Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TIVOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ORBETELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME, del foro di ROMA, in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 ottobre 2023 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Tivoli del :15 giugno 2021 con cui, in esito a giudizio abbreviato, per quanto di specifico interesse in questa sede: a) COGNOME NOME NOME stato condannato per i r ati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ascrittigli ai capi A), B), D), E), F), H) ed I) di imputazione, nonché per il delitto ex artt. 110, 629 cod. pen. rubricato al capo C) e quello ex art. 648 cod. pen. contestato sub G), alla pena di anni cinque di reclusione ed euro 28.000,00 di multa; b) COGNOME NOME era stata condannata .per i reati contestatile ai sensi degli artt. 110 cod. pen., 73 comma 1, D.P.R. n. 309 del 1990 ai capi D) e H) di imputazione alla pena di anni tre di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
Nella circostanza era stata, altresì, disposta la confisca del denaro in sequestro, con relativa destinazione di esso all’erario.
Avverso l’indicata sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati, a mezzo del loro difensore, indicando i motivi di impugnazione di ‘seguito enunciati.ai sensi dell’art. 123, comMa 1 , cod. proc. Pen.
2.1. COGNOME NOME ha dedotto, in seno al proprio atto, quattro motivi di doglianza, con il primo dei quali ha eccepito erronea applicazione di legge, oltre a manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti contestatigli ai capi E), F), H) ed I) della rubr dovendo gli stessi essere configurati nella più lieve ipotesi di cui all’art. 7 comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990.
Tale qualificazione sarebbe stata, d’altro canto, già effettuata nei riguardi dei coimputati – giudicati separatamente – COGNOME NOME e COGNOME NOME, nei cui confronti era stata applicata pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. proprio con riferimento alla fattispecie, loro rispettivamente imputata nei capi H) ed I) della rubrica, di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990.
Con la seconda censura il ricorrente ha lamentato inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 629 e 393 cod. pen., sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione, essendo del tutto erroneo l’intervenuto riconoscimento della sua responsabilità penale in ordine al delitto di estorsione contestatogli al capo C), in particolar modo non risultando corretta né l’indicazione del valore dell’orologio cedutogli da parte della persona offesa a
garanzia dell’effettuazione di un futuro pagamento, né la ritenuta illiceità del rapporto patrimoniale intercorso tra di lui e la vittima.
Con il terzo motivo il COGNOME ha eccepito falsa applicazione dell’art. 62-bis cod. pen., per non essergli state riconosciute le circostanze attenuanti generiche pur nella ricorrenza di plurimi aspetti che avrebbero dovuto giustificare, invece, l’applicazione di tale beneficio.
Con l’ultima doglianza, infine, il ricorrente ha dedotto violazione di legge, oltre ad illegittimità e carenza di motivazione, ritenendo del tutto illegittima modalità con cui la Corte di merito ha ritenuto di eseguire la confisca per equivalente di una somma di denaro pari ad euro 11.000,00, da lui custodita presso la propria abitazione.
2.2. COGNOME NOME ha proposto nel suo ricorso un unico motivo di censura, con cui ha eccepito contraddittorietà ed illogicità della motivazione relativamente alla qualificazione giuridica del fatto contestatole al capo H) ai sensi dell’art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309 del 1990, e non nella più lieve ipotesi prevista dal successivo comma 5.
In analogia a quanto dedotto da COGNOME NOME nel suo primo motivo di doglianza, infatti, la ricorrente ha lamentato l’irragionevolezza della decisione con cui i giudici di merito avrebbero mantenuto tale più grave qualificazione pur a fronte dell’intervenuta riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5 -D.P.R. ‘n. 309 del 1990 ‘disposta nei confronti dei coimputati giudicati separatamente – COGNOME NOME e COGNOME NOME in una sentenza di applicazione della pena emessa lo stesso giorno della decisione di primo grado pronunciata, con rito abbreviato, nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio rileva la fondatezza della sola ultima censura dedotta da parte di COGNOME NOME, per l’effetto dovendo essere pronunciato nei suoi confronti l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla confisca della somma di denaro in sequestro, con rigetto degli altri motivi di ricorso eccepiti, altresì dovendo essere dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta da COGNOME NOME.
In termini generali, infatti, deve essere osservato, con riferimento agli altri motivi di ricorso, come l’esame della impugnata sentenza consenta di constatare come le censure eccepite dai parte di entrambi i ricorrenti ripropongano le stesse doglianze dedotte nel giudizio di appello, rispetto alle
quali non può che essere ribadito quanto già, più volte, chiarito da questa Corte di legittimità, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respint in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
3. In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore argomentazione, il Collegio rileva, con riferimento alla prima comune censura, con cui sia il COGNOME che la COGNOME – con argomentazioni praticamente coincidenti – hanno invocato la derubricazione dei delitti loro contestati ai capi E), F), H) ed I) nella più lieve ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, come assuma decisivo rilievo, in proposito, l’indirizzo interpretativo espresso dalla giurisprudenza di legittimità per cui la configurazione dell’indicata fattispecie richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in – conformità ai principi costituzionali di offensività è Oroporzionarità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, Ferretti, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua enti alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruito si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Ciò premesso in punto di diritto, deve ritenersi, allora, che, nel caso di specie, la Corte territoriale abbia offerto una motivazione pienamente adeguata
in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità, essendo stati posti in rilievo aspetti quali i significativi quantitat droga detenuti dagli imputati, nonché, soprattutto, la serialità e la professionalità con cui costoro hanno perpetrato le loro condotte illecite, peraltro in contesti temporali abbastanza duraturi.
In maniera del tutto congrua, quíndi, i giudici di merito hanno correttamente mostrato di aver valutato i dati probatori disponibili, negando la ricorrenza del fatto di lieve entità sulla base di elementi cui hanno ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fin dell’esclusione della minima offensività.
3.1. Né di alcun conto è, poi, la doglianza, comune ad entrambi i ricorrenti, per cui vi sarebbe stata una incongruenza e una palese disparità di trattamento per essere stata riconosciuta – con riferimento alle medesime condotte criminose – la più lieve ipotesi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 in favore dei coimputati COGNOME NOME e COGNOME NOME e non già nei loro confronti, essendo del tutto logica e adeguata la motivazione con cui la Corte territoriale ha debitamente esplicato come, con riferimento agli altri due imputati, il giudizio avesse riguardato unicamente gli atti concernenti tali vicende delittuose, perciò prescindendosi dall’invece considerata sussistenza, in questa sede, di un ben più pregnante panorama probatorio complessiva. -gravante a carico del COGNOME e -della COGNOME.
D’altro canto, assume sul punto troncante rilievo il principio, affermato da questa Corte di legittimità, per cui, in tema di concorso di persone nel reato di cessione di stupefacenti, il medesimo fatto storico può essere ascritto ad un imputato ai sensi dell’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e ad un altro a norma dell’art. 73, comma 5, del medesimo D.P.R., qualora il contesto complessivo nel quale si collochi la condotta, valutato tenendo conto della quantità di stupefacente trattato, nonché dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione, assuma caratteri differenti per ciascun correo (così, in particolare: Sez. 3, n. 20234 del 04/02/2022, COGNOME, Rv. 283203-01; Sez. 3, n. 16598 del 20/02/2020, COGNOME, Rv. 278945-01; Sez. 6, n. 2157 del 09/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274961-01).
4. Parimenti non fondata è la seconda doglianza eccepita da parte del COGNOME, con cui ha lamentato l’erronea configurazione della sua responsabilità penale in ordine al delitto di estorsione rubricato al capo C), ritenendo non corretta ggy l’indicazione del valore dell’orologio cedutogli dalla persona offesa a St ,, t garanzia di un futuro pagamento, GLYPH la ritenuta illiceità del rapporto patrimoniale intercorso tra di lui e la vittima.
Trattasi, invero, di censura volta ad ottenere una non consentita rivalutazione in fatto del compendio probatorio in atti, nella sostanza afferendo alla ricostruzione della vicenda delittuosa e all’interpretazione delle prove assunte, e quindi a questioni non passibili di valutazione in questa sede.
4.1. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, ben quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a lor disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi – dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti – e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01).
Esula, quindi, dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica de fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l’illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME e altri, Rv. 207944-01).
1Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi . di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati da ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i moltep arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11./2020, dep. 2021, F., Rv. 28060101; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507-01). E’, conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.
4.2. Ebbene, nel caso di specie può senz’altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, esplicando le ragioni per cui ha ritenuto che le pressanti, e perfino minatorie, richieste rivolte alla persona offesa, seguite dalla spoliazione di un orologio Rolex, non potessero avere altra finalità logica che quella di determinare il recupero di crediti vantati per pregresse cessioni di cocaina. Per come adeguatamente argomentato dai giudici di merito, tale conclusione risulta evincibile non solo dai contenuti di inequivoci dialoghi intercettati, ma anche dall’ovvia considerazione per cui ove il credito avesse
avuto natura lecita non sarebbe stato necessario adottare tali cond vessatorie, ben potendosi ricorrere alle ordinarie vie legali.
In ragione della rappresentata motivazione, allora, non appare esser dubbio di sorta in ordine al fatto che la censura mossa dall’imputato si appa nella sostanza, come volta ad ottenere solo una rivalutazione del materi probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed logicità della motivazione resa, appare del tutto infondato.
In sostanza, le considerazioni espresse dal COGNOME possono, al più, vale suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non di cer ribaltarne l’esito in modo univoco, con ciò che ne consegue in termini affermazione della sua responsabilità penale.
Del tutto priva di pregio è, poi, la doglianza con cui il Presti lamentato la mancata concessione in suo favore delle circostanze attenuan generiche, ritenendosi adeguata e logica la motivazione con cui la Corte appello ha ritenuto l’insussistenza di elementi idonei a consentirne il re riconoscimento.
La Corte di merito, in particolare, ha ritenuto di escludere la concession tale beneficio dando rilievo alla professionalità palesata dal COGNOME svolgimento dell’attività illecita, peraltro ricoprendo un ruolo di vertice r agli altri -sciggetti coinvolti, nonclié tenuto conto della gravità dei Mezzi utili per il recupero dei crediti e dei pregressi criminali gravanti a suo carico.
Trattasi di argomentazioni che ben rappresentano e giustificano, in punto diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di ne riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, senza palesare vizi logi ponendosi in coerenza con le emergenze proc:essuali acquisite, con motivazione pertanto, non sindacabile in questa sede di legittimità (Sez. 6, n. 4268 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
D’altro canto – in particolare dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. disposta dal d.l. 23 maggio 2008, n. 2002, convertito con modifiche dalla I luglio 2008, n. 125 – è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti conto, come avvenuto nella situazione in esame, di avere valutato e applicat criteri ex art. 133 cod. pen. In tema di attenuanti generiche, infatti, posto ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consenti giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzio prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connota tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabi meritevolezza di tale adeguamento non può mai essere data per scontata o pe presunta, sì da imporre un obbligo per il giudice, ove ritenga di escluder
doverne giustificare, sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza consolidata di questa Corte, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio (così, tra le tante, Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381-01). In altri termini, l’obbligo di analitica motivazione in materia d circostanze attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (cfr. Sez. 2, n. 38383 del 10/07/2009, COGNOME ed altro, Rv. 245241-01).
Come detto GLYPH è, invece, l’ultima doglianza dedotta da parte del COGNOME, non avendo i giudici di merito fornito rappresentazione alcuna dei presupposti giuridici legittimanti la disposta applicazione della confisca per equivalente della somma di 11.000,00 rinvenuta nella sua disponibilità.
All’evidenza, infatti, non sono state indicate in motivazione le ragioni giustificative dell’effettuata sottoposizione di tale somma alla peculiare forma di confisca obbligatoria per equivalente prevista dall’ultima parte dell’art. 73, comma 7-bis, D.P.R. n. 309 del 1990, non risultando, in particolar modo, esplicato il perché tale importo fosse di valore corrispondente al prodotto o al profitto -scaturito dall’illecita cessione di sOstanze stupefacenti– non potendo, in tal senso, essere ritenuti sufficienti i generici richiami effettuati alle modalità occultamento del denaro, ovvero al suo consistente ammontare -.
Né, d’altro canto, il netto riferimento effettuato in senl:enza alla disposta applicazione dell’istituto della confisca per equivalente rende possibile ipotizzare la configurazione, nel caso di specie, delle diverse ipotesi della confisca diretta ex art. 240 cod. pen., ovvero della c.d. confisca “allargata” di cui all’art. 240-b cod. pen. – richiamato, in relazione al delitto di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309 d 1990, dall’art. 85-bis dello stesso D.P.R. – altresì considerato come, in ogni modo, anche con riferimento a tali ultime ipotesi non sarebbe stata data indicazione alcuna in sentenza dei profili giuridici giustificativi dell’applicazio dei suddetti istituti.
Ne deriva, pertanto, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla confisca della somma di denaro in sequestro, nel resto dovendo essere disposto il rigetto del suo ricorso. Deve, invece, essere dichiarato inammissibile il ricorso di COGNOMEenzi NOME, con conseguente condanna dell’imputata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla confisca della somma di denaro in sequestro e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso di COGNOME. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Bfesidenté