Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13516 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13516 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
COGNOME NOME
Presidente –
Sent. n. sez. 43/2025
ALDO ACETO
Relatore –
CC – 14/01/2025
COGNOME
R.G.N. 30915/2024
NOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a MELISSANO il 05/10/1969
avverso l’ordinanza del 10/06/2024 della Corte d’appello di Lecce;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta la memoria del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha invece insistito per lÕaccoglimento del ricorso.
1.NOME COGNOME ricorre, quale persona estranea al processo penale, per lÕannullamento dellÕordinanza del 10 giugno 2024 della Corte di appello di Lecce che, rigettando lÕopposizione proposta ai sensi dellÕart. 667, comma 4, cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento del 18 marzo 2024 della stessa Corte di appello che aveva dichiarato inammissibile lÕincidente di esecuzione avverso
lÕapplicazione della confisca ai suoi beni disposta in fase esecutiva con provvedimento del Procuratore generale presso la stessa Corte territoriale nellÕambito del procedimento a carico di terzi (tal NOME COGNOME.
1.1.Con il primo motivo deduce la violazione dellÕart. 655, comma 1, cod. proc. pen. e la manifesta illogicitˆ della motivazione. Contesta, in particolare, il potere del pubblico ministero di applicare in sede esecutiva la confisca, disposta in sede di cognizione per equivalente, su beni di terzi sol perchŽ ritenuti dallo stesso pubblico ministero fittizi intestatari dei beni medesimi in disponibilitˆ di fatto del condannato. La natura fittizia dellÕintestazione, afferma, non pu˜ essere ritenuta in sede esecutiva da parte di un organo privo del requisito della terzietˆ, ma deve essere accertata e dichiarata in sede di cognizione, venendo in rilievo il diritto di proprietˆ. Non si pu˜, dunque, affermare che il terzo non viene colpito dalla confisca perchŽ il bene non è suo, perchŽ ci˜ equivale a invertire lÕordine del ragionamento. Vengono in tal modo violati, quanto al diritto di proprietˆ, gli artt. 42 Cost. e 1 del Primo protocollo addizionale della CEDU, nonchŽ, quanto alla natura sanzionatoria della confisca per equivalente, gli artt. 6, ¤ 2, e 7 CEDU. Tale violazione non pu˜ essere supplita, sul piano procedurale, dal controllo ex post della legittimitˆ del provvedimento del pubblico ministero, poichŽ la legittimitˆ dellÕablazione deve essere decisa ex ante da un giudice terzo.
1.2.Con il secondo motivo deduce la violazione dellÕart. 12bis d.lgs. n. 74 del 2000 e dellÕart. 192, comma 2, cod. proc. pen., nonchŽ la manifesta illogicitˆ e contraddittorietˆ della motivazione nella parte in cui la Corte di appello attribuisce valore e dignitˆ indiziaria a elementi (vendita dellÕimmobile dopo la sentenza di condanna non definitiva e non gravato da vincoli reali; versamento, da parte del NOME, della somma di euro 23.000,00 due anni prima della vendita; prezzo di vendita di gran lunga inferiore a quello di mercato) che essa stessa riconosce come di mero sospetto e pertanto privi dei requisiti di gravitˆ e precisione. Deduce, altres’, il travisamento della perizia giurata di parte prodotta in sede di opposizione a sostegno della congruitˆ del prezzo di vendita, tenuto conto del diritto di abitazione concesso allÕalienante, travisamento consistito nel fatto che la Corte di appello ha affermato che il consulente non aveva considerato i calcoli effettuati dallÕAgenzia delle Entrate laddove, afferma la ricorrente, il consulente era partito proprio dalle valutazioni dellÕAgenzia. La Corte di appello, inoltre, non spiega affatto le ragioni per le quali ha disatteso le conclusioni del consulente di parte, omettendo di motivare sul punto, privilegiando le conclusioni dellÕAgenzia delle Entrate che non aveva tenuto conto dellÕincidenza sul prezzo del diritto di abitazione accordato allÕalienante.
Quanto alla disponibilitˆ dellÕimmobile, la ricorrente lamenta che la Corte di appello non poteva far derivare tale disponibilitˆ dal diritto di abitazione poichŽ esso non attribuisce poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietˆ.
Con memoria trasmessa il 3 gennaio 2025 il difensore della ricorrente, Avv. NOME COGNOME ha replicato alla richiesta del Procuratore generale di rigetto del ricorso insistendo per il suo accoglimento.
1.Il ricorso è nel suo complesso infondato.
2.Il primo motivo è infondato.
2.1.Oggetto della confisca disposta per equivalente ai sensi dellÕart. 12bis d.lgs. n. 74 del 2000 sono i beni dei quali il condannato ha la disponibilitˆ per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato del quale non sia stata possibile lÕablazione diretta. La disponibilitˆ di un bene è concetto diverso dalla (e più ampio della) proprietˆ del bene stesso, ricomprendendo situazioni fattuali che prescindono dal diritto di proprietˆ. Appare chiara lÕintenzione del legislatore di privilegiare le situazioni di signoria di fatto sul bene rispetto a quelle di diritto onde disincentivare pratiche elusive finalizzate a evitare la misura ablatoria e a legittimare pratiche di conservazione dei beni finalizzate a sottrarli alla confisca.
2.2.Secondo il consolidato insegnamento della Corte di cassazione, la “disponibilitˆ” del bene, che è il presupposto della confisca per equivalente (e del sequestro ad essa prodromico), non coincide con la nozione civilistica di proprietˆ, ma con quella di possesso (Sez. 3, n. 34602 del 31/03/2021, Roveta, Rv. 282366 – 01), ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorchŽ il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietˆ (Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274852 – 01; Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, Ucci, Rv. 255950 – 01; Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252378 – 01).
2.3.LÕindividuazione dei beni da assoggettare a confisca è questione che appartiene alla fase esecutiva e, in prima istanza, alla competenza esclusiva dellÕorgano incaricato dalla legge dellÕesecuzione dei provvedimenti giurisdizionali: il pubblico ministero presso il giudice che ha deliberato il provvedimento (artt. 655, comma 1, 665, comma 1, cod. proc. pen.). Ci˜ si desume dal fatto che il giudice non è tenuto a individuare e indicare preventivamente i beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato e, ancor più, dal fatto che la confisca per equivalente costituisce un rimedio eventuale, subordinato al mancato reperimento del prezzo o del profitto. LÕindividuazione preventiva dei beni da
apprendere in via diretta o per equivalente non costituisce condizione per la adozione della confisca da parte del giudice di merito.
2.4.Si tratta di approdo ormai consolidato della giurisprudenza di legittimitˆ per la quale il giudice che dispone la confisca di beni che non siano giˆ stati sequestrati non è tenuto ad individuare concretamente i beni da sottoporre alla misura, ma pu˜ limitarsi a determinare la somma di denaro che costituisce il profitto o il prezzo del reato o il valore ad essi corrispondente, mentre l’individuazione specifica dei beni da apprendere e la verifica della corrispondenza del loro valore al “quantum” indicato nel provvedimento è riservata alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero (in tal senso, anche se con riferimento al decreto di sequestro preventivo, Sez. 6, n. 53832 del 25/10/2017, COGNOME, Rv. 271736 – 01; Sez. 2, n. 24785 del 12/05/2015, Monti, Rv. 264282 – 01; Sez. 5, n. 9738 del 02/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262893 – 01; Sez. 3, n. 37848 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 260148 – 01; Sez. 2, n. 35813 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 256827 – 01; Sez. 3, n. 1447 del 28/09/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.).
2.5.La ricorrente se ne duole ritenendo che lÕindividuazione del bene di proprietˆ di persona estranea al reato da confiscare spetti sempre al giudice e non al pubblico ministero, pena la violazione delle norme della CEDU sopra indicate.
2.6.é argomento infondato, testualmente disatteso dallo stesso legislatore.
2.7.LÕart. 41, comma 1, lett. i), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha infatti aggiunto, nel testo dell’art. 86 disp. att. cod. proc. pen., un nuovo comma 1bis , che stabilisce che, in caso di confisca per equivalente di beni non sottoposti a sequestro, o comunque non specificamente individuati nel provvedimento che dispone la confisca, lÕesecuzione si svolge con le modalitˆ previste per l’esecuzione delle pene pecuniarie, ossia secondo la disciplina dell’art. 660 cod. proc. pen. il quale (nel testo riformulato dall’art. 38, comma 1, lett. c, d.lgs. n. 150 del 2022) affida, appunto, al pubblico ministero il compito di dare diretta esecuzione allÕordine del giudice.
2.8.Si tratta, del resto, di disposizione che si pone in linea con quanto giˆ da oltre un trentennio prevede lÕart. 735bis cod. proc. pen. (aggiunto dallÕart. 9, legge 9 agosto 1993, n. 328) che disciplina lÕesecuzione di un provvedimento straniero di confisca di somme di danaro corrispondenti al valore del prezzo, del prodotto o del profitto del reato, affidata, per lÕappunto, al pubblico ministero secondo quanto prevede lÕart. 660 cod. proc. pen.
2.9.La questione, in ogni caso, è anche mal posta.
2.10.Il pubblico ministero, quando il giudice della cognizione non abbia preventivamente indicato i beni da confiscare, non Òestende la confiscaÓ a terzi, semplicemente esegue lÕordine del giudice che gli fa carico di applicare la confisca anche a beni che non sono nella formale titolaritˆ del condannato. LÕerrore nel
quale incorre la ricorrente sta a monte: nellÕerrata lettura dellÕart. 12bis d.lgs. n. 74 del 2000 che, giova ripeterlo, non limita la confisca ai beni di proprietˆ del condannato ma la estende (essa s’) a quelli nella sua disponibilitˆ di fatto (nei termini sopra indicati). In altre parole, lÕindividuazione concreta del bene ritenuto nella disponibilitˆ del condannato non ÒestendeÓ la confisca per equivalente, semplicemente la applica, fatta salva ovviamente la verifica giurisdizionale postuma del giudice dellÕesecuzione sulla corretta attuazione dellÕordine del giudice della cognizione, verifica effettuata nel contraddittorio (ancorchŽ differito, ma comunque garantito) con la persona attinta dal provvedimento. LÕablazione del bene, ancorchŽ intestato al terzo, ha dunque una solida e stratificata base legale e giurisdizionale.
2.11.Ulteriore argomento a sostegno dellÕinfondatezza della tesi difensiva è fornito dallÕart. 104bis, comma 1quinquies, disp. att. c.p.p., secondo il quale Ç el processo di cognizione devono essere citati i terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro, di cui l’imputato risulti avere la disponibilitˆ a qualsiasi titoloÈ.
2.12.Presupposto applicativo della norma è il sequestro dei beni destinati ad essere confiscati; in tal caso (ma solo in tal caso, è questo il punto) la decisione del giudice della cognizione sulla confisca si arricchisce del contraddittorio preventivo con il titolare di diritti reali o di godimento sul bene sequestrato il cui intervento, per˜, è limitato all’aspetto relativo all’effettiva titolaritˆ o disponibilitˆ del bene e all’inesistenza di relazioni di “collegamento” con l’imputato, rimanendo esclusa la possibilitˆ di contraddire in relazione a profili diversi del provvedimento, sui quali le persone estranee al sequestro non hanno titolo alcuno ad interloquire (Sez. 1, n. 35669 del 11/05/2023, COGNOME, Rv. 285202 – 01; Sez. 2, n. 15804 del 25/03/2015, COGNOME, Rv. 263390 – 01; Sez. 6, n. 27172 del 17/05/2011, COGNOME, Rv. 250731 – 01; Sez. 1, n. 14215 del 06/02/2002, COGNOME, Rv. 221843 01). Se, per˜, il bene da confiscare non è stato sequestrato (e dunque preventivamente individuato) il contraddittorio con il titolare di diritti reali sul bene è, come detto (¤ 2.10), solo differito alla fase esecutiva, una volta che il pubblico ministero ne abbia accertata, in quella sede, la effettiva disponibilitˆ da parte del condannato.
2.13.La mancata individuazione preventiva del bene da confiscare, dunque, non costituisce condizione di legittimitˆ della confisca stessa.
2.14.La giurisprudenza di legittimitˆ se ne è fatta carico avendo affermato il principio secondo il quale la mancata previsione della partecipazione al giudizio dei terzi interessati, al di fuori delle ipotesi previste dagli artt. 104bis disp. att. cod. proc. pen. e 240bis cod. pen., non è contraria agli artt. 8 direttiva U.E. 2014/42, 6 e 13 CEDU e 1, Prot. addiz. CEDU, in relazione all’art. 117 Cost., potendo gli stessi esercitare rimedi cautelari nel corso del procedimento penale ed incidente
di esecuzione avverso la statuizione definitiva della misura reale (Sez. 2, n. 53384 del 12/10/2018, Lega Nord per lÕindipendenza della Padania, Rv. 274242 – 01; Sez. 3, n. 20856 del 09/05/2024, Pani, non mass.).
2.15.LÕordinamento interno, dunque, non riconosce al titolare dei beni in disponibilitˆ del condannato, non previamente sequestrati, il diritto di interloquire preventivamente sulla legittimitˆ della confisca eseguita nei suoi confronti: si tratta di soluzione la cui ragionevolezza deriva dal fatto che il giudice della cognizione non è a conoscenza di quali beni (non sequestrati) saranno attinti dalla confisca.
2.16.Tale ragionevolezza si esprime, giova ribadirlo, nella possibilitˆ concessa al terzo di adire ex post il giudice dellÕesecuzione assicurando un controllo giurisdizionale successivo e, dunque, un contraddittorio differito.
2.17.Nemmeno lÕart. 1, Prot. add., CEDU, richiede, quale condizione di legittimitˆ della confisca, la previa individuazione da parte del giudice del bene da confiscare; la norma convenzionale non si esprime affatto in tal senso. Nemmeno la libertˆ personale gode di una tale ampiezza di tutela, non escludendo lÕart. 5 CEDU la legittimitˆ di privazioni della libertˆ in assenza di preventivo provvedimento giurisdizionale, richiedendo la norma il sollecito intervento postumo del giudice che si pronunci quantomeno sulla legittimitˆ dellÕarresto (art. 5, ¤ 4), quando non direttamente sul merito delle accuse (art. 5, ¤ 3).
2.18.Tantomeno rileva lÕapplicazione, in casi del genere, degli artt. 6, ¤ 2, e 7 CEDU.
2.19.Indiscussa la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, lÕablazione del bene al terzo estraneo al reato che ne risulti solo formalmente intestatario non intercetta la presunzione di innocenza del soggetto formalmente inciso, nŽ il principio Ònulla poena sine legeÓ entrambi di matrice (costituzionale, prima ancora che) convenzionale.
2.20.Ci˜ che viene in rilievo è esclusivamente la legalitˆ del procedimento di ablazione del bene nei confronti di chi è indiscutibilmente estraneo al reato, costituendo la confisca per equivalente titolo dellÕablazione la cui legalitˆ pu˜ e deve essere verificata dinanzi a un giudice terzo e indipendente.
2.21.Il criterio di giudizio è fornito dal ¤ 2 dellÕart. 1, Prot. add. CEDU, che riconosce agli Stati aderenti alla Convenzione il diritto di disciplinare lÕuso dei beni in modo conforme allÕinteresse generale.
2.22.La Corte EDU riconduce alla fattispecie di cui al secondo paragrafo dellÕart. 1, Prot. add., lÕipotesi della confisca degli immobili posseduti indipendentemente dalle modalitˆ del loro acquisto e da qualsiasi relazione con qualsiasi reato ma con finalitˆ di deterrenza e punitiva dell’autore del reato stesso con mezzi materiali. In questi casi, la misura costituisce una ÒsanzioneÓ ai sensi della Convenzione e rientra nellÕambito di applicazione del secondo comma
dellÕarticolo 1 del Protocollo addizionale, che, tra lÕaltro, consente agli Stati contraenti di controllare lÕuso dei beni per garantire il pagamento delle sanzioni (Corte EDU, Sez. 4, 11/06/2020, caso Markus c/Lettonia, ¤ 70). Più in generale, quando la confisca viene disposta a carico di terzi indipendentemente da un’accusa penale mossa contro di loro, la Corte EDU riconosce che tale misura possa essere applicata non solo alle persone direttamente accusate di reati, ma anche ai loro familiari e ad altri parenti stretti che si presume posseggano e gestiscano la proprietˆ in modo informale per conto dei presunti colpevoli o che altrimenti non versavano in buona fede e ci˜ al fine di impedire che lÕautore del reato possa godere dei frutti del reato stesso a danno della collettivitˆ (Corte EDU, decisione del 22/09/2024, caso COGNOME c/Italia; Corte EDU, Sez. 2, decisione del 05/07/2001, caso COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia; Corte EDU, Sez. 4, decisione del 07/06/2005, caso COGNOME RAGIONE_SOCIALE c/Italia; Corte EDU, Sez. 3, decisione 27/06/2002, caso COGNOME c/UK; Corte EDU, Sez. 2, 10/04/2012, caso COGNOME c/Lituania, ¤ 65, in un caso di confisca disposta ai danni della vedova di un pubblico ufficiale corrotto; Corte EDU, Sez. 3, 08/10/2019, caso Balsamo c/San Marino, ¤¤ 89 e 93, in un caso di confisca di somme di danaro giacenti sul conto del figlio a causa dei precedenti del padre; la Corte ha sottolineato la circostanza che al ragazzo era stata garantita la possibilitˆ di sottoporre il caso ad unÕautoritˆ giurisdizionale; Corte EDU, Sez. 1, 11/05/2023, caso COGNOME c/San Marino, ¤ 65, in un caso in cui la confisca era stata disposta ai danni del figlio del padre accusato di riciclaggio; anche in questo caso, la Corte ha rimarcato positivamente la possibilitˆ del terzo di adire il giudice per presentare prove e argomenti per tutelare i suoi interessi).
2.23.In questi casi, sostiene la Corte EDU, la confisca si giustifica anche con il principio che Òil crimine non pagaÓ (Corte EDU, Sez. 1, 01/04/2010, caso Moiseyea c/Russia, ¤ 58; Corte EDU, Sez. 4, 05/07/2001, caso Phillips c/UK, ¤ 52). E il pagamento delle tasse e il contrasto allÕevasione fiscale costituiscono valide ragioni per la confisca (Corte EDU, 22/09/1994, caso COGNOME c/Francia, ¤ 39; Corte EDU, Sez. 1, 04/07/2024, caso RAGIONE_SOCIALE c/Azerbaijan, ¤ 58).
2.24.Questo spiega perchŽ, nella giurisprudenza della Corte EDU la tutela del diritto di proprietˆ interseca, in quanto lesione di un diritto patrimoniale, la garanzia della tutela giudiziaria, il diritto ad un processo equo e ragionevolmente breve garantito dallÕart. 6, ¤ 1, della Convenzione.
2.25.Quanto alla dedotta violazione dellÕart. 7 CEDU (applicazione della confisca nei confronti di persona innocente e comunque estranea al reato commesso da altri), la giurisprudenza della Corte EDU è certamente allineata sul principio che la confisca per equivalente disposta in sede penale, in quanto sanzione penale (nel senso convenzionalmente inteso), deve essere preceduta necessariamente da una condanna nei confronti di colui che subisce la confisca o
comunque da un accertamento giurisdizionale della sua responsabilitˆ per il fattoreato che costituisce titolo per la confisca stessa. In tutti i casi decisi dalla Corte EDU, per˜, non veniva in discussione la scissione tra titolaritˆ formale (diritto di proprietˆ) e titolaritˆ sostanziale (disponibilitˆ) del bene confiscato, nemmeno quando la confisca colpiva i proprietari effettivi estranei al reato e al processo (per tutti, Corte EDU, GC, 28 giugno 2018, caso GIEM e altri c/Italia, ¤¤ 118 e segg., nonchŽ ¤¤ 210 e segg., e giurisprudenza ivi richiamata). Quando si verifica questa scissione, quando cioè il dominus è persona diversa dal titolare formale della situazione giuridica soggettiva attiva sul bene, la questione riguarda più direttamente il riconosciuto potere dello Stato di garantire lÕuso del bene nei termini consentiti dal ¤ 2 dellÕart. 1, Prot. addizionale CEDU, non lÕinnocenza del titolare del bene confiscato.
2.26.La causa della confisca del bene formalmente intestato al terzo è il riconosciuto dominio di fatto sul bene stesso da parte del condannato, non lÕaccertamento di una qualche forma di responsabilitˆ dellÕinciso per il fatto altrui.
2.27. Ci˜ che viene in rilievo è lÕutilizzo strumentale, da parte del terzo, di una situazione giuridica soggettiva attiva per consentire al condannato di eludere la confisca di beni dei quali di fatto il condannato stesso continua a disporre uti dominus. Altrimenti ragionando, se si pretendesse, cioè, una qualche forma di colpa o responsabilitˆ del terzo, la confisca per equivalente di beni dei quali il condannato pu˜ disporre ma formalmente intestati a terzi non potrebbe mai essere disposta e sarebbe anzi costituzionalmente e convenzionalmente illegittima ogni norma che la consente anche senza preventivo contraddittorio con il titolare del bene e senza una sua condanna. Il che renderebbe impossibile la confisca dei beni intestati a terzi a maggior ragione se non preventivamente sequestrati, rendendo di fatto il sequestro quale condizione di legittimitˆ della confisca. Ora, poichŽ condizione di legittimitˆ anche del sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria delle cose in disponibilitˆ della persona sottoposta alle indagini, è il cd. “periculum in moraÓ (del quale il giudice deve dar conto anche con concisa motivazione da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio; in tal senso, Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01), ne deriva, ulteriormente, che ove lÕesigenza anticipatoria non sussista (e dunque non si possa disporre il sequestro) non potrebbe mai essere disposta la confisca del bene del terzo in disponibilitˆ del condannato e non sequestrato.
3.Quanto al dedotto vizio di motivazione, la Corte di appello, nel disattendere le richieste difensive, sostanzialmente analoghe a quelle odierne, ha ritenuto la effettiva disponibilitˆ del bene in capo al condannato in base ai seguenti argomenti: a) il trasferimento era stato effettuato il 26 aprile 2021, tra la data
della sentenza di primo grado e quella di appello; b) la acquirente era ed è dipendente della societˆ della quale il condannato era lÕamministratore; c) lÕimmobile era stato venduto ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello di mercato; d) il condannato si era riservato il diritto di abitazione mantenendo di fatto la disponibilitˆ dellÕimmobile senza nemmeno pagare il canone; e) il 27 marzo 2019 la ricorrente aveva ricevuto dal condannato, senza alcuna credibile causale, la somma di euro 23.000,00.
3.1.I Giudici distrettuali stigmatizzano la lettura ÒatomisticaÓ di tali elementi, certi nella loro sussistenza, operata dalla ricorrente che, annotano, non ha comunque dato prova che le somme corrispostele dal condannato due anni prima della alienazione dellÕimmobile costituissero il rimborso di un precedente prestito. Inoltre, afferma la Corte di appello, la perizia di stima effettuata dal consulente di parte (euro 38.000,00 al netto della devalutazione derivante dal diritto di abitazione) non tiene conto del valore attribuito allÕimmobile dallÕAgenzia delle Entrate pari ad euro 112.600,00. Il diritto di abitazione, infine, prova la effettiva disponibilitˆ dellÕimmobile in capo al condannato, nŽ assume un particolare rilievo la circostanza che al momento della vendita il bene non fosse gravato da cautela reale avendo il venditore, condannato in primo grado, agito nella prospettiva della irrevocabilitˆ della condanna e della confisca disposta sin dal primo grado.
3.2.Si tratta di motivazione non manifestamente illogica, in quanto tale insindacabile in sede di legittimitˆ.
3.3.LÕindagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontˆ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimitˆ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 -01). Inoltre, lÕillogicitˆ della motivazione, come vizio deducibile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimitˆ al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchŽ siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; nel senso che
il vizio di motivazione non pu˜ essere utilmente dedotto in Cassazione sol perchŽ il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poichŽ ci˜ si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimitˆ. Esso è configurabile, invece, unicamente quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di decisivitˆ, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di giudizio, ad una decisione più favorevole di quella adottata, Sez. 1, n. 6922 del 11/05/1992, COGNOME, Rv. 190572 – 01; Sez. 2, n. 37709 del 26/09/2012, COGNOME, Rv. 253445 – 01). Il compito del giudice di legittimitˆ non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilitˆ delle fonti di prova, bens’ di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203428 – 01). SicchŽ la verifica che la Corte di cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza non pu˜ essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito. Nè la Corte suprema pu˜ esprimere alcun giudizio sulla rilevanza e sull’attendibilitˆ delle fonti di prova, giacchŽ esso, anche in base all’ordinamento processuale preesistente all’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale – nel quale non esistevano i limiti preclusivi che un’avvertita esigenza di maggior razionalizzazione del sistema ha introdotto con l’art. 606, primo comma, lett. e) -, del codice di procedura vigente – era attribuito al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti, sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze probatorie acquisite, si sottraggono al sindacato di legittimitˆ, una volta accertato che il processo formativo del libero convincimento del giudice non ha subito il condizionamento di una riduttiva indagine conoscitiva o gli effetti altrettanto negativi di un’imprecisa ricostruzione del contenuto di una prova (Sez U, n. 2110 del 23/11/1995, COGNOME, Rv. 203767 – 01).
3.4.Nel caso di specie, il ragionamento della Corte territoriale è tuttÕaltro che manifestamente illogico e fa buon governo del principio affermato da Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191230 – 01, secondo il quale l’indizio è un fatto certo dal quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario. é possibile che da un fatto accertato sia logicamente desumibile una sola conseguenza, ma di norma il fatto
indiziante è significativo di una pluralitˆ di fatti non noti ed in tal caso pu˜ pervenirsi al superamento della relativa ambiguitˆ indicativa dei singoli indizi applicando la regola metodologica fissata nell’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. Peraltro, l’apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocitˆ indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare, costituisce un’operazione logica che presuppone la previa valutazione di ciascuno singolarmente, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale. Acquisita la valenza indicativa – sia pure di portata possibilistica e non univoca di ciascun indizio deve allora passarsi al momento metodologico successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguitˆ indicativa di ciascun elemento probatorio pu˜ risolversi, perchŽ nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, di tal che l’insieme pu˜ assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorositˆ metodologica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice.
3.5.Ed invero, in tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non pu˜ perci˜ prescindere dalla operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravitˆ, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231678 01; Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605 – 02; Sez. 1, n. 1790 del 30/11/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 272056 – 01).
3.6.LÕerrore metodologico nel quale incorre la ricorrente è proprio quello di proporre una lettura atomistica dei singoli elementi indiziari (dei rapporti con il condannato non viene fatta menzione alcuna) negligendo la loro convergenza verso una conclusione che appare, come detto, tuttÕaltro che manifestamente illogica.
3.7.Peraltro, il travisamento della prova è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499). Il travisamento consiste, dunque, in un errore percettivo (e non valutativo) della
prova tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice ed il sillogismo che ad esso presiede. In particolare, consiste nellÕaffermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti. Il travisamento rende la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento cos’ come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversitˆ tale da non reggere allÕurto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo. Il vizio è perci˜ decisivo quando la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile. Come ben spiegato da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, n.m. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformitˆ cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
3.8.La deduzione del travisamento, dunque, non pu˜ costituire il mezzo per sollecitare una diversa valutazione nel merito la prova ma costituisce strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento (nel senso che il vizio di “contraddittorietˆ processualeÓ – o “travisamento della provaÓ – vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimitˆ alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova, cfr., Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01).
3.9.Nel caso in esame, il travisamento della consulenza di parte sulla congruitˆ del prezzo di cessione dellÕimmobile si traduce, nei fatti, nella sollecitazione della Corte di cassazione ad una diversa valutazione della prova che, peraltro, non solo non è di per sŽ decisiva ma è anche infondata perchŽ è vero che lÕelaborato tecnico difensivo non dˆ conto delle ragioni della diversa valutazione operata dallÕAgenzia delle Entrate; una cosa è porre a base dei propri calcoli la rendita catastale dellÕimmobile, altra è la difforme valutazione di tale dato e del suo utilizzo ai fini della diversitˆ delle conclusioni che ne sono derivate che non è affatto spiegata.
3.10.Quanto al diritto di abitazione, è sin troppo ovvio che, trattandosi di diritto reale di godimento, esso non attribuisce poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietˆ dellÕabitazione altrui. Ma se si seguisse il ragionamento difensivo fino in fondo basterebbe opporre un qualsiasi titolo di godimento dellÕimmobile per escluderne la disponibilitˆ da parte del condannato che lo abita. EÕ un modo per opporre la dimensione giuridica alla realtˆ dei fatti, privilegiando
la prima a danno della seconda; lÕesatto contrario di quanto imposto dalle norme che indicano la disponibilitˆ di fatto del bene quale criterio di giudizio. E nella realtˆ dei fatti, il diritto di abitazione viene in rilievo nel caso in esame quale titolo che legittima il perdurante possesso dellÕimmobile da parte di chi lo aveva precedentemente alienato nel contesto di rapporti e vicende sopra giˆ indicati. Ancora una volta è il tradimento del criterio della valutazione complessiva e coordinata dei fatti che condanna la tesi difensiva alla sua insostenibilitˆ in questa sede.
3.11.Ne consegue, in conclusione, che il ricorso deve essere rigettato.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cos’ deciso in Roma, il 14/01/2025.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME