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Confisca per equivalente: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Il sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, riguardava beni immobili, anche intestati a un familiare. La Corte ha confermato la legittimità della misura, sottolineando che, per la confisca per equivalente, è irrilevante la provenienza lecita dei fondi usati per l’acquisto dei singoli beni sequestrati. Ciò che conta è la sproporzione tra il patrimonio complessivo e i redditi dichiarati. La decisione ribadisce anche i criteri per la valutazione del ‘periculum in mora’, basato sulla pericolosità criminale dell’indagato e sulla carenza di altri beni a garanzia.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: La Cassazione Conferma il Sequestro Anche su Beni di Provenienza Lecita

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nella lotta alla criminalità economica: la confisca per equivalente. Questo strumento, previsto dall’art. 240-bis del codice penale, permette allo Stato di aggredire i patrimoni illeciti anche quando i proventi del reato non sono più rintracciabili. Il caso in esame offre importanti chiarimenti sui presupposti di applicazione di questa misura, in particolare sulla irrilevanza della provenienza lecita dei singoli beni sequestrati e sulla valutazione del pericolo di dispersione del patrimonio.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Il Tribunale del Riesame di Palermo aveva confermato un decreto di sequestro preventivo su alcuni beni immobili intestati a un indagato e un appartamento formalmente di proprietà della madre. La difesa dell’indagato aveva proposto ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente tre punti:

1. Errata valutazione della provenienza dei fondi: la difesa asseriva che il denaro per l’acquisto di un immobile proveniva da una somma lecita, percepita dal padre dell’indagato a titolo di risarcimento per ingiusta detenzione. Tuttavia, gli accertamenti avevano dimostrato che tale somma era stata immediatamente reinvestita in altri prodotti finanziari.
2. Errata applicazione della confisca per equivalente: si contestava l’interpretazione della norma, sostenendo che non si potesse applicare a beni di provenienza lecita.
3. Mancanza di motivazione sul periculum in mora: secondo il ricorrente, il Tribunale non aveva fornito elementi concreti per giustificare il timore di una dispersione dei beni.

La Decisione della Cassazione e i Principi sulla Confisca per Equivalente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la validità del sequestro. La sentenza ribadisce e consolida principi giurisprudenziali fondamentali in materia.

Il Principio della Sproporzione e il ‘Reato-Spia’

Il cuore della confisca per equivalente (o confisca allargata) non risiede nell’origine illecita del singolo bene, ma nella sproporzione tra il patrimonio complessivo di una persona e i suoi redditi leciti. Nel caso di specie, gli accertamenti patrimoniali avevano rivelato una sperequazione finanziaria negativa di oltre 400.000 euro nel nucleo familiare dell’indagato in un arco temporale di quasi dieci anni. Il reato contestato (associazione per traffico di stupefacenti) funge da ‘reato-spia’, facendo scattare una presunzione legale: si presume che i beni sproporzionati derivino da attività illecite. Di conseguenza, la provenienza formalmente lecita dei fondi utilizzati per l’acquisto di un immobile diventa irrilevante. Lo scopo della norma è quello di colpire la ricchezza accumulata illecitamente, sequestrando beni di valore equivalente al profitto del reato che non può essere rintracciato.

Il Periculum in Mora: Rischio Concreto e Profilo Criminale

Anche la censura sulla mancanza del periculum in mora è stata respinta. La Corte ha chiarito che questo requisito non necessita di prove di atti di disposizione imminenti. Può essere desunto da una valutazione complessiva che include:

* L’insufficienza patrimoniale: l’assoluta carenza di altri beni o garanzie patrimoniali alternative su cui lo Stato potrebbe rivalersi.
* La pericolosità soggettiva: l’allarmante capacità criminale dimostrata dall’indagato nel corso della vicenda processuale.

La combinazione di questi due fattori crea una prognosi ragionevole di rischio che l’indagato possa tentare di disperdere o nascondere i beni prima della condanna definitiva. La motivazione del Tribunale, basata su un’analisi puntuale di questi elementi, è stata quindi ritenuta adeguata e non generica.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base di consolidati principi di diritto. In primo luogo, ha ribadito che nel contesto della confisca per equivalente ai sensi dell’art. 240-bis c.p., la legittima provenienza dei beni oggetto di sequestro non costituisce un ostacolo. Questa misura, per sua stessa natura, ha ad oggetto beni estranei al reato, ma di valore corrispondente al patrimonio sproporzionato che si presume di origine illecita. Il sequestro ‘per equivalente’ è legittimo anche quando sia dimostrata la provenienza lecita della provvista economica per l’acquisto, poiché la sua funzione è impedire che il soggetto si sottragga alla confisca occultando i proventi diretti del crimine. In secondo luogo, riguardo al bene intestato alla madre, la Corte ha dichiarato il difetto di legittimazione dell’indagato a impugnare. Per poter contestare il sequestro di un bene non proprio, l’indagato deve dimostrare un interesse concreto e attuale alla sua restituzione, cosa che non è avvenuta. Infine, la motivazione sul periculum in mora è stata giudicata solida, in quanto fondata su un’analisi circostanziata della totale assenza di beni patrimoniali alternativi e sull’allarmante profilo criminale dell’indagato, elementi che, combinati, giustificano ampiamente il timore di una dispersione dei beni.

Conclusioni

Questa sentenza è un’importante conferma della forza dello strumento della confisca per equivalente nel contrasto all’arricchimento illecito. Essa chiarisce che l’obiettivo non è provare il nesso di causalità tra il reato e ogni singolo bene, ma ripristinare l’equilibrio patrimoniale aggredendo beni di valore equivalente ai profitti illeciti. La pronuncia sottolinea come la sproporzione patrimoniale, unita alla commissione di un ‘reato-spia’, sia sufficiente a giustificare la misura ablativa, e come il pericolo di dispersione possa essere desunto da una valutazione complessiva della situazione economica e della personalità dell’indagato.

È possibile sequestrare un bene acquistato con soldi di provenienza lecita a titolo di confisca per equivalente?
Sì. La sentenza chiarisce che la legittima provenienza dei fondi usati per acquistare un bene non impedisce il suo sequestro ai fini della confisca per equivalente (ex art. 240-bis c.p.). Ciò che rileva è la sproporzione complessiva tra il patrimonio e il reddito dichiarato, non l’origine del singolo bene.

Come si valuta il ‘periculum in mora’ in un sequestro finalizzato alla confisca allargata?
Il ‘periculum in mora’, cioè il rischio di dispersione dei beni, viene valutato tenendo conto di due fattori principali: l’insufficienza del patrimonio residuo dell’indagato (l’assenza di altri beni aggredibili) e la sua pericolosità criminale. La combinazione di questi elementi può fondare una prognosi di rischio concreta e giustificare il sequestro preventivo.

Un indagato può impugnare il sequestro di un bene intestato a un familiare?
No, a meno che non dimostri di avere un interesse concreto e attuale alla restituzione del bene. Nel caso di specie, l’indagato non ha fornito prove di un tale interesse riguardo al bene intestato alla madre e, pertanto, il suo ricorso su quel punto è stato dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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