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Confisca per equivalente: quando è definitiva?

Un soggetto condannato per reati tributari ha impugnato un’ordinanza relativa alla confisca per equivalente dei suoi beni, sostenendo che il valore dei beni già sequestrati alle società coinvolte fosse sufficiente a coprire il profitto illecito. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo un principio chiave: la valutazione della sufficienza dei beni per la confisca diretta deve avvenire al momento in cui la confisca diventa definitiva, non al momento del sequestro. Inoltre, ha ribadito che le questioni già decise con sentenza irrevocabile non possono essere riesaminate nella fase di esecuzione della pena.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per equivalente: il momento della definitività è cruciale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su aspetti fondamentali della confisca per equivalente in materia di reati tributari, definendo con precisione il momento in cui va valutata la necessità di questa misura e i limiti delle contestazioni sollevabili in fase esecutiva. La pronuncia sottolinea come, una volta che una sentenza di condanna è diventata irrevocabile, non sia più possibile rimettere in discussione il principio della responsabilità solidale tra i coimputati per l’intero profitto del reato.

I fatti di causa: la contestazione sulla confisca

Il caso trae origine dal ricorso di un imprenditore, condannato in via definitiva per associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati fiscali. La condanna includeva una confisca per equivalente per un importo superiore a 1,2 milioni di euro, corrispondente al profitto dei reati contestati.

L’imprenditore si opponeva all’ordinanza della Corte d’Appello, sostenendo che la confisca sui suoi beni personali non fosse legittima. A suo dire, il valore dei beni già sequestrati in via diretta alle società beneficiarie degli illeciti (in particolare immobili e disponibilità finanziarie) era già superiore al profitto generato. Di conseguenza, secondo la sua tesi, non sussistevano i presupposti per procedere con una confisca ‘per equivalente’ sul suo patrimonio personale, o quantomeno questa avrebbe dovuto essere limitata alla differenza residua.

La decisione della Cassazione sulla confisca per equivalente

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le argomentazioni della difesa sulla base di due principi cardine del diritto processuale penale.

Il principio del giudicato e i limiti della fase esecutiva

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che la fase di esecuzione della pena non è la sede adatta per rimettere in discussione questioni già decise e coperte da giudicato. Il ricorrente aveva già sollevato censure simili nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna, e queste erano state respinte. La statuizione sulla responsabilità solidale per l’intero profitto del reato e sulla conseguente applicazione della confisca per equivalente era, pertanto, definitiva e non più contestabile.

Il momento determinante per la valutazione dei beni

Il punto più innovativo e rilevante della sentenza riguarda l’individuazione del momento corretto per la valutazione dei beni. La Corte ha stabilito il seguente principio di diritto: la verifica sulla sufficienza dei beni confiscati in via diretta a coprire il profitto del reato non va effettuata al momento del sequestro preventivo, ma al momento in cui la confisca diventa definitiva. È in tale istante, infatti, che si produce l’effetto ablatorio, ovvero la sottrazione definitiva del bene dal patrimonio del reo. Il sequestro ha una funzione meramente cautelare, mentre il valore che conta è quello accertato quando la misura patrimoniale diventa irrevocabile. Il ricorso è stato quindi giudicato generico perché basava le proprie argomentazioni sul valore dei beni al momento del sequestro, avvenuto anni prima, senza fornire un’analisi del loro valore al momento della definitività della confisca.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta separazione tra la fase di cognizione (il processo che accerta il reato e stabilisce la pena) e la fase di esecuzione (l’attuazione della pena). Le doglianze del ricorrente, relative alla ripartizione del profitto tra i correi e alla proporzionalità della confisca, sono state considerate attinenti al merito della responsabilità, un aspetto già definito in modo irrevocabile. La Corte ha quindi affermato l’impossibilità di ‘rivisitare’ in sede esecutiva ciò che è stato cristallizzato dalla sentenza di condanna. Analogamente, le richieste di sostituzione dei beni con una somma di denaro e la valutazione di una consulenza tecnica di parte sono state respinte perché basate sull’errato presupposto di una suddivisione per quote del profitto, principio già escluso dalla sentenza passata in giudicato.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante orientamento giurisprudenziale sulla confisca per equivalente. Le implicazioni pratiche sono significative: chi intende contestare l’applicazione di questa misura deve farlo in modo specifico durante il processo di cognizione. In fase esecutiva, le possibilità di opposizione sono estremamente limitate e non possono rimettere in discussione il quantum o il principio di solidarietà già stabiliti. Soprattutto, la valutazione della capienza dei beni sequestrati in via diretta va ancorata al valore che essi hanno nel momento in cui la confisca diviene un atto definitivo e non più impugnabile, rendendo irrilevanti le stime effettuate al momento del sequestro cautelare.

È possibile contestare in fase di esecuzione l’ammontare della confisca per equivalente già decisa con sentenza definitiva?
No, la Cassazione ha stabilito che gli aspetti decisi nella fase di cognizione, come l’affermazione di responsabilità e l’applicazione della confisca, non possono essere rivisitati in fase esecutiva, in quanto coperti da giudicato.

Qual è il momento corretto per valutare se i beni confiscati in via diretta sono sufficienti a coprire il profitto del reato?
Il momento corretto non è quello del sequestro preventivo, ma quello in cui la confisca diventa definitiva. È in quel momento che si produce l’effetto ablatorio (la sottrazione del bene) e che quindi va effettuata la valutazione di sufficienza.

In caso di più coimputati per reati tributari, la confisca per equivalente viene suddivisa in quote?
No, in questo caso la Corte ha confermato una precedente decisione che escludeva la suddivisione per quote, applicando il principio della responsabilità solidale. Ogni concorrente può essere chiamato a rispondere per l’intero profitto del reato, rendendo infondate le richieste basate su una presunta quota individuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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