Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12025 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12025 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato in Nigeria il 13/101990 rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza 23/10/2024 del Tribunale di Cosenza, sezione per il riesame
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
udita la requisitoria svolta dal sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso, riportandosi alla memoria scritta già depositata;
udita la discussione svolta dall’avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice del riesame, confermava il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in via diretta del profitto dei reati di cui all’art. 640-ter, commi secondo e terzo, cod. pen. o per equivalente emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza in data 23/07/2024 nei confronti di Okolie Victor ed eseguito per la somma di denaro pari a complessivi euro 8.636,07 prelevati da due conti correnti a questi intestati.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione Okolie Victor, tramite il difensore fiduciario, deducendo con un unico motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione di legge in relazione all’art. 640 quater cod. pen. e 321 cod. proc. pen.
Rileva il ricorrente, così si legge testualmente nell’atto di impugnazione che il Tribunale del riesame ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari “estendendo contra legem la confisca disciplinata dal combinato disposto degli articoli 640 quater e 322 ter cod. pen. ad una vicenda che vede coinvolte, in qualità di persone offese, due soggetti privati esercenti attività commerciali. L’erronea dilatazione dell’istituto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ha quindi innescato la violazione dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen. con specifico riferimento alla insussistenza del rapporto di pertinenzialità tra il denaro oggetto di ablazione e i reati in contestazione”.
Di COGNOME e COGNOME, indicate quali persone offese della condotta decettiva di cui all’art. 640-tercod. pen., disponevano bonifici su un conto corrente BNL che è diverso da quelli ( BPM e conto corrente postale) oggetto del sequestro preventivo disposto con il decreto impugnato avanti il Tribunale del riesame; risulta inoltre per tabulas che nessuna operazione, in entrata o in uscita, risulta effettuata sui tre conti correnti in questione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è proposto per un motivo manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile.
Il Tribunale del riesame (pagg. 2 e 3 dell’ordinanza impugnata) ha ravvisato, a carico di Okolie Victor, il fumus dei reati di frode informatica di cui all’art. 640 ter, commi secondo e terzo, cod. pen. evidenziando come l’indagato aveva indotto NOME COGNOME e NOME COGNOME entrambi titolari di attività commerciali,
ad effettuare due bonifici (rispettivamente di euro 3.430,64 e 18.229,52) sul conto corrente BNL a sé intestato e nella medesima giornata le somme in tal modo accreditate (o comunque importi di poco inferiore) erano da lui stesso trasferite su altri conti correnti intestati a terzi soggetti ovvero prelevate presso sportelli ATM.
Ha quindi evidenziato, correttamente richiamando il combinato disposto degli artt. 322 ter e 640 quater cod.pen., che, con riferimento a tali fattispecie di reato, era consentito il sequestro preventivo anche avente ad oggetto beni o valori equivalenti al profitto del reato.
Il collegio della cautela ha dunque fatto buon governo della disciplina prevista in tema di misure cautelari reali previste con riferimento al provento del reato di frode informatica ed anche dei più generali principi di diritto dettati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui nel caso di confisca obbligatoria il rapporto di pertinenzialità tra bene e reato è interamente assorbito nella verifica della “confiscabilità” del bene e la illegittimità del sequestro può essere affermata solo nel caso in cui tale confiscabilità sia da escludere ictu oculi, alla stregua delle risultanze processuali conseguite o in base alle norme giuridiche ( Sez. U. n. 29951 del 24/05/20024, COGNOME, Rv. 228165, in motivazione).
Con specifico riferimento al sequestro (o confisca) per equivalente di cui all’art. 322 ter cod. pen., si è affermato che tale misura ablatoria non presuppone la dimostrazione del nesso pertinenziale tra reato e quanto sottoposto a vincolo essendo ad essa assoggettabili beni nella disponibilità dell’indagato o dell’imputato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato, ciò che rileva è quindi solo l’esistenza del fumus commissi delicti e, qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali è prevista la confisca per equivalente, sia costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo in vista dell’applicazione di detta misura non può essere subordinata alla verifica che il denaro sia confluito nella effettiva disponibilità dell’indagato giacché, altrimenti, si verrebbe a ristabilire la necessità di un nesso pertinenziale tra la res ed il reato, che la legge con l’introduzione della confisca c.d. per equivalente, ha escluso (Sez. 6, n. 11902 del 27 gennaio 2005, COGNOME, Rv. 231234; Sez. 6, n. 31692 del 05/06/2007, COGNOME non mass.; Sez. 4, n. 20682 del 16/04/2019, RAGIONE_SOCIALE, non mass.).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio (è pervenuto decreto di ammissione al gratuito patrocinio dell’indagato, tuttavia privo della notula spese la cui liquidazione non compete, comunque, alla Corte di Cessazione, come affermato Sez. U, ord.
n.5464 del 26/09/2019- dep 2020, COGNOME, Rv. 277760) e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende Così deciso 23/01/2025.