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Confisca per equivalente: quando è a rischio la casa?

Una donna ricorre contro la confisca per equivalente di due immobili acquistati dal marito, indagato per reati fiscali. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, confermando la misura. Secondo i giudici, la vendita era fittizia e finalizzata a sottrarre i beni all’azione penale, poiché il marito ne aveva conservato la piena disponibilità di fatto. La buona fede della ricorrente è stata esclusa, ritenendola consapevole dell’intento elusivo del coniuge, rendendo così legittima la confisca per equivalente.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: La Casa Intestata al Coniuge è a Rischio?

La confisca per equivalente rappresenta uno strumento fondamentale nel contrasto ai reati economici, in particolare quelli fiscali. Essa consente allo Stato di aggredire il patrimonio del reo per un valore corrispondente al profitto illecito, anche quando i beni originari non sono più rintracciabili. Ma cosa succede se questi beni sono stati venduti a un familiare stretto, come il coniuge, prima dell’avvio del procedimento? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti della tutela del terzo acquirente, dimostrando come l’intestazione formale non sia sufficiente a proteggere un immobile da tale misura.

I Fatti del Caso: Una Compravendita Sospetta

Il caso riguarda una donna che si è opposta alla confisca di due unità immobiliari di sua proprietà. Tali immobili erano stati acquistati nel 2015 dal marito, il quale si era riservato il diritto di abitazione. Successivamente, l’uomo è stato indagato in qualità di amministratore di fatto di una società per reati fiscali commessi negli anni 2013 e 2014.

La ricorrente sosteneva la propria buona fede, affermando di aver pagato un prezzo congruo, di aver sostenuto spese di ristrutturazione tramite un prestito personale e di non essere a conoscenza dei procedimenti penali a carico del marito al momento della compravendita. A suo avviso, il marito non aveva più la ‘disponibilità’ degli immobili, ma solo un semplice diritto di abitazione.

La Decisione e la Questione della Confisca per Equivalente

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della donna, confermando la legittimità della confisca. Il cuore della decisione ruota attorno a due concetti chiave: la ‘disponibilità’ effettiva del bene da parte dell’indagato e la ‘buona fede’ del terzo acquirente.

La ‘Disponibilità’ di Fatto del Bene

I giudici hanno concluso che, nonostante il trasferimento di proprietà, l’indagato aveva di fatto mantenuto la piena disponibilità degli immobili. Diversi elementi hanno supportato questa conclusione:

1. La permanenza nell’immobile: Ben due anni dopo la vendita, l’uomo risultava ancora residente e domiciliato presso gli immobili confiscati, dove coabitava con la moglie.
2. La natura del contratto: La vendita con riserva del diritto di abitazione a favore di un venditore pressoché coetaneo dell’acquirente è stata interpretata come un forte indizio della volontà di non spogliarsi realmente del bene, limitando in modo significativo il diritto di proprietà della moglie.
3. La tempistica: L’atto di compravendita era successivo alla commissione dei reati fiscali contestati al marito.

Questi fattori, nel loro insieme, hanno convinto la Corte che la vendita fosse un atto puramente formale, orchestrato al solo scopo di sottrarre gli immobili a eventuali misure cautelari, lasciandone il controllo effettivo all’indagato.

La Mancanza di Buona Fede nell’Acquisto e la Confisca per Equivalente

La Corte ha negato che la moglie potesse essere considerata un terzo acquirente in buona fede meritevole di tutela. Richiamando i principi dell’articolo 52 del Codice Antimafia (d.lgs. 159/2011), applicabili come principio generale del sistema, i giudici hanno affermato che la tutela è riservata all’operatore economico ‘prudente e accorto’.

Nel caso specifico, è stato ritenuto che la moglie fosse consapevole dell’intento elusivo del marito e avesse consapevolmente accettato di diventare una mera intestataria formale del bene. A rafforzare tale convincimento, la Corte ha valorizzato il comportamento tenuto dalla coppia subito dopo il sequestro: l’immediata richiesta di cambio di residenza da parte del marito e la verifica delle formalità sull’immobile da parte della moglie sono state viste come reazioni che tradivano una pregressa consapevolezza della situazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Suprema Corte è chiara: la confisca per equivalente può colpire anche beni formalmente intestati a terzi se si dimostra che l’indagato ne ha conservato la disponibilità effettiva. La valutazione non si ferma all’apparenza giuridica (l’atto di compravendita), ma scende nel concreto, analizzando la realtà dei fatti. La coabitazione, la natura del contratto e le circostanze complessive hanno rivelato l’intento simulatorio dell’operazione, finalizzata a creare uno schermo giuridico per proteggere il patrimonio dall’azione della giustizia. La stretta relazione familiare tra le parti ha reso ancora meno credibile la tesi della buona fede, portando i giudici a concludere che l’acquirente fosse a conoscenza, se non partecipe, del disegno fraudolento.

Conclusioni

Questa sentenza offre una lezione importante: nei casi di reati economici, l’intestazione fittizia di beni a parenti o persone di fiducia non è una strategia efficace per evitare la confisca per equivalente. La giustizia è autorizzata a guardare oltre la forma per colpire la sostanza. Per un terzo acquirente, specialmente se legato da vincoli familiari con il venditore, dimostrare la propria buona fede richiede una prova rigorosa di totale estraneità all’intento illecito. In assenza di tale prova, il diritto di proprietà cede di fronte all’esigenza di recuperare i proventi del reato, e l’immobile, anche se formalmente trasferito, resta nel mirino della giustizia.

Un bene venduto a un familiare prima di un procedimento penale può essere confiscato?
Sì, può essere soggetto a confisca per equivalente se i giudici ritengono che la vendita sia stata fittizia, ovvero realizzata al solo scopo di sottrarre il bene all’azione penale, e che il venditore/indagato ne abbia mantenuto il controllo e l’uso effettivo.

Cosa significa ‘disponibilità’ di un immobile ai fini della confisca?
Significa avere il potere di fatto e il controllo concreto sul bene, a prescindere da chi ne sia l’intestatario formale. Nel caso esaminato, continuare a vivere nell’immobile e coabitare con la nuova proprietaria sono stati elementi decisivi per dimostrare la disponibilità da parte dell’indagato.

Come viene valutata la buona fede del coniuge che acquista l’immobile dall’altro coniuge indagato?
La buona fede viene esclusa se le circostanze suggeriscono che l’acquirente fosse consapevole dell’intento fraudolento del venditore. La Corte valuta tutti gli indizi, come la tempistica della vendita rispetto ai reati, le clausole contrattuali (es. diritto di abitazione) e il comportamento delle parti, per determinare se l’acquirente fosse un complice nell’occultamento dei beni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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