricorso dalle modalità di proposizione dello stesso, attenendo la prima alla titolarit sostanziale del diritto all’impugnazione e la seconda al suo concreto esercizio, per il quale
è richiesta la rappresentanza tecnica del difensore (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010 – 01).
E’ stato altresì chiarito che il principio della unicità della impugnazione – rispondente ad una lunga tradizione giurisprudenziale, attenta a calibrare sulla falsariga della unicità del concetto di parte processuale i diritti e le facoltà ad essa spettanti – è stato mess definitivamente in crisi dalla sentenza n. 317 del 2009 della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 175 cod. proc. pen., comma 2, nella su previgente formulazione, nella parte in cui non consentiva la restituzione dell’imputato nel termine per proporre impugnazione contro la sentenza contumaciale, nei casi in cui l’impugnazione era già stata proposta dal difensore, al quale era stata affidata la rappresentanza tecnica.
Escluso che il difensore possa “consumare” il diritto ad impugnare, la cui titolarità sostanziale spetta all’imputato, deve essere tuttavia considerato che l’imputato può esercitare il suo diritto, facendosi rappresentare ed assistere da due difensori (art. 96 cod. proc. pen.), il che consente allo stesso, di esercitare in concreto il diritto ad impugnar facendo ricorso alle competenze di un collegio difensivo composto da due professionisti, che hanno facoltà di presentare ricorsi distinti.
Se dunque il diritto dell’imputato a proporre ricorso per cassazione può essere esercitato, in concreto, facendo ricorso all’assistenza tecnica di due difensori, che possono proporre ricorsi distinti, per ritenere che il diritto ad impugnare sia stato compiutamente e definitivamente esercitato occorre che il termine per impugnare sia decorso nei confronti di entrambi i difensori nominati.
Tanto premesso, si ribadisce che la mancata notifica dell’avviso di deposito ad uno dei difensori non produce alcuna “nullità”, ma si limita ad impedire il decorso del termine per · proporre l’impugnazione da parte del difensore che non ha ricevuto la notifica. Il che implica che il difensore non notiziato, quando ha conoscenza dell’avanzamento del processo, ha sia la facoltà di chiedere la restituzione del termine per proporre ricorso, sia quella rinunciare alla proposizione di una autonoma impugnazione e di esercitare le facoltà difensive disponibili.
Il termine per chiedere la restituzione decorre dal momento in cui il difensore, al quale non è stato notificato l’avviso, ha conoscenza certa del deposito della sentenza: dunque sicuramente, in grado di appello, da quando riceve la notifica del decreto che dispone il giudizio; ed in cassazione da quando riceve la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza.
Nel caso in cui il difensore non chieda di essere restituito nel termine per proporre ricorso ma si limiti ad esercitare il diritto di difesa, egli compie una attività che espr inequivocabilmente la rinuncia alla facoltà di proporre autonoma impugnazione.
3.2. In conclusione si afferma che, nel caso in cui l’imputato sia assistito da due difensori, la mancata notifica dell’avviso di deposito della sentenza a uno di essi rende
inoperante, nei suoi confronti, la decorrenza del termine per l’impugnazione, fermo restando che lo svolgimento da parte del difensore non avvisato di attività difensive nel corso del giudizio di impugnazione sana il vizio e preclude ogni censura (Sez. 3, n. 38193 del 27/04/2017, U., Rv. 270952 – 01; Sez. 1, n. 51447 del 09/10/2013, Bleve, Rv. 257485; Sez. 2, n. 28882 del 17/06/2004, Quaranta, Rv. 229920).
3.3.Nel caso di specie, l’AVV_NOTAIO, non raggiunto dalla notificata dell’avviso d deposito delle motivazione della sentenza di appello, quando è venuto a conoscenza della pendenza del processo in cassazione, ovvero quando gli è stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza (il processo è stato rinviato per effettuare tale adempimento), non chiedeva la restituzione del termine per proporre ricorso, ma si limitava a svolgere attività difensiva, presentando una memoria con la quale invocava il riconoscimento della nullità della sentenza di appello, allegando l’omissione dell’avviso ex art. 548 cod. proc. pen.. In . coerenza con le linee ermeneutiche sopra tracciate si rileva che non sussiste nessuna nullità; si rileva, invece, che l’esercizio delle facoltà difensive attraverso il deposito di memoria esprime la rinuncia a proporre autonoma impugnazione.
Il motivo deve, dunque, ritenersi infondato.
3.4. Il motivo con il quale è stato dedotto l’illegittimo esercizio dei poteri integrazione istruttoria previsti dall’art. 507 cod. proc. pen. è manifestamente infondato.
Il motivo, oltre ad essere manifestamente infondato in ragione del fatto che l’art. 507 del codice di rito attribuisce al giudice la facoltà di integrare il compendio probatorio nel direzione che lo stesso ritiene utile per la decisione, è anche inammissibile perché risulta proposto per la prima volta con il ricorso per Cassazione, con insanabile frattura della , catena devolutiva e violazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen..
3.3. È manifestamente infondato anche il motivo con il quale si deduce l’illegittimo ricorso alla tecnica della motivazione per relationem, tenuto conto che alla premessa esposta alle pagine 14 e 15 della sentenza impugnata fa seguito una dettagliata e persuasiva motivazione in ordine alle posizioni degli appellanti – e di COGNOME in particolare. – , il che impedisce di ritenere che la decisione sia stata assunta senza la valutazione autonoma e critica sia del compendio probatorio disponibile, che delle doglianze avanzate con l’atto di impugnazione.
3.4. GLYPH Il motivo, che contesta la legittimità della definizione del trattamento sanzionatorio non supera la soglia di ammissibilità in quanto, contrariamente a quanto , dedotto, come già rilevato con riguardo alla posizione di COGNOME, la Corte ha offerto una esaustiva motivazione circa le scelte adottate in materia di bilanciamento tra circostanze eterogenee, ritenendo che la prevalenza delle attenuanti generiche fosse impedita dalla gravità delle condotte e dalla presenza di precedenti.
Anche in questo caso la pena, in seguito alla dichiarazione di estinzione GLYPH per, prescrizione per prescrizione del reato descritto al capo 3), deve essere ricalcolata in anni
uno, mesi due di reclusione ed euro 500 di multa, eliminando l’aumento per la continuazione inflitto per tale capo.
Il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE è inammissibile.
4.1.Contrariamente a quanto dedotto, la confisca disposta nei confronti della ricorrente non è una confisca “per equivalente”, non applicabile nel caso di dichiarazione di estinzione per prescrizione dei reati consumati prima della entrata in vigore dell’art. 578-bis cod. proc. pen. (Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01). Il vincolo reale disposto nei confronti della stessa è, invece, una confisca “diretta”, in quanto funzionale ad apprendere il denaro profitto della truffa, ed “obbligatoria” in quanto disposta ai sensi degli articoli 322-ter e 640 -quater cod. pen..
Non si verte dunque né in un caso di confisca “facoltativa” del profitto che, come allegato dal ricorrente, non può essere disposta in caso di estinzione del reato per prescrizione (Sez. 5, n. 52 del 15/10/2020, dep. 2021, Cipriani, Rv. 280140 – 01). Né, tantomeno, in un caso di confisca “per equivalente” tenuto conto che l’apprensione del denaro come chiarito in via definitiva delle Sezioni unite è sempre da considerarsi una confisca diretta (Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037 – 01).
4.2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso di COGNOME consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME limitatamente al reato di cui al capo 3), relativamente al rapporto di lavoro instaurato con COGNOME NOME, perché il reato è estinto per prescrizione. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla confisca disposta nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che elimina. Rigetta nel resto i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, rideterminando la pena finale per entrambi in quella di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 500 di multa. Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 30 maggio 2024
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