Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33382 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33382 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Vasto il 13/07/1982
avverso l’ordinanza del 08/42024 del Tribunale di Pescara visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale di Pescara, funzione di giudice del riesame ex art. 324 cod. proc. pen., ha confermato il decreto emesso in data 19 settembre 2024 dal Giudice delle indagini preliminar del medesimo Tribunale, con il quale è stato disposto il sequestro preventiv finalizzato alla confisca diretta e per equivalente nei confronti del ricorrente reato di cui all’art. 316-bis cod. pen. – delle somme di denaro e degli altr mobili o immobili ad esso intestati fino alla concorrenza del valore di e 85.745,22 pari all’importo del finanziamento pubblico ritenuto oggetto del distrazione dalle finalità per le quali era stato concesso, in via sussidiar
subordine alla incapienza della società RAGIONE_SOCIALE beneficiaria del finanziamento erogato per l’importo di euro 150.000,00 con fondi comunitari legati al P.N.R.R.
Al ricorrente COGNOME è stato contestato il reato di cui all’art. 316-bis cod. pen., perché, nella qualità di rappresentante legale dell’anzidetta società RAGIONE_SOCIALE, beneficiaria di un finanziamento pubblico erogato da parte della Simest S.p.a., società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti, di euro 150.000,00, già percepito quale prima tranche di un più consistente finanziamento del maggiore importo di euro 300.000,00 – oggetto del programma di spese finanziato per il perseguimento delle finalità di pubblico interesse previste dal progetto denominato “Sviluppo del commercio elettronico delle P.M.I. in paese esteri e-commerce” – non destinava interamente tali somme alle predette finalità, fornendo giustificazione delle spese coerenti al progetto finanziato soltanto per l’importo di euro 64.254,78.
Secondo la ricostruzione dei fatti, emersa dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza nell’ambito di una indagine coordinata dalla Procura Europea (EPPO), la predetta società, dopo aver richiesto ed ottenuto il finanziamento di 300 mila euro, di cui 120 mila a fondo perduto e 180 mila a titolo di prestito a tasso agevolato, alimentato dall’U.E. per sostenere determinati obiettivi di crescita economica, presentando un programma di investimenti che prevedeva la creazione/miglioramento della piattaforma informatica destinata all’attività commerciale su siti di e-commerce nei settori della caccia, della nautica, della pesca subacquea, non dava corso agli obblighi di rendicontazione susseguenti alla erogazione della prima tranche di 150 mila euro, con conseguente revoca del finanziamento e obbligo di restituzione degli importi riscossi.
Dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza risultava che le fatture prodotte a giustificazione delle spese nei rendiconti dovuti in base al contratto di finanziamento erano di importo ampiamente inferiore a quello della prima tranche, assommando nel complesso alla cifra di euro 64.254,78, con una differenza di circa 85 mila euro rispetto all’importo erogato.
In particolare, dall’esame dell’estratto del conto corrente bancario dedicato, aperto presso la Banca Qonto S.a.s., su cui confluivano le somme del finanziamento, sono emerse le spese relative ai pagamenti dei quattro fornitori dichiarati in sede di rendiconto, oltre alle spese relative alle forniture dei serviz Google, ritenuti, con riserva, rientranti nel progetto finanziato sebbene non rendicontati, oltre a dei bonifici per un importo di poco superiore a 85 mila euro, con cui sono state trasferite le somme dal conto dedicato ad altro conto bancario intestato alla stessa RAGIONE_SOCIALE destinati a pagamenti di altre forniture documentate da fatture di spesa con descrizioni generiche, che non sono state ritenute pertinenti con le destinazione di spesa oggetto del progetto finanziato, sia
in ragione della ingiustificata utilizzazione di un conto diverso da quello “dedi e sia perché neppure indicate nei rendiconti prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE alla S S. p.a.
Quanto al periculum in mora è stato ritenuto adeguatamente motivato il decreto del Giudice delle indagini preliminari per l’evidenziato rischio concret dispersione dei beni, tenuto conto che la società RAGIONE_SOCIALE è stata me liquidazione per conclamata crisi di liquidità, dandosi atto altresì che la Pr della Repubblica ha prodotto della documentazione a riscontro dell’incapienza de conti correnti intestati alla RAGIONE_SOCIALE e dell’indisponibilità da parte società di beni immobili o mobili registrati.
In ordine alla concreta individuazione dei beni da sequestrare il Tribunale ritenuto di non potersi occupare della verifica della incapienza della società q condizione per l’aggressione diretta dei beni personali del ricorrente, affer tale aspetto alla fase esecutiva che prescinde dal sindacato di legittimit sequestro riservato al riesame de provvedimento genetico.
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso per i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione al presupposto del fumus commissi delicti.
In particolare, con ampia e diffuse argomentazioni il ricorso rileva com l’ordinanza impugnata presenti una motivazione soltanto apparente in relazion alle produzioni documentali difensive costituite dalle fatture comprovanti spe coerenti con il progetto finanziato per un importo complessivo di circa 200 mi euro mediante addebiti diretti sui conti Intesa San Paolo e PayPal intestati società RAGIONE_SOCIALE corredate dagli estratti dei conti correnti bancari.
Il profilo della descrizione generica dei servizi fatturati compatibili c ordinarie attività commerciali della RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere valutat come indice di compatibilità per favor rei, tale da escludere la certezza del ravvisato fumus di reato, essendo stato, peraltro, il criterio di valutazi sostenuto dalla difesa, seguito in modo contraddittorio solo per le fatture me da Google ADS che sebbene compatibili con le spese ordinarie dell’attività d impresa sono state incluse tra quelle ammesse.
Inoltre, si censura il valore pregiudizievole che è stato attribuito al si serbato dall’imputato nella fase delle indagini preliminari, sebbene espressione suo diritto di difesa.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omessa verifica del rispetto del condizioni imposte nel provvedimento di sequestro attinenti alle modalità d esecuzione per essere stato eseguito il sequestro delle somme di denaro per u
importo complessivo di euro 15.683,91, sui conti personali dell’imputato oltre che della sua autovettura Fiat Punto del valore stimato di euro 1.000,00, con violazione della prioritaria aggressione del patrimonio della Società secondo l’ordine di preferenza stabilito nel provvedimento del G.I.P. che subordinava il sequestro del denaro e dei beni intestati all’imputato al mancato reperimento di beni della società beneficiaria del finanziamento, per il valore pari a quello del profitto conseguito.
La difesa aveva prodotto a supporto della capienza patrimoniale della RAGIONE_SOCIALE una relazione tecnica disposta dalla curatela fallimentare di detta società attestante la titolarità di una piattaforma informatica del valore stimato di circa 160 mila euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato e va, pertanto, rigettato.
Premesso che il ricorso per cassazione in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante, nel caso di specie l’ordinanza impugnata appare ampiamente motivata con riferimento tanto alla sussistenza del fumus commissi delicti quanto con riguardo al presupposto del periculum in mora.
Il Tribunale ha respinto le censure difensive incentrate sull’assunto del mero errore di rendicontazione delle spese, valorizzando: i) il trasferimento privo di giustificazione dei fondi dal conto corrente dedicato ad altro conto corrente aziendale; ii) la genericità delle prestazioni di servizio descritte nelle fattur prodotte dalla difesa relative a spese operate con i fondi trasferiti dal conto dedicato del tutto assimilabili alle ordinarie spese della società non correlate al progetto finanziato; iii) la rendicontazione fornita alla società finanziatrice relativ alle sole fatture di spesa correlate al conto dedicato per un importo sensibilmente inferiore a quello del finanziamento conseguito, fatta esclusione delle fatture di Google; iiii) la tardiva produzione di dette fatture di spese generiche solo successivamente al disposto sequestro.
Non vi è dubbio, pertanto, che in tale più articolato contesto, la mancata rendicontazione delle spese da parte della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in relazione agli esborsi operati da altro conto corrente aziendale intestato alla RAGIONE_SOCIALE e diverso da quello dedicato presso la RAGIONE_SOCIALE in palese violazione delle condizioni contrattuali secondo cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto utilizzare il solo conto dedicato e sugli importi da esso evincibili effettuare l
rendicontazione, sia stata considerata una inadempienza di tale gravità da supportare fondatamente il fumus della mancata destinazione delle somme erogate alle finalità previste dal finanziamento pubblico agevolato.
Il trasferimento dei fondi oggetto del finanziamento dal conto dedicato ad altri conti correnti bancari, sia pure intestati a nome della società ed in assenza di qualsivoglia giustificazione, rendendo sostanzialmente indistinguibili le spese ordinarie da quelle ammesse al finanziamento, è stato considerato coerentemente un grave indizio di una condotta fraudolenta diretta a distogliere le somme oggetto del finanziamento dalle specifiche finalità di spesa ammesse.
Anche la rendicontazione delle sole spese operate sul conto dedicato costituisce un ulteriore indizio della malversazione delle somme non rendicontate, essendo del tutto logico ritenere che le spese non inserite nel rendiconto e operate attraverso un conto diverso da quello dedicato siano state destinate a finalità diverse da quelle ammesse al finanziamento, attesa la rilevata genericità della descrizione dell’oggetto delle spese fatturate.
Quanto all’ulteriore questione dedotta da parte del difensore sulla contraddittorietà di ricondurre per favor rei alcune di dette fatture non rendicontate (quelle emesse da Google) alle finalità del finanziamento, diversamente dalle altre, si tratta di una deduzione palesemente infondata, considerato che tale differenziazione si giustifica in considerazione del fatto che le fatture emesse da Google reputate in linea con dette finalità, nonostante la genericità della descrizione del loro oggetto, risultano essere state pagate con l’impiego del conto dedicato.
In sostanza, la malversazione è stata delimitata prudenzialmente con riguardo alle spese operate dopo il trasferimento dei fondi dal conto dedicato e non oggetto di rendicontazione, in ragione della sussistenza della duplice inadempienza contrattuale, la prima, ritenuta più gravemente indiziante, relativa alla violazione dell’impiego di un conto diverso da quello dedicato, e la seconda, relativa all’omessa rendicontazione, ritenuta indiziante nella misura in cui si combina con la prima.
Conseguentemente le sole fatture Google relative a spese non rendicontate, ma che risultano pagate con il conto dedicato, sono state ritenute in modo non illogico, con riserva di ulteriori approfondimenti, suscettibili di essere incluse nel progetto finanziato.
In definitiva, si tratta di censure che investono unicamente la motivazione laddove è pacifico che in tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen., non potendosi neppure ravvisare nella motivazione vizi così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante
e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692).
Il secondo motivo introduce delle censure inammissibili per le ragioni correttamente già evidenziate nell’ordinanza impugnata.
Innanzitutto, si deve ricordare che il profitto del reato, in linea di principio, suscettibile di confisca anche nei confronti dei soggetti diversi dall’autore del reato, che in quanto diretti beneficiari non potrebbero essere considerati “persona estranea al reato”, secondo quanto disposto in via generale dall’art. 240 cod. pen. che prevede la confisca del profitto del reato nei confronti di chiunque ne abbia conseguito la disponibilità, fatta salva la tutela della buona fede del terzo.
Sulla base di tale regola generale anche nel caso in cui il profitto del reato sia costituito dall’indebito utilizzo di una provvista di denaro erogata in favore di un ente giuridico, tali somme di denaro possono senz’altro essere confiscate direttamente nei confronti dell’ente giuridico che ne abbia beneficiato in conseguenza del reato commesso dall’amministratore.
Solo laddove tali somme di denaro non vengano materialmente reperite presso l’ente beneficiato dal profitto del reato commesso dal suo amministratore, sarà consentito operare la confisca per equivalente, di regola, unicamente nei confronti dell’amministratore, in base all’art. 322-ter cod. pen., non essendo la confisca per equivalente, attesa la sua natura sanzionatoria, applicabile ad un soggetto terzo diverso dall’autore del reato, sempre che non ricorrano i presupposti della confisca per equivalente prevista dalla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Nel caso in esame, il sequestro preventivo è stato legittimamente disposto nei confronti dell’amministratore della società in funzione della confisca per equivalente, prevista dall’art. 322-ter cod. pen. anche per il reato di cui al 316-bis cod. pen., subordinatamente alla condizione del mancato rinvenimento del denaro nelle casse della società beneficiata dal profitto del reato, una volta escluso che il profitto sia entrato nel suo patrimonio, attraverso lo schermo della società, intesa quale mero soggetto interposto.
Secondo la consolidata giurisprudenza di GLYPH legittimità GLYPH nel caso di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, è pacifico che il provvedimento del giudice possa limitarsi a determinare il valore del prezzo o del profitto del reato, rimettendo sia l’individuazione specifica dei beni da apprendere e sia la verifica della corrispondenza del loro valore al quantum indicato nel provvedimento alla fase esecutiva demandata al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria (fra le tante, vedi: Sez. 3 , n. 17087 del 15/03/2019, COGNOME, RV. 275944; Sez. 6, n. 53832 del 25/10/2017, COGNOME Rv. 271736-01; Sez. 2, n.
24785 del 12/05/2015, Monti, Rv. 264282-01; Sez. 3, n. 37848 del 07/05/2014, Chidichimo, Rv. 260148-01).
Con riferimento alla questione dedotta dal ricorrente deve essere ribadita la regola che la verifica della capienza patrimoniale della società è rimessa alla fase di controllo dell’esecuzione del sequestro, affidata al Pubblico Ministero e poi allo stesso Giudice che ha emesso il provvedimento di sequestro e, se del caso, al ricorso per cassazione ex art. 666, comma 6, cod. proc. pen.
Il Tribunale per il riesame ha correttamente richiamato detto consolidato orientamento che affida il controllo della corretta esecuzione del sequestro ai rimedi propri del giudizio di esecuzione previsti dall’art. 665 e segg. cod.proc.pen., nel caso in cui si pongano questioni sull’esecuzione del sequestro con modalità diverse da quelle dettate nel provvedimento di sequestro (cfr. Sez. 6, n. 16170 del 02/04/2014, COGNOME, Rv. 259769).
Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
ere estensore Così deciso il 5 febbraio 2025
Presldente