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Confisca per equivalente: quando è legittima? Il caso

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del sequestro di una somma di denaro di provenienza lecita a un soggetto indagato per usura. La decisione si basa sul principio della confisca per equivalente, applicabile quando i proventi diretti del reato non sono reperibili. Secondo i giudici, la normativa specifica in materia di usura (art. 644 c.p.) consente espressamente di aggredire beni di valore corrispondente al profitto illecito, rendendo irrilevante la loro origine lecita. L’appello del ricorrente è stato quindi dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: la Cassazione fa Chiarezza sul Reato di Usura

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32898 del 2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali, in particolare per il reato di usura. La Corte ha stabilito che la confisca per equivalente può colpire anche somme di denaro di provenienza lecita, qualora rappresentino un valore corrispondente ai profitti illeciti ottenuti. Questa decisione chiarisce i confini tra confisca diretta e per equivalente, seguendo le linee guida tracciate dalle Sezioni Unite.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento per usura a carico di un individuo, nel corso del quale era stata sequestrata la somma di 15.000 euro. L’imputato presentava ricorso, sostenendo l’illegittimità del sequestro in quanto la somma in questione era di natura lecita e non derivava direttamente dal reato contestato. La difesa invocava i principi stabiliti dalla nota sentenza “Massini” delle Sezioni Unite, secondo cui la confisca diretta di denaro è possibile solo se ne viene provata la derivazione causale dal reato.

Il Tribunale di Catanzaro, in sede di rinvio, aveva respinto l’appello, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che il Tribunale aveva correttamente applicato i principi di diritto, distinguendo tra la confisca diretta e quella per equivalente. Nel caso di specie, il sequestro non era finalizzato a una confisca diretta del profitto del reato, ma a una confisca per equivalente, misura espressamente prevista dalla legge per il delitto di usura.

Le Motivazioni: La Distinzione tra Confisca Diretta e per Equivalente

La Corte ha colto l’occasione per riepilogare i principi sanciti dalle Sezioni Unite nella sentenza “Massini”. La distinzione è cruciale:

Confisca Diretta: Si applica solo quando esiste la prova di un nesso causale diretto tra il bene sequestrato e il reato. In altre parole, si deve dimostrare che quel bene è esattamente* il prezzo o il profitto dell’illecito.
Confisca per Equivalente: Interviene quando i proventi diretti del reato non sono rintracciabili (ad esempio, perché sono stati consumati o nascosti). In questo caso, lo Stato può aggredire altri beni di proprietà del reo, di valore corrispondente al profitto illecito, indipendentemente dalla loro provenienza*. Questa misura ha una funzione sia recuperatoria che sanzionatoria.

Nel caso analizzato, il Tribunale non aveva qualificato il sequestro come diretto, bensì come preventivo a una confisca per equivalente. Pertanto, la questione della provenienza lecita della somma di 15.000 euro diventava del tutto irrilevante.

La Specifica Disciplina della Confisca per Equivalente nell’Usura

Il punto decisivo della sentenza risiede nell’applicazione dell’art. 644, ultimo comma, del codice penale. Questa norma, specifica per i delitti di usura, stabilisce che in caso di condanna è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato, ovvero “di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità (…) per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari”.

La legge stessa, quindi, prevede esplicitamente una forma di confisca per equivalente, consentendo di apprendere non solo il profitto diretto, ma anche un valore corrispondente in denaro o altri beni. Questo rende legittimo il sequestro preventivo finalizzato a tale confisca, senza che sia necessario dimostrare un nesso di pertinenzialità tra il bene sequestrato e il reato contestato.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: in materia di usura, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente è pienamente legittimo anche quando ha ad oggetto beni di provenienza lecita. La specifica previsione normativa dell’art. 644 c.p. prevale sulla regola generale, permettendo allo Stato di recuperare il valore dei profitti illeciti aggredendo il patrimonio del reo. Per gli indagati e i loro difensori, ciò significa che contestare un sequestro basandosi unicamente sulla provenienza lecita dei fondi è una strategia destinata a fallire, se il titolo di reato contestato prevede espressamente la confisca per equivalente.

Qual è la differenza fondamentale tra confisca diretta e confisca per equivalente?
La confisca diretta riguarda beni che sono il provento diretto e provato di un reato. La confisca per equivalente, invece, si applica quando i proventi diretti non sono reperibili e consente di sequestrare altri beni del reo, anche di origine lecita, fino a raggiungere un valore corrispondente al profitto illecito.

Nel reato di usura, la provenienza lecita del denaro sequestrato è rilevante per evitarne la confisca?
No. Secondo la sentenza, la normativa specifica per il reato di usura (art. 644 c.p.) prevede espressamente la confisca per equivalente. Di conseguenza, è possibile sequestrare somme di denaro o altri beni per un valore pari al profitto del reato, rendendo irrilevante la loro origine eventualmente lecita.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La difesa si basava su un’errata interpretazione dei principi, tentando di applicare le regole della confisca diretta a un caso in cui la legge prevede e giustifica chiaramente un sequestro finalizzato alla confisca per equivalente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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