Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Todi il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 30/05/2023 del Tribunale di Spoleto; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 maggio 2023, pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Spoleto ha applicato all’imputato la pena da questi richiesta per il reato di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 deI2000, da lui commesso quale legale rappresentante di una società, disponendo anche la confisca del denaro e dei beni di cui l’imputato avesse la disponibilità, fino alla concorrenza di euro 298.641,00.
Avverso la sentenza, l’imputato, mediante il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, contestando, con unico motivo di doglianza, la mancanza di motivazione in ordine alla circostanza che si fosse proceduto a confisca per equivalente nei confronti del legale rappresentante, ai sensi dell’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, senza vagliare l’impossibilità di provvedere a confisca diretta nei confronti della persona giuridica. In particolare, in sentenza, non si sarebbe dato atto della mancanza di denaro nelle casse della società.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione è inammissibile, per genericità.
Manca, da parte del ricorrente, la compiuta prospettazione dell’esistenza di beni o denaro della persona giuridica su cui disporre confisca diretta, essendosi la difesa limitata ad asserire che la sentenza di patteggiamento non avrebbe preso in considerazione tale profilo.
Questa Corte ha più volte affermato, sul punto, che, quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato, sul presupposto dell’impossibilità di reperire il profitto del reato n confronti dell’ente, nel caso in cui, successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, dallo stesso soggetto non siano indicati i beni nella disponibilità dell persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (ex multis, Sez. 3, n. 40362 del 06/07/2016, Rv. 268587 – 01). Ciò, come anticipato, e quanto è avvenuto nel caso di specie, la linea difensiva dell’imputato si basa sulla mera ipotesi, priva di riscontri anche in via di mera prospettazione, della capienza del patrimonio della persona giuridica.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 19/06/2024.