Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 32898 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 32898 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CUTRO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di cassazione ed in funzione di giudice delle impugnazioni cautelari reali, con ordinanza del 20 marzo 2025 respingeva l’appello avanzato nell’interesse di COGNOME NOME avverso il provvedimento della Corte di Appello di Catanzaro del 27/02/2024 che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di dissequestro della somma di euro 15.000 disposta nel corso del procedimento per usura a carico del predetto.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, AVV_NOTAIO, deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., violazione di legge quanto al sequestro della somma di denaro per non avere il tribunale del riesame tenuto conto dei principi dettati dalla pronuncia delle Sezioni Unite ‘ Massini ‘ e, secondo i quali, la confisca diretta delle
somme di denaro può essere disposta solo ove sussista prova della pertinenzialità del denaro rispetto al reato per cui si procede, che, nel caso di specie, doveva essere esclusa. Così che, essendo la somma ablata al COGNOME di natura certamente lecita e non derivante dal reato si imponeva il dissequestro della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso appare essere stato proposto per motivi manifestamente infondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Ed invero deve essere escluso che le affermazioni contenute nel provvedimento impugnato confliggano con i principi statuiti dalle recenti Sezioni Unite Massini (Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, Massini, Rv. 287756 – 02); detta pronuncia ha affermato diversi principi di diritto stabilendo che:
-la confisca di somme di danaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, mentre, qualora tale nesso di pertinenzialità non sussista, la stessa deve essere considerata come confisca per equivalente, non potendosi far discendere la qualificazione dell’ablazione dalla natura del bene che ne costituisce l’oggetto;
-la confisca per equivalente del profitto del reato assolve, così come la confisca diretta, ad una funzione recuperatoria e ha funzione sanzionatoria in quanto avente ad oggetto beni privi del rapporto di derivazione dal reato, potendo assumere funzione punitiva solo qualora sottragga al destinatario beni di valore eccedente il vantaggio economico che lo stesso ha tratto dall’illecito;
-in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca deve essere disposta nei confronti di ciascun concorrente limitatamente a quanto dal medesimo conseguito, il cui accertamento costituisce oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti e, solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, è legittima la ripartizione in parti uguali.
Così ricostruiti i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nel recente intervento, resta pertanto accertato che la confisca di denaro è diretta soltanto quando sussista prova della derivazione causale del denaro dal reato per cui si procede mentre, è per equivalente, quando tale rapporti di pertinenzialità non sussista; con la rilevante conseguenza che, solo ove il titolo di reato per cui si proceda consente la confisca per equivalente, sarà possibile aggredire una somma di denaro differente da quella di diretta derivazione causale dal reato produttivo di profitto, altrimenti non potendosi procedere alla apprensione del tantundem .
L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta proprio affermare che la decisione del T ribunale dell’appello cautelare reale è corretta stante che detto giudice, alle pagine 2-3 della motivazione, ha spiegato come nel caso in esame si sia proceduto a confisca per equivalente della somma di denaro frutto del profitto illecito conseguito a seguito della consumazione del delitto di usura e non anche a confisca diretta senza, pertanto, che sia decisiva la natura lecita della somma sottratta al COGNOME. E tale valutazione appare corretta nella misura in cui applica l’inequivocabile disposto dell’art. 644 ultimo comma cod. proc. pen. che prevede proprio una specifica ipotesi di confisca per equivalente disponendo appunto che:’ Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, e’ sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilita’ di cui il reo ha la disponibilita’ anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni ‘ .
E’ pertanto l’espressa previsione della confisca di somme di denaro per un valore corrispondente al valore degli interessi o degli altri vantaggi usurari che consente, nel caso di condanna per tale grave fattispecie delittuosa, di apprendere non soltanto il diretto profitto illecito di derivazione causale dal reato ma, anche, il valore corrispondente in denaro beni od altre utilità, rendendo così irrilevante la natura eventualmente lecita dei beni che vengono appresi.
Sul tema, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha chiarito come il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in materia di usura, non richiede l’esistenza di un nesso di pertinenzialità del bene rispetto al reato contestato (Sez. 1, n. 28999 del 01/04/2010, Giordano, Rv. 248474 – 01) e tale principio deve certamente essere ribadito anche dopo il recente intervento delle Sezioni Unite ‘ Massini ‘ , per cui, in caso di condanna per usura è legittima la confisca per equivalente ex art. 644, ultimo comma, cod. pen. di somme di denaro per un valore corrispondente al profitto del delitto consumato ed in fase preliminare il corrispondente sequestro.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 25 settembre 2025
IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME