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Confisca per equivalente: quando è illegittima?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che disponeva la confisca per equivalente a carico di un imprenditore fallito. La Corte ha stabilito che tale misura è illegittima se la confisca diretta del profitto del reato è possibile, come nel caso di specie in cui le somme erano disponibili nel patrimonio fallimentare. Inoltre, è stato ritenuto abnorme l’uso della procedura di correzione di errore materiale per disporre la confisca per equivalente.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per equivalente: la Cassazione ne riafferma la natura sussidiaria

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene su un tema delicato e complesso: l’applicazione della confisca per equivalente nei reati tributari, specialmente quando l’imputato è stato dichiarato fallito. La pronuncia chiarisce un principio fondamentale: questa misura ablativa può essere disposta solo quando sia impossibile procedere alla confisca diretta del profitto del reato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti: una complessa vicenda processuale

Il caso riguarda un imprenditore che, a seguito di un patteggiamento per un reato tributario, era stato condannato. La questione della confisca, tuttavia, ha dato vita a un lungo e articolato iter giudiziario. Inizialmente, il Tribunale aveva rigettato la richiesta di confisca poiché l’imputato era stato dichiarato fallito in data antecedente alla sentenza, situazione che, secondo un primo orientamento, impediva l’adozione del provvedimento ablatorio.

Dal rinvio della Cassazione alla confisca diretta

Dopo una serie di annullamenti e rinvii da parte della Corte di Cassazione, il Tribunale di Trapani, in sede di nuovo esame, ha infine disposto la confisca diretta della somma di oltre 434.000 euro, corrispondente al profitto del reato. Questa decisione era stata presa a seguito di un’istruttoria che aveva accertato la presenza di un cospicuo attivo nel patrimonio fallimentare, sufficiente a soddisfare la pretesa dello Stato.

L’errore del Giudice dell’Esecuzione

Successivamente, il Pubblico Ministero ha chiesto al giudice dell’esecuzione di “integrare” il dispositivo della sentenza, specificando che si trattava di una confisca per equivalente estesa anche ai beni immobili dell’imputato. Il giudice, ritenendo si trattasse di un mero errore materiale, ha accolto la richiesta senza fissare un’udienza. Contro questa decisione, la difesa ha proposto opposizione, ma il Tribunale ha confermato la confisca per equivalente. È avverso quest’ultima ordinanza che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla confisca per equivalente

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, annullando senza rinvio le ordinanze che avevano disposto la confisca per equivalente. La decisione si basa su due pilastri argomentativi: uno di natura procedurale e uno di natura sostanziale.

L’abnormità della correzione di errore materiale

In primo luogo, la Corte ha definito “abnorme” il provvedimento con cui il giudice ha disposto la confisca utilizzando la procedura di correzione degli errori materiali (art. 130 c.p.p.). I giudici hanno chiarito che, quando una sentenza passata in giudicato omette di pronunciarsi su una confisca obbligatoria, l’unico strumento per porvi rimedio è il procedimento previsto dall’art. 676 c.p.p. davanti al giudice dell’esecuzione, che garantisce il contraddittorio tra le parti. Usare una procedura semplificata e senza udienza, come la correzione di errore materiale, per introdurre una misura così incisiva è una palese violazione delle norme processuali.

La priorità della confisca diretta e la natura della confisca per equivalente

Sul piano sostanziale, la Cassazione ha ribadito un principio cardine: la confisca per equivalente ha natura sussidiaria. Può essere applicata solo quando i beni che costituiscono il profitto diretto del reato non siano reperibili. Nel caso di specie, l’istruttoria aveva dimostrato che la somma evasa era presente e disponibile nel conto corrente della curatela fallimentare, tanto che il curatore l’aveva accantonata in favore dello Stato. Di conseguenza, erano pienamente sussistenti i presupposti per la confisca diretta, e non vi era alcuna ragione per aggredire altri beni del ricorrente con una confisca per equivalente.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di evitare un’indebita locupletazione da parte dello Stato. Disporre sia la confisca diretta delle somme liquide sia quella per equivalente su altri beni si tradurrebbe in una duplicazione della pretesa sanzionatoria, una misura eccessiva e in contrasto con i principi del sistema. La sentenza richiama anche un proprio precedente (n. 15776 del 2020), sottolineando che, sebbene il sequestro penale prevalga sugli interessi dei creditori nel fallimento, è cruciale circoscrivere l’entità del profitto confiscabile per non arrecare un ingiusto pregiudizio alle altre pretese creditorie, specialmente quando l’attivo è costituito da somme di denaro.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato le ordinanze impugnate, lasciando ferma unicamente la confisca diretta del profitto del reato, come originariamente disposta dal Tribunale in sede di rinvio. Questa sentenza rafforza la garanzia per l’imputato, ribadendo che la confisca per equivalente non può essere utilizzata come uno strumento alternativo a piacimento, ma solo come extrema ratio. Inoltre, riafferma l’importanza del rispetto delle corrette procedure giudiziarie, sanzionando come abnormi le scorciatoie che ledono il diritto di difesa e il principio del contraddittorio.

È possibile disporre la confisca per equivalente se si può procedere con la confisca diretta del profitto del reato?
No. La sentenza chiarisce che la confisca per equivalente è una misura sussidiaria. Se il profitto del reato (ad esempio, una somma di denaro) è ancora rintracciabile e aggredibile, si deve procedere con la confisca diretta. Disporre quella per equivalente sarebbe una misura eccessiva e illegittima.

Si può usare la procedura di correzione di errore materiale per aggiungere una confisca per equivalente a una sentenza definitiva?
No. La Corte di Cassazione ha qualificato come “abnorme” un provvedimento di questo tipo. La procedura corretta per integrare una sentenza definitiva con una confisca obbligatoria omessa è quella prevista dall’art. 676 del codice di procedura penale, che si svolge davanti al giudice dell’esecuzione, e non la semplice correzione di errore materiale.

In caso di fallimento dell’imputato, la confisca per equivalente può essere applicata se il denaro è nell’attivo fallimentare?
No. Se le somme corrispondenti al profitto del reato sono presenti nell’attivo fallimentare e sono state accantonate, si deve procedere con la confisca diretta su quel denaro. La confisca per equivalente su altri beni (come gli immobili) non è ammessa, poiché verrebbe meno il suo presupposto fondamentale, ovvero l’impossibilità di reperire il profitto diretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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