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Confisca per equivalente: prima l’azienda, poi il socio

La Corte di Cassazione conferma un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui beni personali di un amministratore accusato di aver distratto fondi pubblici (PNRR). La sentenza stabilisce un principio procedurale cruciale: la verifica dell’incapienza patrimoniale della società beneficiaria, condizione per aggredire i beni dell’amministratore, deve avvenire nella fase esecutiva del sequestro e non durante il riesame della sua legittimità.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca per Equivalente: Prima la Società, Poi l’Amministratore. La Cassazione Fa Chiarezza

La confisca per equivalente rappresenta uno strumento fondamentale nel contrasto ai reati economici. Ma cosa accade quando il profitto illecito transita attraverso una società? È possibile aggredire direttamente il patrimonio personale dell’amministratore? Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio procedurale di grande importanza, delineando nettamente i confini tra la fase di valutazione della legittimità del sequestro e quella della sua concreta esecuzione.

I Fatti: Finanziamenti PNRR e Spese Sospette

Il caso riguarda l’amministratore di una società a responsabilità limitata, beneficiaria di un cospicuo finanziamento pubblico di 150.000 euro, legato ai fondi del PNRR, per lo sviluppo di un progetto di e-commerce. Secondo l’accusa, l’amministratore non avrebbe destinato l’intera somma alle finalità previste dal progetto, giustificando spese per soli 64.254,78 euro.

Le indagini, coordinate anche dalla Procura Europea (EPPO), hanno rivelato che una parte significativa dei fondi (circa 85.000 euro) era stata trasferita dal conto corrente dedicato al finanziamento ad un altro conto aziendale. Da lì, il denaro era stato utilizzato per pagamenti generici, documentati da fatture ritenute non pertinenti al progetto finanziato. A seguito di ciò, il Giudice per le indagini preliminari disponeva un sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, per un valore pari all’importo distratto, da eseguirsi sui beni della società e, in caso di incapienza di quest’ultima, sui beni personali dell’amministratore.

I Motivi del Ricorso: Fumus Delicti e Ordine di Aggressione Patrimoniale

L’amministratore ha impugnato il provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Insussistenza del fumus commissi delicti: La difesa sosteneva che le spese fossero in realtà coerenti con l’attività aziendale e che la motivazione del tribunale fosse solo apparente.
2. Errata esecuzione del sequestro: Si contestava l’aggressione dei beni personali dell’amministratore (somme di denaro e un’autovettura) senza aver prima accertato in modo definitivo l’incapienza della società, che, secondo una perizia di parte, possedeva una piattaforma informatica di notevole valore.

La Decisione sulla Confisca per Equivalente della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi su entrambi i punti.

Il Fumus Commissi Delicti: Il Trasferimento dal Conto Dedicato è Prova Grave

La Corte ha ritenuto ampiamente motivata la sussistenza di sufficienti indizi di reato. Il trasferimento dei fondi dal conto dedicato a un altro conto corrente, in violazione degli obblighi contrattuali, è stato considerato un grave indizio della volontà di distogliere le somme dalle finalità pubbliche. Tale operazione, infatti, rende le spese sostanzialmente indistinguibili da quelle ordinarie dell’azienda, vanificando i controlli sulla loro pertinenza al progetto finanziato. La tardiva produzione di fatture generiche non è stata ritenuta sufficiente a superare questo quadro indiziario.

Confisca per Equivalente e Ordine di Esecuzione

Il punto centrale della sentenza riguarda il secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha ribadito un consolidato orientamento giurisprudenziale: la verifica della capienza patrimoniale della società beneficiaria del profitto illecito è una questione che attiene alla fase esecutiva del sequestro, non alla sua legittimità.

Le Motivazioni della Corte

Il provvedimento che dispone il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può legittimamente stabilire un ordine di priorità: prima si ricercano i beni che costituiscono il profitto diretto del reato nel patrimonio della società; solo se questi non vengono trovati o sono insufficienti (incapienza), si può procedere all’aggressione dei beni personali dell’amministratore, fino a concorrenza del valore del profitto.

Tuttavia, stabilire se la società sia effettivamente incapiente è un accertamento di fatto che non spetta al Tribunale del Riesame, il cui compito è valutare la legittimità teorica del provvedimento. La concreta verifica della situazione patrimoniale della società è demandata al Pubblico Ministero e alla polizia giudiziaria in sede esecutiva. Qualsiasi contestazione relativa a un’eventuale esecuzione errata (ad esempio, l’aggressione dei beni dell’amministratore nonostante la presenza di beni sufficienti nella società) deve essere sollevata attraverso gli appositi rimedi previsti per il giudizio di esecuzione (art. 665 e segg. c.p.p.), e non con un ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del riesame.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali. Distingue nettamente il piano della legittimità dell’ordine di sequestro da quello della sua corretta esecuzione. Per gli operatori del diritto, ciò significa che:

1. L’ordine di sequestro per equivalente a carico dell’amministratore è legittimo anche se formulato in via sussidiaria e condizionata all’incapienza della società.
2. Le contestazioni sulla capienza patrimoniale della persona giuridica non possono essere usate per invalidare l’ordinanza di sequestro in sede di riesame.
3. La tutela dell’indagato contro un’eventuale esecuzione non conforme alle priorità indicate dal giudice deve essere fatta valere nelle sedi competenti della fase esecutiva, dimostrando in quel contesto la presenza di beni sufficienti nel patrimonio sociale.

Quando è possibile disporre la confisca per equivalente sui beni personali dell’amministratore di una società?
Di regola, la confisca per equivalente sui beni dell’amministratore è consentita solo in via sussidiaria, cioè quando non sia possibile reperire il denaro o i beni che costituiscono il profitto diretto del reato nel patrimonio della società beneficiaria. L’ordine di sequestro preventivo può essere emesso contro l’amministratore, ma la sua esecuzione è subordinata alla verifica dell’incapienza della società.

In quale fase del procedimento si verifica se la società è incapiente prima di procedere al sequestro dei beni dell’amministratore?
Secondo la sentenza, la verifica della capienza patrimoniale della società non avviene nella fase di riesame del provvedimento di sequestro, ma appartiene alla fase di esecuzione della misura. Eventuali contestazioni sulla corretta applicazione delle priorità (prima la società, poi l’amministratore) devono essere sollevate tramite gli strumenti processuali specifici del giudizio di esecuzione (art. 665 e segg. c.p.p.).

Trasferire fondi pubblici da un conto corrente dedicato a un altro conto della stessa società costituisce un indizio di reato?
Sì, la Corte ha ritenuto che il trasferimento ingiustificato dei fondi da un conto dedicato, in palese violazione delle condizioni contrattuali del finanziamento e rendendo le spese indistinguibili da quelle ordinarie, costituisce un grave indizio di una condotta fraudolenta diretta a distogliere le somme dalle finalità per cui erano state erogate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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