Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2391 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2391 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LIMBIATE il 14/02/1970
avverso la sentenza del 12/06/2024 del TRIBUNALE di Busto arsizio
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME ricorre per l’annullamento della sentenza del 12 giugno 2024 del Tribunale di Busto Arsizio che, ai sensi degli artt. 444 e segg. cod. proc. pen., ha applicato nei suoi confronti la pena, concordata con il Pubblico ministero, di un anno, otto mesi e venti giorni di reclusione per i delitti di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 commessi tra il 28 dicembre 2015 e il 27 dicembre 2019, a lui ascritti quale legale rappresentante della società La RAGIONE_SOCIALE
1.1.Con unico motivo deduce l’inosservanza e/o l’erronea applicazione dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000 avendo il Tribunale disposto nei suoi confronti la confisca per equivalente del profitto dei reati nonostante la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena che, afferma, si estende anche alle pene accessorie. Sostiene, infine, che la confisca per equivalente dovrebbe poter essere applicata solo all’esito della procedura di liquidazione giudiziale cui è sottoposta la società e tenendo conto dell’eventuale disavanzo tra quanto ottenuto in liquidazione e quanto dovuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
3.Con la sentenza impugnata il Tribunale ha ordinato la confisca di beni nella disponibilità della società RAGIONE_SOCIALE e del ricorrente per un valore di euro 4.617.482,00, valore corrispondente al profitto dei reati ascritti al COGNOME, al netto della compensazione con i crediti erariali attestati dall’Agenzia delle Entrate.
3.1.Ai sensi dell’art. 12-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, «nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto».
3.2.La norma distingue la confisca “diretta” del profitto o del prezzo del reato da quella dei beni per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto (cd. confisca “per equivalente” o “di valore”).
3.3.La prima (confisca diretta) costituisce misura di sicurezza, rientrando nel genus della misura di sicurezza patrimoniale della confisca di cui all’art. 240 cod. pen. che deve essere obbligatoriamente disposta per le cose che costituiscono il co prezzo del reato (art. 240, yBIZZIn comma, n. 1, cod. pen.). L’art. 12-bis d.lgs. n. is/et74 del 2000 estende l’obbligo della confisca anche al profittovelel reato, ponendosi in linea di continuità con l’art. 1, comma 143, legge 24 dicembre 2007, che aveva a sua volta esteso ai delitti di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000, l’obbligo della confisca diretta o per equivalente del profitto o del prezzo del reato già previsto dall’art. 322-ter cod. pen. per i delitti di cui agli articoli da 314 a 320 del codice penale; in caso di reato tributario commesso dal legale rappresentante della persona giuridica, la confisca diretta del profitto/prezzo può essere disposto nei confronti dell’ente non potendo
considerarsi l’ente stesso una persona estranea al detto reato (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647 – 01).
3.4.La seconda (cd. confisca per equivalente o di valore) ha invece carattere afflittivo e sanzionatorio (Sez. U, n. 4145 del 29/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284209 – 01; Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264435 – 01; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, COGNOME, Rv. 255037) ed in quanto tale può essere applicata solo a seguito di sentenza di condanna o che comunque accerti in modo definitivo la responsabilità dell’autore materiale del reato (Sez. U, n. 13539 del 30/10/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 02; Corte EDU, GIEM e altri c/Italia). Non si tratta di misura finalizzata all’estinzione del debito tributario contratto dal contribuente, non avendo finalità risarcitorie/ripristinatorie del danno cagionato all’Erario (cfr., sul punto, Sez. 2, n. 28921 del 09/07/2020, Rv. 279675 – 01; Sez. 1, n. 39874 del 06/06/2018, Rv. 273866 – 01).
3.5.Con la confisca dei beni in disponibilità del reo per un valore equivalente al prezzo o al profitto del reato «viene ad essere sostanzialmente “novato” il titolo in forza del quale si legittima il provvedimento di ablazione (dalla apprensione della ‘res’, della quale il legislatore apprezza la pericolosità, o per la natura della cosa in sé o per la relazione che si stabilisce tra l’oggetto della confisca ed il suo titolare – elementi, questi, che individuano la “ragione” della confisca ordinaria si passa alla apprensione di una “porzione” del patrimonio del soggetto, senza alcuna connotazione di pericolosità dello stesso, ma in funzione essenzialmente sanzionatoría rispetto all’equivalente profitto o prezzo del reato)» (Sez. 2, n. 21566 del 08/05/2008, Rv. 240910 – 01), così che la confisca ha matrice eminentemente afflittiva/sanzionatoria (Sez. U, n. 18374 del 31/03/2013, Rv. 255037 – 01; Sez. 5, n. 11288 del 26/01/2010, Rv. 246362; Sez. 6, n. 13098 del 18/02/2009, Rv. 243127; Sez. 3, n. 39172 del 24/09/2008, Rv. 241033).
3.6.Presupposto per l’applicazione della confisca per equivalente è esclusivamente il mancato reperimento del profitto o del prezzo del reato non potendosi invocare, in caso di delitto tributario commesso dal legale rappresentante dell’ente (e dunque di dissociazione tra l’autore materiale della condotta e il contribuente beneficiario del profitto/prezzo del reato), il beneficio di escussione del patrimonio dell’ente stesso (unico titolare, dal lato passivo, dell’obbligazione tributaria) poiché tale beneficio presuppone una solidarietà passiva nell’obbligazione tributaria del tutto estranea alla ‘ratio’ e alla lettera dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000: la confisca per equivalente non presuppone l’inutile escussione del patrimonio della società contribuente, bensì la mancata possibilità di apprendere in via diretta il profitto del reato (Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, deo. 2019, Rv. 274816 – 06, secondo cui, in tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, l’onere motivazionale del giudice che dispone la confisca di valore prevista dall’art. 12-
bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 di beni dell’imputato, attesa la natura obbligatoria di detto provvedimento, è limitato alla sussistenza dei presupposti legali della sua applicazione, consistenti nella impossibilità di disporre la confisca diretta del profitto o del prezzo del reato nel patrimonio della persona giuridica, nella disponibilità del bene oggetto di confisca per equivalente da parte dell’autore materiale del reato e nella corrispondenza del valore del bene al profitto o al prezzo del reato).
3.7.La giurisprudenza della Corte di cassazione ha precisato che la confisca per equivalente può essere disposta anche quando l’impossibilità del reperimento dei beni, costituenti il profitto del reato, sia transitoria e reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura, non essendo necessaria la loro preventiva ricerca generalizzata (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648 – 01).
3.8.La confisca di valore, pur avendo un prevalente carattere afflittivo e sanzionatorio, persegue anche l’esigenza di privare l’autore del reato di un valore equivalente a quanto illecitamente conseguito dalla commissione del reato, sicché non presuppone necessariamente una pronuncia di condanna (Sez. 6, n. 14041 del 09/01/2020, Rv. 279262 – 01). La finalità “ripristinatoria” della confisca per equivalente del profitto del reato era già stata affermata da Sez. 3, n. 43397 del 10/09/2015, Rv. 265093 – 01 e da Sez. 2, n. 8538 del 27/11/2019, Rv. 278241 01, secondo cui la confisca per equivalente piuttosto che “affliggere”, mira a “ripristinare” la situazione patrimoniale preesistente alla consumazione del reato. Anche Sez. U, n. 13539 del 30/10/2019, dep. 2020, COGNOME, ha ricordato, in motivazione, l’esistenza di un consistente indirizzo giurisprudenziale che, accanto all’azione penale “tipica”, riconosce l’esistenza di una “azione penale complementare”, volta ad “adottare altri provvedimenti a carattere reattivo o ripristinatorio, nei quali si sostanzia l’esigenza dell’ordinamento di ripristinare l’ordine giuridico violato dal fatto illecito” (Sez. 3, n. 53692 del 13/07/2017, Rv. 272791; Sez. 3, n. 43630 del 25/06/2018, Rv. 274196; Sez. 3, n. 31282, del 27/3/2019, Rv. 277167).
3.9.Tali precisazioni, però, non legittimano una lettura della confisca per equivalente che porti ad un sostanziale svilimento della sua funzione eminentemente sanzionatoria, funzione che, nei reati tributari, esclude – come già detto – che possa essere intesa come una forma di garanzia di esazione dell’obbligazione tributaria, specie se, come nel caso di specie, contratta da altri (la società di capitali di cui il ricorrente era legale rappresentante). Il patrimonio personale dell’autore del reato non costituisce, in questi casi, una garanzia in caso di incapienza dell’ente direttamente obbligato nei confronti dell’Erario, tant’è vero che il condannato per uno dei reati di cui al d.lgs. n. 74 del 2000 non può invocare, per evitare la confisca per equivalente, il “beneficium excussionis”ma pretendere
solo che si cerchi il profitto ai fini della confisca diretta; obbligazione tributaria e confisca per equivalente operano su piani totalmente diversi, separati e distinti, non potendo la confisca per equivalente essere intesa come una sorta di risarcimento del danno da inadempimento, sopratutto quando, come nel caso di specie, la persona fisica condannata (il legale rappresentante della società) non si identifica con la contribuente (la società, appunto). Funzione “ripristinatoria” non equivale a funzione “risarcitoria”; altrimenti, premesso che il profitto del reato di cui all’art. 10-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, coincide con l’importo delle ritenute non versate (Sez. 3, n. 45735 del 08/11/2012, Rv. 253999 – 01), l’ablazione del profitto (o di beni di valore ad esso equivalente) disposta ed eseguita in sede penale ai sensi dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, metterebbe in dubbio la possibilità dell’Agenzia delle Entrate di esercitare direttamente la pretesa erariale, quantomeno per la riscossione dell’imposta evasa, al fine di ottenere il doppio del dovuto (in sede penale e in sede tributaria). Dunque, la natura sanzionatoria della confisca per equivalente non può essere persa di vista; sanzione e ripristino della situazione patrimoniale preesistente costituiscono due facce della medesima medaglia: l’entità del profitto costituisce l’unità di misura della sanzione che consiste nel privare l’agente del vantaggio ottenuto mediante il reato (nel senso che la confisca per equivalente persegue anche l’esigenza di privare l’autore del reato di un valore equivalente a quanto illecitamente conseguito dalla commissione del reato, cfr. Sez. 6, n. 14041 del 09/01/2020, Rv. 279262 – 01). Ma quando, proprio come nel caso di specie, agente e soggetto passivo del rapporto obbligatorio tributario non coincidono, la finalità ripristinatoria della confisca per equivalente applicata nei confronti del primo appare davvero residuale (per non dire inesistente) a fronte del carattere puramente afflittivo della misura che consiste in una secca riduzione del patrimonio del condannato a fronte di un profitto mai acquisito del quale altri hanno beneficiato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.10.Ciò nondimeno si è affermato (e deve essere ribadito) che la sospensione condizionale della pena non estende i propri effetti alla confisca per equivalente, posto che questa, oltre a non essere assimilabile ad una misura di sicurezza in quanto non riferita a cose pericolose in sé, pur avendo natura eminentemente sanzionatoria non può essere parificata né ad una pena accessoria, in assenza della funzione preventiva tipica di questa, né alla pena principale, in quanto non è definita in proporzione alla gravità della condotta ed alla colpevolezza del reo e, piuttosto che “affliggere”, mira a “ripristinare” la situazione patrimoniale preesistente alla consumazione del reato (Sez. 2, n. 8538 del 27/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278241 – 01, che ha qualificato la confisca per equivalente come presidio ripristinatorio autonomo, connotato da obbligatorietà ed assenza di discrezionalità nella determinazione del “quantum”, rispetto alle sanzioni principali ed accessorie; nello stesso senso, Sez. 2, n. 45324 del 14/10/2015, COGNOME, Rv.
264958 – 01; Sez. 5, n. 27945 del 12/05/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 7, n. 47882 del 30/09/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 14232 del 01/10/2021, dep. 2022, COGNOME, non mass. sul punto).
3.11.Ne consegue che sono totalmente infondate le deduzioni difensive volte ad estendere il beneficio della sospensione condizionale anche alla confisca disposta ai sensi dell’art. 12 -bis d.lgs. n. 74 del 2000.
3.12.Nel resto, le deduzioni difensive sulla buona fede del ricorrente, sulla linearità della sua condotta, sul comportamento tenuto dall’Agenzia delle Entrate (che aveva proposto reclamo avverso l’omologa del concordato), sulla necessità di attendere gli esiti della liquidazione, non possono trovare ingresso in questa sede, sia perché estranei al perimetro decisorio in caso di ricorso avverso sentenza di applicazione della pena peraltro pronunciata dopo gli eventi dedotti (alla cui rilevanza il ricorrente ha rinunciato accedendo al rito speciale), sia perché evocano un beneficio di escussione che non può trovare applicazione e non costituisce, come già detto, presupposto applicativo della confisca per equivalente.
3.13.Come già detto, la confisca per equivalente può essere materialmente eseguita solo nel caso di mancato reperimento del profitto o del prezzo del reato; trattandosi, pertanto, di misura la cui esecuzione è subordinata ad un evento futuro ed incerto, nulla impedisce all’interessato di far valere, in sede esecutiva, le proprie ragioni indicando il luogo nel quale poter trovare il profitto o il prezzo del reato eventualmente non rinvenuto o appreso dal Pubblico ministero (Sez. 3, n. 40362 del 06/07/2016, COGNOME, Rv. 268587 – 01, secondo cui è legittima la confisca per equivalente quando, successivamente alla materiale imposizione del vincolo, dal soggetto interessato non siano indicati i beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta; nello stesso senso, Sez. 3, n. 42966 del 10/06/2015, Klein, Rv. 265158 – 01).
3.14.Ed invero, in tema di confisca per equivalente, non spetta al giudice di merito, una volta quantificata la somma nei limiti della quale viene disposta la misura ablatoria, determinarne anche le concrete modalità esecutive, trattandosi di materia che rientra nella competenza esclusiva del pubblico ministero (Sez. 2, n. 5051 del 19/01/2021, COGNOME, Rv. 280637 – 01; Sez. 3, n. 20776 del 06/03/2014, Hong, Rv. 259661 – 01).
4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di C 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di
•
inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 03/12/2024.