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Confisca per equivalente: quando è legittima?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro una confisca per equivalente disposta in esecuzione di una sentenza di San Marino. La Corte ha stabilito che la misura è legittima, anche se non prevista dalla legge italiana al tempo del reato, in base alle norme sulla cooperazione giudiziaria internazionale e alla Convenzione di Strasburgo, che prevalgono sul principio di stretta territorialità della sanzione.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per equivalente e cooperazione internazionale: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema complesso e di grande rilevanza: l’esecuzione in Italia di una confisca per equivalente disposta da un’autorità giudiziaria straniera. La questione centrale riguarda la compatibilità di tale misura con il principio di irretroattività della legge penale, soprattutto quando la confisca non era prevista dall’ordinamento italiano al momento della commissione del reato. La decisione offre un’importante chiave di lettura sul rapporto tra diritto interno e obblighi derivanti dalla cooperazione giudiziaria internazionale.

Il caso: una confisca ‘straniera’ e il principio di legalità

Il caso trae origine dal ricorso di un cittadino condannato dal Tribunale della Repubblica di San Marino, la cui sentenza prevedeva una confisca per un valore di oltre 4 milioni di euro. La Corte d’Appello italiana aveva riconosciuto la sentenza straniera, rendendola esecutiva in Italia.
Il ricorrente si è opposto all’esecuzione, sostenendo che la confisca fosse illegittima. Il reato era stato commesso nel 2007, mentre la norma italiana che ha introdotto la confisca per equivalente per quel tipo di illecito (l’art. 648-quater c.p.) è entrata in vigore solo alla fine dello stesso anno. Applicare tale sanzione, a suo dire, avrebbe costituito una palese violazione del principio costituzionale di irretroattività della legge penale, secondo cui nessuno può essere punito con una sanzione non prevista al momento del fatto.

La questione della confisca per equivalente e la sua applicazione nel tempo

Il cuore del dibattito giuridico si è concentrato sulla natura della confisca per equivalente e sulle norme che ne legittimano l’applicazione in un contesto transnazionale. La difesa sosteneva che, essendo una sanzione di natura penale, essa dovesse sottostare rigidamente al principio di legalità e irretroattività. Pertanto, l’assenza di una norma sostanziale italiana al momento del reato avrebbe dovuto impedirne l’esecuzione.

Tuttavia, sia la Corte d’Appello in sede di esecuzione che, in precedenza, la stessa Corte di Cassazione avevano già respinto questa tesi. La decisione si fondava su un’interpretazione sistematica delle norme, che tiene conto degli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale.

La decisione della Corte: la prevalenza della cooperazione giudiziaria

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità dell’esecuzione della confisca. I giudici hanno chiarito che la questione non doveva essere analizzata solo alla luce del diritto penale sostanziale interno, ma nel quadro più ampio della cooperazione giudiziaria internazionale. L’Italia, ratificando la Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio del 1990, si era impegnata ad adottare le misure necessarie per eseguire le richieste di confisca provenienti da altri Stati firmatari, inclusa quella per equivalente.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si articola su un punto decisivo: la base giuridica per l’esecuzione della confisca straniera non è l’art. 648-quater del codice penale, ma l’art. 735-bis del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta nel 1993 proprio per dare attuazione alla Convenzione di Strasburgo, disciplina le modalità di esecuzione in Italia dei provvedimenti stranieri di confisca di valore. Essendo una norma di natura procedurale e preesistente ai fatti di causa (commessi nel 2007), la sua applicazione non viola il principio di irretroattività.
In altre parole, la legge italiana già consentiva, dal 1993, di dare corso a una confisca per equivalente disposta da un altro Stato parte della Convenzione, anche se per l’ordinamento interno quella specifica misura sanzionatoria non era ancora stata introdotta per i reati commessi sul territorio nazionale. Di conseguenza, la decisione di riconoscere la sentenza sammarinese non è frutto di un errore né configura una sanzione ‘abnorme’ o ‘avulsa dal sistema’, ma rappresenta la corretta applicazione delle regole di cooperazione giudiziaria. Il giudicato formatosi sulla precedente decisione di riconoscimento è quindi intangibile, non potendo il giudice dell’esecuzione rimettere in discussione un’interpretazione normativa consolidata e plausibile.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: gli obblighi derivanti dalla cooperazione giudiziaria internazionale possono creare un regime specifico per l’esecuzione delle sentenze straniere, che prevale sulla stretta corrispondenza con il diritto penale sostanziale interno. La confisca per equivalente, anche se successiva al reato secondo la legge italiana, può essere legittimamente eseguita se la sua base giuridica risiede in una norma processuale di cooperazione internazionale preesistente. La decisione consolida l’efficacia degli strumenti di contrasto alla criminalità economica a livello transnazionale, affermando che il principio di legalità deve essere interpretato in armonia con gli impegni internazionali assunti dallo Stato.

È possibile eseguire in Italia una confisca per equivalente ordinata da un tribunale straniero per un reato commesso quando tale sanzione non esisteva nella legge italiana?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’esecuzione è possibile in base alle norme sulla cooperazione giudiziaria internazionale (in particolare l’art. 735-bis c.p.p.), introdotte per dare attuazione a convenzioni come quella di Strasburgo del 1990. Queste norme procedurali, preesistenti al reato, consentono l’esecuzione a prescindere dalla previsione della sanzione nel diritto penale sostanziale italiano al momento del fatto.

L’esecuzione di una tale confisca viola il principio di irretroattività della legge penale?
No. La Corte ha chiarito che il principio di irretroattività riguarda la legge penale sostanziale. In questo caso, la base giuridica per l’esecuzione non è una norma penale sostanziale applicata retroattivamente, ma una norma processuale di cooperazione internazionale (art. 735-bis c.p.p.) in vigore già dal 1993 e quindi ben prima della commissione del reato.

Il giudice dell’esecuzione può annullare una confisca già divenuta definitiva perché la ritiene illegale?
No, salvo casi eccezionali. Il giudice dell’esecuzione non può rivalutare nel merito una decisione coperta da giudicato. Il suo intervento è limitato a ipotesi come la sopravvenuta incostituzionalità di una norma o l’applicazione di una pena manifestamente abnorme o frutto di un errore macroscopico, condizioni che la Corte ha escluso nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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