LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca per equivalente: quando è legittima?

L’amministratore di una società fallita, condannato per reati tributari, impugna la confisca per equivalente disposta sui suoi beni personali. Sostiene che sarebbe stata possibile la confisca diretta sui beni dell’ente, dati i versamenti effettuati. La Cassazione rigetta il ricorso, specificando che la capienza patrimoniale della società va valutata rispetto al suo debito complessivo verso l’erario, non solo al profitto del singolo reato. La sentenza definisce inoltre i requisiti di ‘decisività’ per l’errore di fatto che giustifica un ricorso straordinario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente e Reati Tributari: La Cassazione Fa Chiarezza

In materia di reati tributari commessi dagli amministratori di società, una delle questioni più delicate riguarda l’applicazione della confisca per equivalente. Quando il profitto del reato non è rintracciabile nelle casse della società, magari perché fallita, lo Stato può rivalersi sui beni personali dell’amministratore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 14341/2024) interviene proprio su questo tema, definendo con precisione i presupposti per la sua applicazione e i limiti del ricorso straordinario per errore di fatto.

I Fatti di Causa: Dall’accusa alla Confisca

Il caso riguarda il legale rappresentante di una nota società sportiva, condannato in via definitiva per un reato fiscale previsto dal D.Lgs. 74/2000. Oltre alla pena, i giudici di merito avevano disposto la confisca per equivalente sui suoi beni personali per un importo pari al profitto del reato, circa 338.000 euro.

La difesa dell’amministratore ha contestato tale misura sin dall’appello, sostenendo la sua illegittimità. A suo dire, la confisca sui beni personali (per equivalente) è una misura subordinata alla comprovata impossibilità di procedere con la confisca diretta sui beni della società. L’imputato evidenziava che, nonostante lo stato di fallimento, la società aveva incassato somme significative (circa 880.000 euro) a seguito di versamenti effettuati da lui stesso e da altri coimputati nell’ambito di accordi transattivi. Tali fondi, secondo la difesa, avrebbero reso possibile la confisca diretta, escludendo quella per equivalente.

La Decisione della Cassazione e la questione della confisca per equivalente

I giudici di legittimità avevano già dichiarato inammissibile un primo ricorso. Contro tale decisione, l’imputato ha proposto un ricorso straordinario per errore di fatto, lamentando che la Corte avesse erroneamente ritenuto ignote le date e le causali dei versamenti alla curatela fallimentare e, soprattutto, avesse sbagliato nel considerare tali somme inferiori al profitto illecito.

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha rigettato anche questo ricorso straordinario, pur riconoscendo una parziale fondatezza delle doglianze. La decisione è cruciale perché chiarisce due principi fondamentali: i criteri per valutare la capienza del patrimonio sociale ai fini della confisca e i requisiti di ammissibilità del ricorso per errore di fatto.

Le Motivazioni: L’Errore di Fatto ‘Non Decisivo’

Il cuore della motivazione della Corte risiede nella distinzione tra un mero ‘errore percettivo’ e un ‘errore di fatto decisivo’.

I giudici ammettono che la precedente sentenza aveva commesso una svista nel ritenere ‘non note’ le date dei versamenti, poiché queste erano documentalmente provate negli atti processuali. Tuttavia, questo errore non è stato ritenuto ‘decisivo’.

La decisività, spiega la Corte, sussiste solo quando la correzione dell’errore è in grado di smontare l’intero percorso logico-giuridico della sentenza impugnata. In questo caso, anche appurato che le date dei versamenti erano note, il ragionamento di fondo della precedente decisione restava valido per altre ragioni.

Il punto centrale, infatti, è un altro: per stabilire se la confisca diretta sia possibile, la capienza del patrimonio della società non va confrontata con il solo profitto del reato contestato al singolo amministratore (i 338.000 euro), ma con il ‘debito complessivo verso l’erario’. Poiché il debito fiscale totale della società era di gran lunga superiore agli 880.000 euro versati dagli imputati, il patrimonio della società fallita era comunque insufficiente. Di conseguenza, l’impossibilità di procedere con la confisca diretta era un dato di fatto, che legittimava pienamente il ricorso alla confisca per equivalente sui beni dell’amministratore.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre importanti spunti pratici:

1. Priorità della confisca diretta: Viene ribadito che la confisca diretta sui beni della società ha sempre la precedenza su quella per equivalente a carico del reo. Quest’ultima è una misura sussidiaria.
2. Valutazione della capienza societaria: La possibilità di eseguire la confisca diretta non dipende dalla mera disponibilità di liquidità, ma da una valutazione complessiva del patrimonio netto della società in relazione a tutte le sue passività, in particolare quelle verso l’erario. Un versamento parziale, sebbene cospicuo, non è sufficiente se il debito fiscale complessivo rimane insoddisfatto.
3. Limiti del ricorso straordinario: Un errore di fatto commesso dalla Cassazione può portare all’annullamento della sentenza solo se è ‘decisivo’. Non basta una semplice svista o un’inesattezza su un elemento del processo; è necessario dimostrare che, senza quell’errore, la decisione finale sarebbe stata diversa.

Quando è possibile procedere con la confisca per equivalente anziché con quella diretta per un reato tributario commesso da una società?
È possibile quando risulta impossibile eseguire la confisca diretta dei beni che costituiscono il profitto del reato sul patrimonio della società, ad esempio perché la società è insolvente o non dispone di beni sufficienti.

Nel valutare la capienza del patrimonio di una società fallita per la confisca diretta, si considera solo il profitto del singolo reato contestato o l’intero debito verso l’erario?
Secondo la sentenza, la valutazione va fatta considerando il ‘debito complessivo verso l’erario’ della società. Se le disponibilità patrimoniali sono inferiori a tale debito complessivo, la confisca diretta è ritenuta non praticabile, anche se le somme disponibili superano il profitto del singolo reato contestato.

Un errore percettivo commesso dalla Corte di Cassazione in una sentenza è sempre sufficiente per annullarla tramite ricorso straordinario?
No. L’errore di fatto deve avere il carattere della ‘decisività’. Ciò significa che la sua correzione deve essere in grado di disarticolare il percorso logico della motivazione e portare a una decisione diversa. Un errore su un aspetto non cruciale del ragionamento non è sufficiente per l’accoglimento del ricorso straordinario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati